(Ottobre/novembre 1992)
Le
sensazioni ed i ricordi ancora si affollano nella mia mente e non riesco a dare ad essi
una forma ordinata, concreta, tantè ancora lemozione e soprattutto lo
scoramento per dover essere costretto a scrivere al passato. Di me e di Te. Ho aspettato
affinché tu potessi tornare e restare vivo tra noi con il tuo sorriso generoso. Ho
immaginato tante volte la scena: la tua macchina che arriva veloce e come al solito si
ferma con una brusca frenata, poi il rumore del freno a mano tirato energicamente. Apri la
porta di casa, e - come facevi sempre - dimenticando di chiuderla, entri. Siamo un bel pò
oltre la mezzanotte, io sono nel salotto davanti alla tivù per vedere gli ultimi tiggì.
Tu - vedendo la mia faccia stupita e sorpresa - mi dici: Eh, ve lho fatta. Non
dire niente a nessuno. Voglio vedere le facce di tutti domani mattina. No, purtroppo
le facce di tutti noi portano ancora i segni del dolore, mamma e papà sono invecchiati di
colpo. Renaldo e Turindo si sono buttati a capofitto nel lavoro.
Ho voluto prendere un pò di tempo per scrivere di te. Volevo togliere dai miei pensieri e
dalle mie emozioni la fisicità di una perdita, il senso di una mancanza materiale,
dellimpossibilità di corrispondere. Di litigare. Di amare. Di comunicare. Sto
cercando di trovare dei modi per continuare a vivere io insieme a te. Può essere, questo,
un qualcosa per inventare più agilmente e facilmente i motivi per andare avanti,
continuare a vivere e a soffrire. Ad esistere. Per rendere omaggio ad una breve vita ricca
di affetti, di generosità, di spirito di sacrificio, di dolcezza umana e di stile. Di
allegria e di un istintivo senso dellumorismo. Che odiava le usanze. Che amava i
bambini, pieno comeri di voglia di vivere, di combattere senza mai arrendersi,
disperarsi, imprecare o maledire la sorte. Con lottimismo dei ventanni.
Innamorato dellidea stessa della sfida.
Era arrivata a sorpresa solo per il calendario quella giornata dellestate del 1992.
Con la temperatura già alta nessuno di noi vi aveva fatto caso. E dalla nostra casa di
Sgarroni si sentiva ora un fruscio dali, ora un cinguettio duccelli o si
poteva vedere il silenzioso volo di una bianca farfalla. Davanti, a far da panorama
prossimo biancheria stesa ad asciugare, solito vento sbarazzino giocante fra i rami e più
forte sul cocuzzolo sul quale poggia la nostra casa, candide nubi in cielo sereno, dalla
strada il rombo lontano di un motore... Ed un sabato sera da dedicare ad una pizza, una
festa.
Ti avevo visto per un intero pomeriggio lavare il tuo camion, poi nel corridoio al
telefono con Paola. Ti lasciai così... Turindo era andato a mangiarsi una pizza con gli
amici e si troverà su quella maledetta Statale a Ponte Barizzo e ti vedrà morire.
Renaldo stava con Ida a Reggio Emilia. Papà, mamma e Mario dopo la consueta dura giornata
di lavoro, avevano guardato un pò la tv e poi erano andati a dormire. Non è facile per
me misurarmi con la tua figura. Tra noi cerano dodici anni di differenza. La mia era
lultima generazione che ricordava qualcosa del vecchio mondo contadino, che era
andata anche tante volte ai Tenimenti a pascolare le capre. Che tiene ben impressa nella
mente la Sgarroni attraversata da una precaria stradetta destate piena di polvere e
dinverno invasa da veri e propri fiumi dacqua e di fango. La tua era già la
generazione della tivù e della motorizzazione di massa. E tu amavi talmente tanto
parlarne di ruspe, escavatori, trattori, automobili.
Era il tuo mondo. Il mio, no. La mia
testa era (ed è) attraversata fortemente da questo conflitto lacerante tra il mondo
agreste e le tecnologie. La zappa ed il computer. Distruggere e conservare. Sperare nel
nuovo che potrà portare il Parco Nazionale del Cilento, il turismo, lagricoltura di
qualità. Fantasie... Ma al Nord hanno già i soldi mi dicevi. Questo mio stress ed
inquietudine non ti appartenevano. Sai, quella notte e quella terribile prima mattinata
del 21 giugno io le ho attraversate volando. Non ricordo. Ho dentro di me solo la corsa
verso lOspedale di Battipaglia senza sapere cosera successo. Turindo che mi
annuncia - proprio là davanti - che tu te neri andato e poi Antonio Guerra che mi
tira dentro la sua macchina - prima che io stramazzi a terra - e subito dopo in un bar
della Variante tenterà di farmi bere una camomilla. Lentrata in quel bar ebbe
qualcosa di surreale. Un fratello ti ha appena detto che hai perso un fratello e
lamico premuroso ti costringe ad entrare e tu - che non hai la forza per argomentare
un rifiuto e che tenti di aggrapparti a mille specchi per conservare un minimo di
comportamento normale. No, dopo qualche sorso bevuto diventando un automa sono ritornato
in me... e una lama affilata è entrata dentro il mio corpo. Forse lì mi sono reso conto
per la prima volta di quel chera successo. Poi, usciti dal bar e tornati nella
macchina il pensiero corse velocemente a papà e mamma, chissà doverano. Quella
mezzora da Battipaglia ad Altavilla è diventata interminabile. I pensieri più
strani affollavano la mia mente. Sono questi frangenti che ti fanno davvero fare i conti
con la tua vita. Poi larrivo a casa, i parenti già quasi tutti lì e quelli che
mancavano alle 3 - 4 di notte, zio Turindo li chiamava tutti ed io sentivo e potevo
immaginare la sorpresa di chi veniva strappato dal sonno da quella notizia... Ma fino alle
6 sembrò tutto un sogno, poi con il giorno la tragedia cominciò a disegnarsi nelle sue
orrende fattezze. Il vuoto - assoluto ed irreversibile - per me è cominciato da
quellultima volta che ti ho visto, purtroppo inanime, al centro tanatologico
dellOspedale di Battipaglia. Eufemismo, per dire semplicemente obitorio.
Lilluminazione consisteva in scarsi e freddi tubi al neon. Intorno a te cerano
salme che segnalavano vite finite nel modo più disparato e disperato. Non era stato fatto
alcuno sforzo per rendere allegro lambiente. Daltronde sia chi giaceva sui
letti di marmo che chi andava a riprendersi i corpi aveva ampiamente superato il punto in
cui lapparenza poteva ancora servire da consolazione.
Mentre ero lì ebbi la netta percezione della irreparabilità della perdita. E scoppiai in
un pianto a dirotto. Credo daver perso in quel momento qualsiasi percezione del
tempo. Ma per quanto può bastare piangere? E poi lo strazio di andarti a scegliere la
bara. Non la dimenticherò nelle poche ore che sostò qui a casa tua. Con i miei sforzi
penosi per convincermi - mentre la guardavo - che tu ti eri trasformato in quei bellissimi
fiori che la tua Paola aveva voluto metterti sopra. Tu fosti uno degli ultimi a nascere in
casa. Poi venne la serie delle cliniche. Era l1 febbraio del 1972
nellabitazione più vecchia della contrada Sgarroni, quella che era già stata dei
nostri avi, di nonno Rosario e poi nostra.
Dai balconi e dalle finestre di quella casa si vede lAlburno maestoso, un bel pò
della striscia azzurra del Calore, la bella collina della Tempa della Guardia. Venisti su
da sempre con un carattere indipendente e vivace. Avevi gli occhi vispi, luminosi, pieni
di curiosità e di naturale intelligenza. A questo aggiungevi unaria sbarazzina e
scanzonata, da scugnizzo. Ho dentro di me alcune scene. Quella sera del terremoto del
1980, quando tu con papà foste gli ultimi a capire di che si trattava e solo dopo varie
urla usciste tutti e due fuori dalla cucina. E quellaltra volta che tu che appena
appena ti muovevi da solo (avevi due/tre anni) quando ti trovarono che già eri a metà
del guado del fiume Calore perché ti eri accorto che dallaltra parte cera
Renaldo e volevi andarlo a raggiungere. Ed in questo fatto cerano i tratti del tuo
carattere. Ed era quasi una predestinazione. Non ti piaceva stare fermo ed avevi la
risposta pronta per tutto e tutti. Sai, mi ricordo bene lultima volta che abbiamo
discusso. Doveva essere il 5 o il 6 giugno. La campagna elettorale di Altavilla stava
finendo e tu mi annunciasti - in anticipo - che mi sarebbe andata male. Lo vuoi capire sì
o no che devi farti i bigliettini con il tuo nome e girare casa per casa. La prossima
volta voglio mettermi io e farò così. Voglio vedere... Era difficile farti capire il mio
spirito decouberteniano. Dellimportante è partecipare. Tu volevi subito vincere. Ma
la sorte e le coincidenze non vollero ed interruppero la tua rincorsa.
sabato, giugno 21, 2003
La descrizione di un avvenimento che ha fortemente condizionato la mia vita. L'ho scritto pochi mesi dopo l'avvenimento.