La mano
corse velocemente sotto il cuscino afferrando il punteruolo.
La stanza era immersa in una penombra intrisa del profumo della corona daglio appesa
ad un braccio del lampadario. Il rumore del suo respiro riempiva il silenzio della stanza,
in ondate crescenti e decrescenti, ritmando la sua paura. Il legno solido, ruvido, gli
diede un po più di sicurezza. Quel tanto che bastava per scivolare giù dal
letto e guardarsi intorno scrutando ogni angolo. Ancora sotto leffetto delle trame
oniriche che da mesi ormai lo consumavano dallinterno, si fece forza e si trascinò
verso il bagno.
Il neon sopra lo specchio incrinato lo dipinse come un uomo senza speranze, precocemente
invecchiato dallalternarsi degli eventi. Il paletto depositato sopra la ceramica
ingiallita del lavabo, in quellhotel a ore disperso nel deserto, riassumeva
settimane di caccia. Una caccia dove preda e cacciatore si confondevano al calare della
bruma.
Dentro lo specchio il sorriso di una bambina con i suoi stessi occhi, riaprì ferite mai
rimarginate, e dentro lo stesso specchio, il volto di un padre in balia della propria
vendetta risultò esangue e inaridito. Sangue rosso correva nei suoi pensieri, sangue nero
perseguitava i suoi sogni e un ghigno incancellabile sembrava marchiato a fuoco sulla sua
retina. Lo avrebbe preso, qualsiasi cosa fosse quellessere che aveva strappato alla
vita una bambina di soli sei anni. La sua bambina. Chiuse gli occhi mentre la mente,
imbevuta di ricordi di bambole di pezza e vestitini a fiori, si contorceva nel desiderio
di trovare il responsabile del suo dolore per farne uno scempio.
Quando le iridi videro nuovamente la luce il ghigno famelico si specchiava insieme al suo,
immutato nella sua mostruosità e impertinente da dietro le sue spalle. La mano graffiò
la ceramica consunta alla ricerca di quel paletto di legno ormai scomparso, mentre due
canini bianchissimi rovistavano alla ricerca della sua giugulare.