Notte
fonda.
L'oscurità regnava sovrana tra i meandri della città.
Un campanile in distanza segnò l'ora.
Mezzanotte. I dodici rintocchi squarciarono le tenebre sovrastando il rumore del vento che
sibilava tra i vicoli ormai deserti.
La pioggia incessante si abbatteva inesorabile e senza pietà sui ciottoli delle vie, come
a volere pulire il mondo dal peccato.
E io ero lì, seduto ed immobile sul divano del salotto a fissare il nulla mentre nella
mia mente si affollavano i pensieri, senza un filo conduttore.
Si accodavano uno dietro l'altro nel più completo disordine.
L'unica cosa che avevano in comune era lei.
Lei.
La donna della mia vita, la mia ancora di salvezza che era emersa dal nulla per trarmi in
salvo nell'abisso in cui ero caduto.
E poi lei si trasformò all'improvviso.
Da salvezza in incubo.
Da chiave per il paradiso a chiave per l'inferno.
Tutto in poche ore, tutto in quella sera.
Ricordavo ancora la festa, la discoteca piena all'inverosimile.
La musica assordante a tutto volume, gente che si muove con fare concitato cercando di
creare quello che poteva essere un ballo.
Ricordavo gli occhi delle persone spenti dall'alcol e vinti dalla stanchezza che si
ostinavano ad andare avanti come se quel gesto potesse essere il punto di svolta della
loro vita.
Ricordavo gli amici, gli scherzi, e le risate.
Ricordavo l'allegria che regnava in quel limbo di ventri metri quadrati.
E poi ricordavo il mio amico, della sua nuova amichetta.
Mi ricordavo di come si vantava delle sue prodezze erotiche, mostrandole a tutti come un
trofeo.
E poi il ricordo peggiore, quello che ancora adesso brucia nel mio cuore.
Una spada incandescente che penetra in profondità.
Il ricordo di lui che si presenta con la sua famosa amichetta.
Di lui che si presenta con lei.
Dell'inferno che in meno di un secondo si spalanca sotto i miei piedi.
Dell'allegria che diventa anche lei un ricordo, che però farà fatica a riaffiorare.
Il mio sguardo si sposta sul bicchiere di whisky vuoto, i cubetti di giacchio che si
afflosciano piano piano uno sull'altro nel loro lento ed inesorabile processo di
scioglimento.
La bottiglia accanto mezza vuota.
O era mezza piena?
Su una rivista una volta lessi che se si vedeva un bicchiere mezzo pieno si era ottimisti
nella vita, se mezzo vuoto si era dei pessimisti.
Allora correggo l'espressione di prima, la bottiglia era decisamente mezza vuota.
Quasi come la mia anima, anzi no, quella era rappresentata dal bicchiere.
- Bella osservazione, devo ammetterlo. Il bicchiere rappresenta la tua anima ora. E fammi
indovinare. I cubetti sono le tue ultime speranze che crollano.-
La voce mi colse alla sprovvista.
Chi era?
In casa ero solo!
Per un secondo sentii distintamente nelle mie orecchie il cuore che batteva all'impazzata.
Poi emerse dalle tenebre.
Con il suo completo impeccabile e dal taglio molto costoso.
Un uomo alto di statura con i capelli corti e stirati con cura dietro la nuca.
Neri i capelli, neri gli occhi, nero il vestito. La carnagione chiara risaltava molto
dandole un'aria quasi divina.
- Chi sei?- gli chiesi con aria spaventata.
Lui si comporta come se fosse a casa sua, con assoluta tranquillità andò al mobile dei
liquori e si servì un whisky.
- Ne vuoi un po'?- si girò a guardarmi.
I suoi occhi sembrano scrutarmi dentro.
- Ti ho detto chi sei? Ti ho fatto una domanda? Perché sei a casa mia?-
Alzai la voce nella speranza di fargli paura, volevo lanciarmi addosso su di lui ma i due
whisky mandati giù prima mi avevano debilitato le forze.
- Io? Io sono te che domande, e poi non siamo a casa tua.-
Non faccio in tempo ad assorbire le informazioni che ha detto che le pareti si fanno
sempre più lontane.
Oddio ho le allucinazioni? È sicuramente l'effetto dell'alcool.
Le pareti si fanno sempre più piccole mano a mano che si allontanano, i mobili spariscono
e alla fine mi ritrovo in uno spazio enorme e scuro.
Non vedevo nulla a parte il mio divano ed una sedia accanto. Il resto dell'appartamento
era sparito.
Ero spaventato a morte.
Provai ad alzarmi dal divano ma non potevo, non so se perché ero troppo debole oppure
perché non potevo e basta.
- Dove sono?- urlai.
- Dove sei?- l'uomo pareva divertito, si sedette sulla sedia di fronte a me e con gesto
teatrale spalancò le braccia.
- Figliolo quello che vedi è un luogo che voi essere umani considerate astratto. Che non
potete identificare e che fate fatica a dare una definizione. La vostra capacità di
determinare e qualificare un oggetto si basa solo su dati pratici. Non siete in grado di
fare una valutazione solo su dati astratti.
Dico bene?-
Lo guardai atterrito, che cosa aveva detto? Non avevo capito nulla di ciò che aveva
detto.
- Comunque ti do il benvenuto nella tua mente-
Mente? Ma che stava dicendo? Come poteva essere?
Sudavo copiosamente, ero spaventato mentre l'uomo che avevo di fronte era a suo agio.
Sorseggiò il suo whisky e appoggiò delicatamente il bicchiere sul tavolino.
Tavolino? Ma prima non c'era il tavolino.
Il suo modo di fare era raffinato, quasi da alta borghesia.
Si mise comodo sulla sedia e disse:
- Brutta storia quella di Valentina-
Lei.
Ancora quel nome, il ricordo sale vorticosamente dal mio subconscio. Le immagini del
tradimento si fanno nitide mentre il mio senso di disperazione si fa largo nell'anima.
Mister elegantone sembra accorgersene e continuò il discorso.
- Sai, chi sono in realtà? Io sono una tua parte di personalità. Quella decisa ed
aggressiva. Quella che pondera un piano per ogni cosa, soppesa le opportunità e prende la
decisione più corretta.
Io sono quella parte di te stesso che tu non riesci ad applicare alla vita reale-
Lo guardai con aria interrogativa. Chi era costui? Era veramente ciò che diceva di
essere? No, non poteva essere. Era ridicolo.
Eppure mi sentivo ipnotizzato dalla sua voce così suadente, così amica, così vicina
alla realtà.
Così personale.
- Sai- continuò la sua esposizione aggiungendo alle parole dei gesti quasi teatrali ma
molto curati - tu ti lasci trasportare troppo dalle emozioni, ecco cosa è il tuo
problema. Tu non riesci a essere razionale in certi campi. E poi una volta che sbagli
invece di analizzare i tuoi errori eccoti qua a crogiolarti nella tua disperazione. Di un
po', cosa speri di ottenere? Sono curioso. Pensi che lei sentirà il tuo dolore e torni da
te? Scordatelo, lei adesso se la sta ridendo mentre fa sesso con il tuo amico-
Ride, come se avesse raccontato una barzelletta molto divertente.
Ma come osava?
- Senti io l'amavo...- volevo urlare tutto il disprezzo che provavo verso di lui, ma non
ci riuscivo.
Quello che aveva detto in parte corrispondeva alla verità.
- L'amavi? - Mi guardò con aria divertita- Sai che sei curioso? Sei come tutti gli altri
esseri umani. Tu vivi le emozioni, ti fai intrappolare da esse. L'amavi hai detto? E per
cosa? Perché sei uscito con lei per qualche sera? Perché te la sei sbattuta un paio di
volte? Avanti sii realista-
Lo guardai con fare cagnesco, avrei voluto picchiarlo ma non riuscivo ad alzarmi, è come
se fossi incollato al divano.
- Ah scusa scusa, è vero. Lei ti ha salvato dalla dipendenza da alcool. La spirale da cui
non riuscivi ad uscirne. Ma è stata lei sei sicuro? Non per prendermi il merito ma
secondo te io non ho fatto la mia parte? Ascolta, tu sei uscito perché tu lo hai voluto e
perché io ti ho aiutato. Lei si è solo appoggiata a me, anzi a noi. Capito? Ma guardati
se non ci credi. Adesso grazie a lei quella bottiglia è mezza piena.-
Mi girai lento verso la bottiglia come in trance.
- Sì è vero dico- ma sono io che parlo? Non so nemmeno cosa sto dicendo- è mezza vuota-
Elegantone mi guardò con fare interrogativo.
-Vuota hai detto?- tese l'orecchio verso di me come per mimare una persona che ha problemi
di udito- Vuota? Ascolta bello io ho detto piena! Piena! Perché io sono ottimista!-
- E perché lo sei?- la mia voce risuonò come un rantolo nell'immensa oscurità che mi
circonda.
- Perché io oggi ti aiuterò, grazie ancora al mio aiuto tu riacquisterai la fiducia in
te stesso.
E così facendo mise sul tavolo due scatole di cartone. Sembravano scatole di scarpe ma
senza contrassegni.
Solo due lettere scritte con un pennarello a punta grossa.
In una il coperchio recava la lettera A, l'altro la B.
Ma che stava facendo? Mi sentivo stanco, debilitato e privo di volontà propria. Mi
sentivo come una marionetta, coi fili che una terza persona tirava per farmi muovere in
quello strano colloquio.
- Allora ragazzo. Hai mai visto Matrix? Il film intendo.-
Matrix? E adesso che c'entrava quel film Hollywoodiano?
Volevo andarmene ma invece dissi.
-Sì e allora?-
Ma perché stavo al suo gioco?
-Bene- sembrò approvare la mia risposta - in quel film potevi scegliere due pillole che
portavano a due strade diverse. Una ti riportava a letto, a casa tua e l'altra ti portava
nel mondo reale.
Ecco oggi tu sei di fronte allo stesso bivio.-
Indicò la scatola contrassegnata dalla lettera A.
- Lettera A, torni nella tua sudicia casa a rimpiangere i bei ricordi passati con la bella
signora dai facili costumi.
Lettera B - e indicò l'latra scatola- troverai la soluzione ai tuoi problemi-
La A, dovevo scegliere la A e ritornare a casa, non volevo più avere a che fare con
questa assurda persona. Una specie di cappellaio matto dei tempi moderni.
- Lo so che vuoi la B, avanti è lì a portata di mano-
Me lo ripeteva con un sussurro.
Il sibilo di un serpente a sonagli, lo stesso che convinse Eva a raccogliere il frutto
proibito.
Le mani si muovevano da sole verso la B.
No, non potevo... non dovevo.
Alla fine toccai la scatola con la lettera B.
- Bravo- mi disse il Cappellaio matto mentre sulla sua bocca si dipingeva un largo
sorriso.
- Hai fatto la scelta migliore-
Lo guardai con aria inebetita.
- Dai aprilo figliolo-
Aprii la scatola e dentro trovai una pistola a tamburo.
- Ma che significa?-
Poi capii tutto, no, non volevo farlo.
- Ascolta, hai capito male. Io non mi tolgo la vita capito? Tu sarai anche capace di
soppesare le decisioni ma questa volta hai toppato amico. Ora fammi andare a casa e
riprenditi il tuo giocattolino-
L'uomo rimase sorpreso, incredulo di fronte alla mia reazione.
Forse non credeva che trovassi tutta quella energia per rispondere e ribellarmi alla sua
ipnosi.
- Mi offendi-
Questa volta rimasi io di pietra. Mi offendi? Ma che risposta era?
- Sai, ti facevo più intelligente. Secondo te se volessi che ti sparassi un colpo in
testa avrei caricato il tamburo della pistola con tutti e sette i colpi?-
Fu in quel momento che capii le sue intenzioni.
- No, dissi, non posso...-
Mi interruppe.
- Non puoi o non vuoi?-
Un lampo squarciò le tenebre e mi ridestai di colpo.
Ero a casa mia, per terra accanto al divano.
Avevo solo fatto un sogno.
Basta alcool.
Feci per buttare via la bottiglia quando notai la pistola sul tavolino.
Identica a quella del sogno.
La bottiglia cadde sul pavimento andando in mille pezzi, il whisky si sparse sulla
superficie in legno.
Poi i ricordi affiorarono nella mente.
Non vuoi o non puoi?
Lei è a letto che se la ride con il tuo amico.
Ti ha solo usato.
Ti facevo più intelligente.
La soluzione ai tuoi problemi.
Non puoi o non vuoi?
Non vuoi...
Io voglio.
O non puoi...
E ora posso.
Mi vestii con i primi abiti che trovai.
Presi la pistola e uscii nella buia notte tempestosa per risolvere tutti i miei problemi.