Prega, il
corpo dilaniato; le narici dilatate dal dolore, arrossate dal muco che accompagna il suo
pianto.
Ha i capelli appiccicati alla fronte da una poltiglia rosso-nerastra di grumi e sangue
secco... non ricordo da quanto tempo la tengo in questo stato.
Prega, la silenziosa voce acuta, rotta dai singhiozzi.
Mi scuotono conati di vomito... ma non scuotono veramente me... a me non importa.
Sono un corpo svuotato, una macchina, non un uomo... mi rimane questo barlume di follia, o
di ragione, o di...
Mi serve per realizzare, per capire che sono solo uno strumento!
Non cerco di giustificarmi: sono colpevole.
Trovo difficile raccapezzarmi. Sono sempre stato caotico, anche nei pensieri... Sì, anche
quando avevo spazio a sufficienza per mille pensieri, essi finivano con l'affollarsi, il
contorcersi, lo sgomitare, come se tentassero di passare contemporaneamente per una stessa
porta. Ora, di quella porta non è rimasto altro che la serratura: lascio immaginare che
razza di puttanaio s'è creato.
Questo mi rimane: un puttanaio di pensieri e umori, in un buco... nell'oblio di una mente
VENDUTA.
Ho abbastanza spazio, tutto sommato, per pentirmi... pentirmi... pentirmi... ma che mi
frega?
Godiamocela ! Non esiste Paradiso per me, quindi perché scivolare nella paranoia del
"dovevo pensarci meglio"?
Perché non volevo... Gesù, ti giuro che non volevo... Cristo, credimi!
Vecchio stronzo che non sono altro, come posso pensare che qualcuno mi ascolti? Non è
più la mia voce, quella che mi sgorga dall'anima... non è mia l'anima che si dissangua
in gemiti.
Ah, dovevo scriverle queste cose: "confessioni di un fottuto", sottotitolo
"l'ultimo pensiero di un condannato", fa molto Welsh.
Me ne ricordo ancora, lessi qualcosa di suo a scuola... ricordo la scuola, la scuola e
Miranda, bella, bella da far impazzire. Così bella che non valeva la pena di sbattersi
per averla. Tanta bellezza in una donna ti avvisa che lo infili in una scatola vuota, che
in lei non c'è nient'altro oltre a ciò che puoi solo vedere, che non c'è nulla da
scoprire, perché tutto ciò che una qualsiasi "Miranda" possiede non è che
un'invitante "confezione".
Gelida, arida, Miranda.
Eppure stavo ore a pensarla, a scriverle lettere... imparai persino a suonare la sua
canzone preferita con la chitarra. Sapevo suonare soltanto quelle poche note, non
m'iportava della musica, non mi importava di nulla che non parlasse della mia donna.
Mi sarei dannato l'anima per lei e... cazzo, l'ho fatto veramente.
E' dunque colpa sua tutto questo? Ehi vecchio, stai cercando di giustificarti di nuovo?...
Io sono colpevole!
Miranda non mi volle più vedere dopo l'incidente; venne una volta sola in ospedale a
farmi visita.
Sì, il giorno stesso in cui mio padre rimase in reparto per due ore, senza accorgersi di
avere la patta dei pantaloni sbottonata (questo sarebbe dovuto bastare per tirarmi su il
morale, non è una cosa che si vede ogni giorno...). Insomma, la mia donna non resistette
cinque minuti: come le tremava la mano mentre tirava a pieni polmoni dalla sua sigaretta
(nonostante fosse proibito fumare, lei se ne fregava); tremava veramente; mi diede
un'occhiata furtiva; valutò l'entità dei danni irreversibili che avevo procurato al mio
viso, sfondando il parabrezza della macchina; girò sui tacchi e uscì velocemente dalla
stanza, travolgendo un'infermierina con il carrellino delle medicine... non l'aiutò
nemmeno ad alzarsi.
Addio Miranda!
Da quel giorno si sono spalancate le porte dell'Inferno... in tutti i sensi.
Prega ammanettata alla gamba del tavolo.
Geme e ripete che sa... e che perdona...
Cosa sa? Che la ucciderò? Perché è così che andrà a finire.
Sento il calcio della pistola scivolare sul sudore del mio palmo; sembra che io mi possa
osservare dall'esterno, come se fossi già separato da quel grumo di carne e ossa che è
il corpo... come se già non mi appartenesse più.
Come ora, mi sentivo mostruoso, mi colpevolizzavo: io avevo avuto quell'incidente, io
avevo sfondato il parabrezza con la testa, io avevo alterato irreversibilmente i
lineamenti del mio viso, io avevo fatto in modo di perdere Miranda.
Avevo visto abbastanza film e letto un buon numero di romanzi gotici per sapere quale
fosse l'ultima fermata, prima della totale pazzia. Non rimaneva altra alternativa;
infatti, dopo aver fallito il mio primo tentativo di suicidio, non avevo più avuto le
palle per riprovarci... né per ricominciare a vivere!
Feci le incisioni sul retro di un vassoio d'argento, appartenuto alla dote di mia madre,
secoli fa, quando si sposò (solo perché papà l'aveva "messa nei guai",
chiaro!).
Utilizzai la stessa lama con cui mi ero reciso le vene... produceva sul metallo un rumore
stridente che bucava le orecchie e strizzava i coglioni.
"Welcome", lo scrissi in alto, "Goodbye", in basso; incisi
"Yes" a sinistra e "No" a destra.
Nel mezzo, a fatica, incisi le lettere dell'alfabeto, su due file, poi i numeri. Era la
mia tavoletta OUIJA!
Per non perdere tempo in altre cazzate, ricorsi ad un bicchiere invece del classico
indicatore a forma di freccia, dotato di rotellina, che scivola sulla tavoletta, indicando
il volere degli spiriti.
Mi sedetti, accesi una candela e ruppi il silenzio, chiamandoLo: "Satana, Bastardo,
voglio parlare con te!", non ebbi risposta; tentai un approccio più invitante:
"Vuoi parlarmi, Satana? Puoi parlarmi?", niente...
"Parla, cazzo!" , urlai...
Il bicchiere vibrò, tremò, ballò sotto l'indice della mia mano sinistra e si frantumò;
chiesi di nuovo "Sei qui?".
Nessuna voce udibile replicò, ma sentivo chiara e forte la risposta nella mia mente: un
lungo e sospirato "sì".
"Voglio venderti la mia Anima!", so che le trattative non si conducono così, ma
non mi venne in mente nulla di più originale. Il Demonio chiese cosa desiderassi in
cambio, "Toglimi le cicatrici e dammi Miranda!".
Se avessi saputo come sarebbe andata a finire, avrei chiesto di possedere tre quarti del
mondo (un quarto l'avrei lasciato a qualcun'altro, giusto per il piacere di vedermi più
ricco e potente).
Mi svegliai a letto, convinto di aver sognato tutto e pensando di aver fumato pesantemente
la sera prima.
Davanti allo specchio, rimasi immobile a scrutarmi il viso per dieci minuti buoni,
incapace di crederci: la mia faccia era priva di cicatrici!
I ricordi che seguono sono confusi, sfasati, accavallati... non potrei mai ricostruire i
fatti con precisione.
E' nitida l'immagine del giorno in cui mi accorsi che qualcosa si metteva male. Stavo
preparando del caffè; come d'abitudine, accesi prima il fornello e feci un giochetto che
era quasi un rito: passai la mano sinistra sopra la fiamma. Era una cosa che ripetevo ad
ogni occasione perché il fuoco mi aveva sempre affascinato.
Quella volta, qualcosa dentro di me scattò; ripassai la mano sopra la fiamma due volte,
sempre più lentamente, finché, la terza volta, non fui capace di togliere il palmo dal
fuoco.
Non fui capace! Sapevo che fosse una cosa idiota, sentivo il calore e il dolore della
carne che brucia, urlavo, ma non potevo spostare l'arto da quel fornello! la cosa fu più
rapida di quanto non sembri...
Spensi la fiamma con la mano "libera" e mi gettai sotto un fiotto d'acqua gelida
che sgorgava dal rubinetto, poco distante da me; "Sono un cretino", pensai, e
misi la caffettiera sul fuoco.
Non so quanti episodi del genere mi capitarono: non fermarmi ad un semaforo rosso, non
riuscire a smettere di mangiare, o di bere, cominciare a correre come un disperato... e
cose del genere.
Riuscii a collegare il tutto quando sul mio viso apparve una cicatrice rossastra e
infiammata, che si estendeva per tutta la guancia, dall'occhio destro al mento.
Fu come un flash, realizzai che avevo veramente venduto l'anima per un paio di scopate con
una sgualdrina (già, Miranda si stancò presto del mio letto) e ora il Diavolo si
prendeva la contropartita... m'aveva fottuto, come da copione.
Da allora i ricordi si affievoliscono; istante dopo istante, Satana si impossessò della
mia anima, della mia mente e del mio corpo, riprendendosi ciò che mi aveva concesso e
lasciandomi solo questo barlume di lucidità.
L'ha fatto perché potessi rendermi conto che ogni azione compiuta, in realtà, veniva
eseguita da un io indipendente dalla mia volontà.
Mi ha concesso il dieci per cento della ragione perché è sufficiente a soffrire per ciò
che sono costretto a fare, perché sguazzo nel rimorso e Lucifero gode.
Questo piccolo spazio concesso alla mia coscienza potrebbe servire per farmi pentire... e
per farmi realizzare immediatamente dopo che ogni ponte con Dio è distrutto. Dio non
sente più le mie grida sorde.
Non ho più un Dio al quale chiedere perdono...
Che cazzo ci faccio ora, con una pistola puntata su mia madre?
L'ho pestata.
Ho picchiato mia madre che, imperterrita, ha continuato a pregare.
Prega per darmi forza.
Carico la pistola.
Tendo il braccio; ho i nervi a fior di pelle.
Non voglio mollare così, non voglio essere uno schiavo.
Ho voltato le spalle alla vita, al mondo e a Dio... è arrivato il momento di mostrare il
culo anche a Satana.
Punto l'arma, sparo.
Il proiettile mi trapassa la tempia; lo sento scivolare, caldo e liscio, attraverso il
cervello.
Muoio.
Guardami, Stronzo, guarda il tuo schiavo ribelle... che te ne fai ora di un'anima
disubbidiente che ti ha battuto?