Non doveva finire
così, con tutta quell’energia sprecata, la mia entità disgregata e la
terribile pena a cui l’Ordine mi ha condannato.
Da tempo osservavo una famiglia che profumava di energia vitale. Tre
creature. Per molti dei loro simili una famiglia modello, non per me che
potevo osservare i furibondi litigi durante i quali il maschio colpiva la
compagna. Ogni volta che il pugno incontrava la mandibola della femmina mi
abbeveravo alla sferzata di energia che scaturiva dalla sua rabbia. Il
rumore secco dell’osso colpito era per me una stilettata di piacere. Avevo
intuito subito che l’uomo mi avrebbe dato soddisfazione, e non solo per i
frequenti scatti d’ira. Rimaneva pochissimo in quella stupida posizione che
chiamano riposo; al risveglio pensava sempre come punire la femmina o come
vendicarsi di un altro essere che lavora nella sua stessa industria ma tre
piani più in alto. Pensieri fissi, sempre uguali, come i rintocchi di quel
vecchio orologio che aveva portato nella casa dopo la morte della madre.
Da
qualche tempo, accanto a quei pensieri ossessivi, nel cervello avevano preso
forma strane pulsioni, riferite a oggetti di nessuna importanza. Quando
preparava la colazione per la famiglia allineava con cura maniacale i
cucchiai alle tazze: lo osservavo mentre, curvo sulla tavola bianca,
correggeva ogni minimo sfasamento. Poi era apparsa la mania di conservare in
un barattolo di latta le graffette staccate con la levapunti. Le esplosioni
di rabbia, intanto, diventavano sempre più frequenti: era il momento di
agire. Sfruttando il potere del mio rango, avevo fatto in modo che, mentre
con la sua nuova automobile andava al lavoro, incrociasse la macchina
guidata da un giovane esaltato che tenevo d’occhio da un po’ di tempo. Il
teppistello gli ha tagliato la strada sventolandogli il dito medio.
Pregustavo l’imminente vampata di rabbia omicida che avrebbe sprigionato
l’energia fondamentale per la mia evoluzione. Già intravedevo il gentile
marito avventarsi sul giovane e ammazzarlo a calci e pugni, estirpargli gli
occhi con un cacciavite che casualmente aveva a portata di mano per poi
piangere e urlare sul cadavere straziato, fasciandosi la testa con le mani
insanguinate. Ero pronto a ricevere la marea d’odio, necessaria per evolvere
al livello di Vampiro Dissanguatore. Invece, anziché bloccarlo per mettergli
le mani addosso, lo ha inseguito, come la polizia dietro i rapinatori. Il
giovane non si è fatto pregare. Le macchine fuori controllo hanno speronato
un camion carico di non so quale materia infiammabile, innescando una
gigantesca esplosione. Della schifosa e mortifera luce bianca mi ha
investito in pieno, con un bagliore talmente luminoso da dissolvere la mia
entità.
Ora sono condannato a riprendere lentamente forma all’interno di un umano
che gestisce nella rete un portale internet dedicato all’horror, pieno di
quelle disgustosamente semplici immagini con cui queste creature credono di
rappresentarci.