Non so
quando tutta questa mia sofferenza sia cominciata, da quanto tempo io viva con questo
strazio, né tanto meno riesco a ricollegare una prima volta ad uno specifico episodio
della mia vita. Mi appare confuso, ripensare a quei giorni in cui mi sentivo bene e la
paura di morire ancora non albergava nel mio animo. Ma ormai anche questa è passata ed ha
ceduto il passo alla razionalità, alla consapevolezza. Non vivrò ancora per molto, credo
ormai che si tratti di poche ore ma non è questo che mi spaventa, piuttosto temo che non
sarà una morte serena, sempre che così possa definirsi la morte... ma che qualcosa di
ancor più terrificante mi accompagni fino allestremo saluto.
Vi accorgerete della mia assenza, fra un giorno o due e allora verrete qui a cercarmi, non
so quale straziante spettacolo sarete costretti a sopportare, né se le vostre stesse vite
saranno messe a repentaglio, su questo devo ammettere la mia ignoranza, ma spero che
questi miei ultimi scritti possano esservi in qualche modo daiuto o di monito,
qualora ci sia ancora del tempo, per voi.
Ricordo comunque che è stato un continuo crescendo di dolore e di panico, un avvicendarsi
sempre più breve di spasmi e convulsioni, con la conseguente attesa e bramosia di brevi
momenti di quiete, purtroppo sempre più rari e preziosi in questi ultimi giorni. É come
se un folle direttore dorchestra, dai radi capelli bianco - grigiastri scompigliati,
avesse scatenato tutto il suo estro svuotando le tenebre di una penna su di un
pentagramma, in una rapsodia crescente in cui note e pause non esistono più e il
vibrante, martellante succedersi delle percussioni culmina nellesplosione dei
cimbali, che ad opera terminata ancora pervadono laria.
Così, dapprima le fitte erano qualcosa di cui meravigliarsi, tanto che mi chiedevo cosa
avessi potuto fare o mangiare da sentirmi male, poi capii che non ero io lartefice,
ma solo uno strumento, un mezzo e come tale adoperato. Quella che mi assaliva, era una
morsa che aggrediva in ununica fascia tutte le mie interiora, da fianco a fianco,
senza nulla risparmiarmi. Sentivo i miei organi contorcersi, gridare e soffocare e io con
loro, poiché il respiro mi mancava, quasi che laria da me boccheggiata, fosse
satura di gas.
I dottori non riuscivano ad aiutarmi, il più delle volte nemmeno mi capivano, qualsiasi
cura risultava vana e dispendiosa, ma soprattutto mi faceva dubitare della scienza. Quando
mi proposero di fare lastre ed esami più specifici mi rifiutai proprio per questa mia
sfiducia, ma soprattutto perché già avevo capito cosa mi era successo e non volevo
essere sfruttato e mantenuto in vita quale cavia per esperimenti e studi scientifici.
La risposta alle domande rivolte alla medicina era cresciuta in me insieme al dolore e di
questo stesso e non del mio intuito, frutto. Un morbo o un qualche virus alieno era
riuscito ad entrare nel mio organismo, tramite le vie respiratorie o una puntura
dinsetto o chessò. Limportante, o meglio la cosa più drammatica è che
questessere mi aveva scelto quale sua dimora. Come un paguro che adatta lentamente
la conchiglia a sé, man mano che cresce, così io venivo adattato alle esigenze del mio
sgradevole ospite. Sgradevole non solo perché indesiderato, chi mai potrebbe volere la
propria fine e in un modo così cruento, ma anche perché sapevo quale era il suo aspetto.
Non lavevo mai visto, e mai lo vedrò, se non quando mi avrà totalmente consumato e
uscirà dalle mie viscere, facendosi strada squarciandomi laddome. Ripeto, pur non
avendolo mai visto, posso per certo dire che la sua schiena è irta di terrificanti
aculei, al posto degli arti delle enormi chele dentate, la testa e il corpo sono un
tuttuno, una pallottola nauseabonda, su cui si aprono da parte a parte voraci e
fameliche fauci, da cui partono tentacoli nodosi che hanno funzione visiva e uditiva. Sul
colore non posso giurare, ma io lo vedo nero come la notte in cui vive e rosso come il
sangue di cui si nutre. E il sangue che ha alimentato simile abominio è il mio... Non so
se sia proprio della sua natura, forse si nutre di tutto quello che gli capita, ma ha
iniziato con dei piccoli morsi al mio fegato, ne strappava dei pezzettini, tanto per
gradire e lì è iniziato il mio calvario. Forse se fosse stato già più grande, almeno
quanto lo è ora, sì perché il bastardo cresce, il mio supplizio non sarebbe stato tanto
lungo, credo che il mio organismo non avrebbe resistito ad essere spazzato, o meglio
spazzolato via in un solo boccone. Invece no, lui era una piccola tenera canaglia e
piccoli e teneri i pezzettini della mia pancia che andavano a riempire la sua, Dio il
sangue che ho sputato in quei giorni!
Ho cominciato ad avere paura quando ho pensato che presto sarebbe finita, cioè che presto
non avrebbe più potuto dilettarsi del mio intestino, né il suo viscido e squamoso corpo
si sarebbe più imbrattato con i miei succhi gastrici, presto io avrei finito le scorte e
allora, cosa sarebbe stato di me? Avrebbe cominciato a mangiare le mie carni, magari una
fetta di culo vicino allosso o avrebbe preferito qualche costarella? Il dolore di
cui sovente mi lamentavo sarebbe stata uninezia, in confronto a quello che avrei
provato, e infatti fu così... solo che smise di divorarmi. Semplicemente, almeno per come
la vedo io, si mise a spingere la sua schiena contro linterno della mia pancia, e io
sentivo quegli aculei trafiggermi e uccidermi. Ma la carogna è furba, non poteva
uccidermi, chi altri gli avrebbe procurato da mangiare, se io fossi morto? E infatti, ogni
volta che lui mi stuzzicava, io fagocitavo quantità enormi di cibarie, per placare più
la sua che la mia fame, ero diventato anche stitico, tanto che non avevo più organi per
la digestione né niente di quello che finiva nel mio corpo era per la mia digestione.
Credo che il mio sbaglio più grande sia stato quello di assecondarlo, era troppo piccolo,
forse, per poter uscire dal mio corpo e comunque sia, anche riuscendoci, dove si sarebbe
nascosto, una volta fuori. Un po' più grande di un gatto non sarebbe di certo passato
inosservato, e anche se terribile dentro di me, nel mondo sarebbe diventato preda a sua
volta. Nutrendolo ho contribuito alla sua crescita, rendendolo un pericolo per chi lo
incontrerà. Per questo vi chiedo scusa, ma avevo altra scelta, cosa dovevo fare,
uccidermi? E se avessi fallito, o più semplicemente mi fossi sbagliato sul suo conto? Se
lui non aspettava altro che io mi squarciassi da solo il ventre, così da renderlo libero
di scorrazzare per il nostro mondo?
Oh mio Dio, unaltra fitta, se avessi ancora le budella giurerei che qualcosa o
qualcuno, e io so chi, le stia dilaniando e contorcendo. No, credo di aver capito, è
giunta la mia ora, il dolore che sento, le mie carni: sta per uscire, vedrò lorrore
che è in me...
Due giorni dopo sfondarono la porta, i vicini di casa, preoccupati per la sua salute, avevano avvisato le forze dellordine. Lo trovarono seduto ad uno scrittoio, la testa china in una pozza di sangue rappreso, il corpo livido di un fetore nauseabondo. Dallautopsia risultò che una massa tumorale laveva divorato dallinterno, le metastasi erano sparse per tutto il suo corpo.