La ragazza
corre nel nero. Intorno a lei c'è il vuoto assoluto. Non sa dove sta andando e
soprattutto non sa dove andare.
Chi è? Non lo sappiamo, è solo una dei tanti, qui i nomi non contano poi molto. Sembra
avere tredici, quattordici anni al massimo, indossa una maglia lacera e sporca, celeste e
bianca, sbiadita e una gonna tutta strappata. E' scalza.
Il suo bel viso è sporco, come le sue mani, le sue gambe e i suoi piedi nudi. Alla
miseria del suo aspetto fanno contrasto gli splendidi capelli neri e riccioluti, così
lucenti, con quei bellissimi boccoli neri.
La ragazza continua a correre, ha le lacrime agli occhi. Urla il nome della mamma e del
papà, e poi dei suoi fratelli e delle sue sorelle, continuando a piangere senza tregua.
Adesso vediamo qualcosa sotto i suoi piedi, non c'è più solo il nero. Non riusciamo a
distinguere cosa sia, ma la ragazza ci sta camminando sopra e sembra non accorgersene. Man
mano che ci avviciniamo vediamo che sono teschi, teschi umani. Alcuni sono spaccati, i
più vecchi, altri sono ancora tutti interi. Ne vediamo alcuni ancora... in carne.
La ragazza sembra non accorgersi di camminare sui teschi, o forse è la disperazione che
non le fa comprendere bene la situazione.
Adesso i teschi stanno scomparendo, e con essi il buio. La ragazza si sta addentrando in
un sentiero, sempre di corsa e sempre piangendo.
Entra in un bosco, gli alberi si ergono altissimi intorno a lei. I teschi sul sentiero
stanno scomparendo, diventando solo pezzi, frammenti di osso sempre più piccoli. Adesso
non ce ne sono più. Il sentiero è fatto solo di un leggero strato di erbetta, la ragazza
la sente soffice sotto i piedi nudi.
Va ancora avanti, smarrita, senza sapere dove andare, senza sapere dove finirà. Piange.
Piange per i suoi genitori che non vedrà più, tutti i suoi amici, i suoi fratelli...
più nessuno... solo lei e il nulla.
Rallenta il passo, è visibilmente stanca e affaticata e decide di smettere di correre. A
che serve correre, quando tanto non c'è da arrivare a niente?
Cammina lentamente, adesso sul terreno la soffice erba lascia il posto al fango e alle
ortiche. Il sentiero sembra scomparire, inghiottito dalla vegetazione. La ragazza dai
bellissimi capelli neri continua, addentrandosi fra gli alberi. Senza un sentiero da
seguire per lei è più difficile proseguire, ma non può fare altrimenti.
La fioca luce del sole riesce a malapena a passare tra il fogliame, rendendo l'atmosfera
ancora più stinta e inquietante.
Eccola, arriva da lontano, pronta ad afferrarla con i suoi artigli. La ragazza la vede, ha
paura. Tenta di fuggire ma le sue gambe non si muovono, sono come pietrificate. Lei
arriva, si avvicina, la ragazza comincia a urlare di terrore. E' un'aquila, una grossa,
enorme, aquila nera che l'afferra con i suoi artigli e la alza in volo con lei. La ragazza
grida in preda al panico, si agita, scuote le sue gambe nude nell'aria inutilmente. Sotto
di lei vede il bosco, lo vede allontanarsi, sempre di più. L'aquila la afferra saldamente
per le spalle, senza mostrare il minimo cedimento.
Tutt'ad un tratto più niente. L'aquila non c'è più, è di nuovo il vuoto.
Si alza in piedi e si guarda una ciocca dei suoi capelli. Splendidi come sempre, non sono
per niente sporchi e non hanno perso nulla della loro naturale lucentezza. Chissà da chi
li aveva presi quei capelli, quei boccoli così neri.
Si guarda addosso: è sporca, i suoi abiti tutti strappati, i piedi le facevano male. Si
controlla sotto un piede che le duole particolarmente. C'è una spina, una grossa spina
proprio sotto il calcagno. La prende e se la tira via, emettendo un gridolino di dolore.
Dal piede le esce una punta di sangue. Guarda La spina: è lunga quattro centimetri.
Com'è possibile? Come può entrarle dentro il piede una spina di tale lunghezza?
La ragazza inizia a piangere. E' disperata.
Non ha idea di dove si trovi, non sa dove va e non sa quando sarebbe finita.
"Non finirà mai" diceva la gente che era con lei prima che iniziasse ad essere
il nero. Non voleva dar credito a queste dicerie, prima o poi sarebbe finita, doveva
finire. Ma quando? Tutta la sua speranza si sta spegnendo.
Non è solo una sua impressione, la spina si sta allungando sempre di più. Ora sarà
lunga almeno sei o sette centimetri.
Vorrebbe mettersi a correre, ma per andare dove? Si lascia cadere a terra, ricominciando a
piangere. Con il dorso della mano si asciuga gli occhi. Il suo viso è una maschera di
dolore e frustrazione, soltanto i capelli sono splendidi.
Da lontano sente il fischio di un treno. Il rumore si intensifica sempre di più, lo
vediamo comparire all'orizzonte (quale orizzonte?) arriva sfrecciando nel buio. La ragazza
lo vede, lo osserva attentamente.
Non ci sono finestrini, ma la ragazza vede ugualmente i passeggeri, come se le pareti dei
vagoni fossero trasparenti. Le persone sul convoglio hanno la faccia triste, alcuni
piangono. Intravede anche i suoi genitori. Sua madre tiene un fazzoletto premuto sul viso
per asciugarsi le lacrime, suo padre ha la faccia cupa e tiene il capo chinato. C'è anche
lei, tiene la mano di sua madre. Non è come la vediamo adesso, è benvestita, con abiti
sicuramente molto costosi. I capelli sono più lucenti che mai.
La ragazza corre dietro al treno chiamando mamma e papà, ma non c'è niente da fare, non
rispondono, non si voltano nemmeno, come se non la sentissero. Insegue il treno, correndo
più veloce che può, con i suoi piedi nudi e doloranti, ma non può certo farcela a
stargli dietro.
Vede il treno scomparire nel buio, tutto è buio, sentendo dissolversi quel lugubre
fischio, ma non per questo si ferma, anzi, continua a correre, piangendo e gridando non sa
neppure lei cosa.
Corre sempre più veloce finchè cade in un buco. Si sente cadere, una sensazione strana,
sembra di... volare.
Cade sempre più giù e atterra battendo forte la schiena. Le fa male ma si rimette in
piedi. Ancora il nero, ancora il vuoto.
Guarda per terra: la spina! La spina che si era tolta dal piede!
Adesso sarà lunga più di venti centimetri. A guardarla bene non è nemmeno una spina,s
embra qualcos'altro... è color marroncino chiaro e la ragazza ha l'impressione di averlo
visto muoversi...
Anche a noi sembra che si muova.
La ragazza mora lo guarda e con orrore si accorge che è un verme! Intorno a lei è pieno
di vermi!
Migliaia, milioni di vermi viscidi e ributtanti per terra, intorno a lei, sotto i suoi
piedi, non vede altro che quelle orribili creature.
I vermi iniziano a risalirle su per le caviglie, per i polpacci, su per le gambe, fino a
lambirle la gonnella.
La ragazza non si muove, atterrita dallo spavento e dal ribrezzo che prova nei confronti
di quelle creature.
E mentre grida si accorge che i vermi stanno iniziando a mangiarla, mangiarla,
mangiarla...
La ragazza si risveglia di soprassalti, urlando. Suda.
Si guarda intorno sperando di non aver svegliato nessuno con le sue grida. No, tutte le
altre stanno ancora dormendo.
Tira su la coperta e si guarda le gambe e i piedi. Non c'è traccia dei vermi, e non sono
state mangiucchiate e ridotte all'osso come si aspettava. Sono sempre le sue gambe, magre,
ma per fortuna le sue gambe.
"Un sogno" riflette. "Solo un sogno."
Indossa sempre la maglia bianca e celeste e la gonna lacera. I suoi bellissimi capelli
neri sono rasati a zero.
"sono qui, nella mia cuccetta" mormora tra sé e sé, come per convincersi di
aver sognato tutto.
"Sono nella mia cuccetta."
Vediamo la parete della stanza.
"Sono nella mia cuccetta"
Sulla parete c'è un grosso stendardo.
"Sono nella mia cuccetta"
Sullo stendardo vediamo raffigurata una svastica nera in campo rosso
"Dove tra poco il dottor Mengele verrà a prendermi... per visitarmi..."
Anja Rachesteiner
5457886
Jude
1920 Bonn
1943 Auschwitz