- E quindi la bomba esplode e finalmente tutti i
non-morti fanno la fine delle costolette di mia suocera. Boom. Fine.
Julian Kay terminò la frase con un sorriso che sapeva tutto di tristezza,
stanchezza, ma poco di soddisfazione.
Paul Carnes si dondolava dall'altro lato delle scrivania, tamburellava la
stilografica d'oro massiccio sulle labbra socchiuse a "o", attese.
- Naturale che la gnocca si ricongiunge al motociclista e questo darà vita a
un sequel che già ho in mente.
Le occhiaie di Kay lo facevano somigliare a un panda tremulo: pallido e con
le orbite nere.
Carnes poggiò con calma la penna sul piedistallo con l'iscrizione "Al futuro
di George Carnes, dass scheißkerl! Heinrich Otto Sperling", la
contemplò, desiderò che Sperling l'avesse regalata a lui e non a suo padre,
e alla fine sbottò: - Non ci siamo.
Kay buttò via la maschera buona e inutile e rivelò la sua faccia in un grumo
di dispiacere - Come, come non ci siamo? E' un'idea buona...
- Per gli anni di Ronald Reagan, Julian. Un bel po' di tempo fa.
Il mento di Kay sobbalzava a cadenza irregolare. Era sfinito.
- Lo so, lo so che ci hai messo nottate intere, Julian.
- E pomeriggi! - Kay esclamò sempre più forte - e mattinate!
- Certo, certo - Carnes lo lasciava parlare senza ascoltare - ma non ci
siamo comunque.
- E' una vita che non mi pubblichi nulla - insieme al mento, a Julian Kay
sobbalzavano i capelli castano scuro arruffati. Stava tremando - E sai che
ne ho bisogno.
- Ovvio. Sai che ne abbiamo bisogno tutti. Quella piscina a forma di rene
nel giardino mi è costata un patrimonio.
Kay immaginava un rene per davvero, mastodontico, dove Carnes andava a
tuffarsi e fuoriuscire completamente rosso per...
Scacciò quel pensiero scuotendo la testa.
- Ti faccio un po' di lezione di editoria, vuoi?
Julian non ne aveva bisogno, ma stette comunque in ascolto. Sicuramente non
aveva la forza di dirgli di no.
- Io non dico che i tuoi scritti fanno pena. Sono forti, mi sei piaciuto
dall'inizio e il tuo stile è rimasto invariato.
Kay gli stava per dire "e allora?".
- Ma il problema è proprio questo. Guarda là - e Paul puntò il dito sul muro
in cui campeggiavano attestati, targhe e su tutti foto di scrittori
abbracciati a Carnes. In molte c'era anche Julian.
- Se Barker non si fosse messo a scrivere merdate videoludiche, sta' sicuro
che la tremilacinquecentesima versione di Abarat se la compravano in
tre: la madre, il cane e lui stesso.
Julian aveva capito, ma non voleva...
Paul Carnes passò a un'altra foto: - La Rice, poi, disse d'essersi stufata
di scrivere di vampiri e vampiri e ancora vampiri. Un modo velato per dire
"ora mi pappo il malloppo restando l'immortale regina dei dannati". Chiamala
scema.
- Ma ho capito, solo che...
- Ma che ne so, scrivi il diario di un vampiro gay, rapporti sessuali tra lo
Yeti e Shay Laren, scontri titanici tra Dracula con le braccia bioniche e il
Vaticano intero. Stupisci, evolvi, va' controcorrente.
Julian avrebbe detto "sopravvivi", ma non era più forte di spirito. Era
rosso in bolletta da mesi. Aveva bisogno di soldi, solo quello contava.
- È il mio stile - così Julian si gioco l'ultima dose di dignità.
- È uno stile morto da tempo - fu la lapidaria controbattuta di Paul.
- È che... lo sai, ho problemi...
- Tutti hanno problemi, chi più, chi meno.
Il silenzio scivolò fangoso nello studio di Paul Carnes, presidente della
Carnes Edizioni, figlio di George Carnes, ex magnate del libro e ora cumulo
di polvere.
La sentenza arrivò fulminea.
- Beh, mi duole dirglielo, signor Kay - sbuffò Carnes.
Kay si faceva sempre più piccolo nella sedia. "Signor Kay"? Era Julian, fino
a poco fa: Julian! Trattenne il respiro, pronto a essere colpito.
- Ma questa casa editrice non la ritiene più persona gradita.
Kay si sentì di vomitare, trattenne un rutto di bile, "persona gradita"...
- Sono solo motivi editoriali - e gli sorrise.
Le iridi degli occhi di Julian Kay si spianarono sull'azzurro come un gatto
investito più e più volte con cattiveria; li chiuse.
"Sono solo motivi editoriali" gli rimbalzava nel cranio, a ogni parola un
colpo, a ogni colpo corrispondeva un pesante battito cardiaco.
"Sono"-bum,
"solo"-bum,
"motivi"-bum,
"editoriali"-bum a Julian, bastardo di un editore bastardo, tu che facesti
carte false per strapparlo alla concorrenza di mezzo U.S.A., che con le
vendite di Mummie urbane ti pigliasti la Jaguar XJ220 e grazie ad
A pezzi te la potesti mantenere per secoli.
"Sono solo motivi editoriali", quattro battiti, altrettanti colpi in testa a
Julian che ti portava in casa sua a cena, tacchino e paté di fegato con
mirtilli, i tuoi preferiti, con lo sguardo pieno di vino facevi i
complimenti alla cuoca, guardando la gonna di Marta...
Marta. Cosa avrebbe raccontato a sua moglie, che a oltre quarant'anni lui
doveva mettersi a lavare le scale al Walmart per mantenerla ancora in vita,
dopo tentativi falliti, dolorose cure, soldi buttati, notti a sentirla
piangere, a chiedergli scusa per essere una donna inutile?
Julian Kay riportò alla mente il sorriso di Paul Carnes come una bolla
tossica dal fondo del mare. Lo immaginò allargarsi fin sotto gli occhi,
spuntare due canini sopra e un serpente uscirgli dai capelli, come nel suo
Ritratto in croce...
Sentì qualcosa rompersi nel cervello. Respirò a fondo. Riaprì gli occhi.
Vide Carnes fissarlo sgomento - Ehi, tutto bene? Mi spiace, io...
- Sicuro? Non credo proprio - lo interruppe Julian Kay, ex scrittore
americano di romanzi horror, che puntò un taser verso la fronte di Paul e
premette il grilletto.
- Ti ricordi quando leggevo i tuoi scritti? Ricordi
quando dicevo "oh, Kay" e poco dopo i tuoi libri erano sugli scaffali di
mezzo mondo? "Oh, Kay" ti dicevo! - disse piagnucolando Paul, quei pochi
capelli superstiti del fuoco appiccatogli poco prima gli fumavano ancora in
testa.
Julian, incappucciato, ricordò, non disse nulla, continuò a cospargere di
benzina i vestiti del suo vecchio editore.
A terra, proprio accanto alla sedia metallica dov'era legato Carnes, c'erano
un orecchio, tre dita di mano, quattro unghie di piedi, una tronchese, in un
lago di liquidi combustibili e corporei.
- Hai creato la storia della narrativa d'orrore, Jule! Tu e pochi altri
scrittori cazzuti, l'invidia di ogni sceneggiatore, la manna dei registi!
"Jule", così Paul lo chiamava quando cercava qualcosa, ne era consapevole,
non disse nulla, gli innaffiò per bene le carni; la puzza di sangue e
benzina gli arrivava lenta tra la lana del copricapo.
Era ben illuminata la scena, nonostante fosse notte fonda e i due fossero in
un locale sotterraneo.
- Io ti ho creato, io! Dannato figlio di puttana! Se non era per me a quest'ora
giravi ancora col camion della frutta di tuo padre! - ululò feroce Paul, per
il dolore lancinante che aveva all'addome molle. C'erano conficcati dodici
uncincetti metallici.
Julian era daccordo, non disse nulla, continuò a versare liquido
infiammabile sul terreno e ne creò una linea continua lontana da Paul,
respirando lentamente sotto il tessuto nero del passamontagna.
- Perché? Perché, che ho fatto? - Carnes crollò così in lacrime che non si
capiva più nulla di cosa dicesse.
Julian Kay guardò in un punto preciso davanti a lui e declamò - Beh, sono
solo motivi editoriali - e mise in mostra uno zippo. Lo accese. Lo lasciò
cadere a terra.
Dal pavimento di mattonelle si alzarono lingue e corna di fuoco, più vicine
a Paul, sopra di lui, dentro di lui. Cinque minuti di strazianti grida di
dolore, insopportabili, dovute.
Quando le fiamme si spensero, Julian Kay si avvicinò a una telecamera
nascosta dal buio e la spense. Ne spense altre due, una di lato alla sedia,
un'altra più lontana. Recuperò le tre schede di memoria, e lasciò il corpo
di Paul Carnes sfrigolare sulla sedia.
Chiuse a chiave il sotterraneo, e mentre risaliva all'esterno buttò la
chiave e le tre schede in una busta da lettere con la scritta "Alla
redazione di Snuff Love", a seguire l'indirizzo.
Era quasi l'alba, Julian Kay stava scrivendo su di un foglio "Come da
contratto. I soldi a Marta Flag Kay", a seguire i dati del conto corrente.
Spedì la lettera, e andò via.
Pensava che forse come storia era attuale, cruda, pure autobiografica.
Avrebbe accontentato l'editoria moderna. Mostrò al sole nascente i denti,
compiaciuto.