Assassinio

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

E' sempre stato l'amante voluttuoso dei miei pensieri, e schiavo indecente delle mie passioni. E' un figlio incerto della mia mente, alla conquista di terra e padrone del cielo, frustrato dal dovere ed adulato dal piacere.
Inciampa, cade. Mi sento come chi e' stata vista con un coltello insanguinato in mano, e viene additata da tutti come un'assassina. Le persone vedono il coltello sporco di sangue, io stessa sono sporca di sangue. Vedono che a terra giace un uomo, anche lui è sporco di sangue. Sembra morto, l'uomo. Ed allora tutti mi gridano all'assassina, all'assassina. Ma l'uomo, non è morto, sono io che mi sono ferita, sono io che mi sono fatta male, è il mio sangue che è gocciolato sull'uomo accanto a me.
E così tutti pensano che io sia un'assassina e scappano via. Anche l'uomo scappa.

Sembro una pazza, io, sono io che ho paura, una paura fottuta. Grido al mio uomo: Ti prego non scappare. Mi sono ferita da sola, non ho ferito nessuno, non aver paura delle mie ferite. Saprò nasconderle, le benderò, non te le mostrerò, non ti infetterò con il mio sangue. Ti prego, fammi parlare, non voglio farti del male. Se non vuoi curare le mie ferite lo farò da sola, ma ti prego, non scappare da me. Ma lo dico tenendo il coltello sporco di sangue ancora in mano, ed allora ha paura di esser ucciso, sta scappando. La paura lo rende sordo. Basterebbe fermare per un attimo il mondo danzante, e scendere più in basso, in un angolo di una nebbiosa strada ciottolata, dove un lampione polveroso illumina appena il mio viso, tra le mani di quell'uomo, che sta per sfiorare le labbra di colei che ha ucciso le sue speranze, e cancellato per sempre i suoi desideri.

Alice Avallone