Di
quellestate ricordo soprattutto il gelo.
Forse, come adulto, dovrei fare una lista più razionale delle cose che vi racconto, ma la
prima sensazione che mi torna alla mente e il brivido freddo che provavo quando i
nostri genitori ci portavano al Grande Centro Commerciale.
Lo scorrere delle porte automatiche, il soffio daria calda che ci spingeva
allinterno della galleria principale. E poi il morso dellaria condizionata
sulla pelle nuda delle gambe e delle braccia.
Era proprio la possibilità di godere del refrigerio gratuito che ci spingeva ogni sera
verso il grande complesso di negozi, in un'estate torrida come non mai.
Il rito era completato da un gelato per ogni bambino e da mezzora di libertà nel
labirinto luminescente delle vetrine. I grandi sedevano sulle panchine attorno alla
fontana centrale e chiacchieravano rilassati, sorseggiandosi una bibita; noi, tribù
eterogenea di bimbi, dai sette ai dodici anni sciamavamo via, felici.
La seconda cosa che ricordo, è il grande blackout.
Non il primo né il peggiore di quelli che seguirono, ma fu quello che ci colse
impreparati.
Nel buio che ricoprì come una coperta la città ogni piano demergenza, anche quello
più scrupolosamente progettato, fallì miseramente.
Il passaggio dalla luce alloscurità fu istantaneo.
Un attimo di silenzio, lattesa del ritorno alla normalità. Poi lidea che non
si trattasse di un evento momentaneo si insinuò nei pensieri della gente.
Il mormorio divenne rumore che divenne grido che divenne vetrina infranta e calpestio.
Lultima cosa che ricordo è il viso della bimba mai più ritrovata.
Ogni tanto ritorno al Centro Commerciale: ora è solo un edificio fatiscente, rovine e
macerie che risalgono allera degli sprechi.
Ritorno, ma solo di giorno, perché la sera mi sembra di sentire un grande freddo
nonostante la temperatura media ormai superi i quaranta gradi.