Ieri notte mi sono svegliato. Non ero solo.
Un altro essere respirava, in lui, nella mia casa, scorreva vita. Sentivo il profumo del
sangue. Sentivo l'odore acre del sudore pervadente le pareti di pietra.
La fame si fece subito sentire, volevo quellessere tra le mie braccia, ma dovevo
anche mantenere prudenza: poco più avanti, sulla statale, sorgeva una caserma militare.
Attesi.
Respiravo la sua paura. Come poteva sapere della mia presenza e del pericolo?
Stesi le braccia e sollevai il coperchio. Il pesante rivestimento di legno cozzò contro
la parete. Nel silenzio la vecchia casa tremò a quel suono. Ma la mia ospite non aveva
udito il tonfo. Non vi era nessuna nuova ondata di paura.
Annusai l'aria per scernere gli aromi che vi si mescolavano.
Sangue. Sentivo la vividità del sangue che scorre tra cellule umane, il fruscio dei
polmoni che si riempiono d'aria e le spinte del cuore accelerato che nutrono il corpo vivo
e pulsante.
Una femmina. Il sangue scorreva tra le sue gambe, trattenuto da un tampone.
Scandagliai nella sua mente.
Trasmigrai la mia volontà verso di lei e ne penetrai le difese: attraversai una foschia
avviluppata di paura e vergogna. E mi resi conto che la fonte dei suoi timori era lontana
da quelle stanze.
Salii la scala che portava dalla stanza sotterranea al cortile. Uscii nellaia.
Non era la mia presenza a procurare alla ragazza quelle sensazioni paralizzanti. Era
fuggita da un essere spaventoso; un Uomo Malvagio che laveva portata lontana dalla
sua terra, un paese vicino a quello da cui, secondo uno scrittore irlandese del secolo
decimonono, sarebbe pervenuto il più efferato dei miei simili. La mia casa era divenuta
il suo rifugio.
Un sorriso mi apparve sulle labbra. Dopo lastinenza, finalmente: era ora di cena!