Ciò che i
cinque sensi non riescono a percepire è stato per molto tempo ignorato dall'umanità.
Ultrasuoni, ultravioletti, infrarossi, gli stessi campi magnetici sono stati, per secoli,
ritenuti opera magica. Oggi la scienza moderna ha indubbiamente tolto il velo di mistero
da molte delle cose bizzarre che ci circondano ma il numero di quelle non ancora
registrate è, credetemi, assai più vasto di quanto si possa credere e, nonostante io sia
cosciente del fatto che alcuni di questi fenomeni potrebbero spiegare almeno in parte ciò
che ho conosciuto, sono assolutamente sicuro nell'affermare che dietro alle mie esperienze
si cela qualcosa di diverso, di deleterio per le stesse leggi della fisica.
Non ho memoria della prima volta che notai una di quelle che d'ora in avanti chiamerò
"forme" ma so per certo che è capitato a tutti di imbattersi, prima o poi, in
una di queste. È altresì indubbio che chiunque le abbia notate, abbia poi sorriso di
ciò che si sono apparentemente rivelate.
L'utilizzo del termine "apparentemente", trova giustificazione nel fatto che so,
ormai per certo, che quella di mostrare all'occhio di chi le osserva una verità comoda e
tranquillizzante altro non è che una tecnica difensiva.
Cercherò di essere più chiaro e darò cronaca di una delle mie esperienze più
importanti così da rendere comprensibile a tutti, ciò di cui sto parlando.
L'evento in questione si verificò in un parco della città in cui vivevo. L'orologio
segnava circa le ventitré ed io mi trovavo in compagnia di alcuni amici coi quali si
discuteva del più e del meno bevendo una birra su di una panchina. Questa non mancava di
emettere i suoi striduli cigolii ogni qualvolta uno di noi si muovesse ma il fatto non
c'infastidiva come avrebbe dovuto forse perché rappresentava l'unico suono, oltre
naturalmente alle nostre voci, che ci riuscisse di sentire quella notte. Il parco era
deserto da circa un'ora e la strada era troppo lontana per spingere fino a noi il rumore
delle sue auto. Eravamo incredibilmente isolati dal resto del mondo pur essendo nel cuore
di una grande città.
Fu allora che, muovendo lo sguardo fra i tronchi delle querce, notai il curioso fenomeno.
La debole luce gialla dei lampioni si spingeva tra le sagome degli alberi disegnando ai
piedi di questi un groviglio di luci ed ombre e al centro di quel caos notai quasi subito
una forma. Appariva come la sagoma di un piccolo uomo accovacciato nell'erba ed era tanto
verosimile che in un primo momento accese in me un lampo di tensione. Ad uno sguardo più
attento compresi, o meglio mi parve di comprendere, che altro non era che una fortuita
combinazione di ciuffi d'erba, ombre e radici disposti tanto bene da ingannare i miei
occhi. Feci notare agli altri ciò che avevo visto a non più di venti passi dalla
panchina sulla quale eravamo seduti ed essi convennero sull'evidente somiglianza tra le
figure.
Alcuni istanti dopo tornammo alla nostra discussione e le bottiglie di birra si
incontrarono per un brindisi producendo un simpatico tintinnio. Ricordo che l'argomento
era il film che la sera precedente avevamo visto al cinema, si parlava di quanto fosse
bella quell'attrice o di quanto fosse stato bravo il regista a imprigionare un po' della
sua vita nella pellicola.
Mi accorsi, mentre gli altri parlavano animatamente, che sentivo il bisogno fisico di
controllare la forma che pochi minuti prima avevo scoperto. Poggiai lo sguardo nel punto
ormai noto e avvertii che qualcosa non andava. Ebbi come la sensazione che la figura tra
l'erba fosse più vicina alla panchina e in posizione vagamente diversa da come la
ricordavo.
Me ne stupii molto ma, temendo di essere preso per matto, non dissi nulla. Meditai sul
fatto che uno spostamento simile si sarebbe potuto verificare se a creare il disegno fosse
stato il sole: i suoi raggi arrivando da posizioni diverse durante la giornata avrebbero,
certo, permesso alla forma tra l'erba di simulare un movimento. Ma come potevano i
lampioni, ancorati alla stessa terra che sosteneva gli alberi, riuscire a spostare con la
loro luce quella figura?
Non seppi darmi risposta e ciò mi preoccupò ulteriormente costringendomi a controllare
in continuazione la forma che stava là, immobile nell'attesa di una mia distrazione onde
potersi avvicinare.
Cercai di prestare maggior attenzione ai discorsi che coinvolgevano il gruppo per non
pensare alla cosa e vi riuscii non senza fatica. Trascorse così una mezz'oretta
abbondante ma, quando ci alzammo per andarcene, inevitabilmente l'occhio mi cadde sul
solito punto sotto gli alberi e la sorpresa mi colse in pieno nel rendermi conto che della
forma non v'era più traccia. Pensai che forse era visibile solo dalla panchina per
ragioni di angolazione ma una volta risedutomi ottenni solo lo sguardo interrogativo degli
altri che si allontanavano in direzione della strada.
Dopo quella sera, ho cambiato atteggiamento nei confronti di quelle che, fino ad allora,
mi erano sempre apparse come illusioni ottiche e ogni qual volta mi è capitato di
scorgerne una, l'ho studiata attentamente, quasi ad accertarmi che non si comportasse in
modo strano.
Certo, il solo pensiero che un'illusione di quel tipo possa avere un comportamento mi
impone di dubitare della mia ragione ma purtroppo dopo quella prima esperienza ho ottenuto
fin troppi spunti per non credere in quello che ho scoperto.
Nei mesi a seguire non mancarono le occasioni di studio del fenomeno e anche se con
cautela, per non destare dubbi in chi mi stava intorno, cominciai a utilizzare la macchina
fotografica come strumento di caccia. In poco tempo sono arrivato a riempire una parete di
casa mia di sequenze fotografiche che documentano l'indagine. Quel muro è diventato un
grande archivio di situazioni, su di esso si possono notare le forme più strane mentre
pazientemente si avvicinano agli esseri umani certe di non correre rischi.
Ho documentato una moltitudine di queste azioni e tra esse ve ne sono alcune che
sbalordirebbero persino il più scettico degli scienziati. Una di queste è senza dubbio
quella in cui ho immortalato, in sei fotografie scattate ad intervalli di cinque minuti,
una forma somigliante ad una grossa mano impressa nella sabbia di una spiaggia. La forma
si avvicina sempre di più all'asciugamano su cui una ragazza in topless prende il sole.
Nelle foto si può chiaramente notare come le "dita" della forma cambiano
posizione come se fossero utilizzate in qualità di zampe per consentire il movimento.
L'ultima foto ritrae la ragazza mentre tossisce seduta sull'asciugamano e le pieghe di
questo vanno a formare esattamente la figura che la foto precedente mostra a pochi
centimetri di sabbia dalla sua vittima.
Da questi casi mi è stato facile indovinare quale sia la ragione che guida quelle forme
nell'avvicinare gli uomini: in un modo a me ignoto rubano il fiato a coloro coi quali
entrano in contatto e inducono l'ignara preda ad un lieve soffocamento.
Tale ipotesi è confermata da tutte le serie che ho scattato in seguito per arrivare
addirittura al caso in cui un uomo anziano che, seduto al tavolo di un bar, ha rischiato
la morte a causa dell'incontro con una forma orribile, in apparenza disegnata sul
pavimento del locale dalla luce che filtrava tra le tende.
Il problema è che negli ultimi tempi gli avvistamenti si sono incredibilmente
intensificati e, a differenza di quelli che ho fotografato fino a poche settimane fa,
questi sono tutti attacchi diretti a me. Se all'inizio una sola forma mi si avvicinava con
la sua regolare lentezza, nei casi più recenti ho potuto notare decine di forme in
movimento che cercano di raggiungermi più rapidamente del consueto.
L'ipotesi che mi pare più plausibile è che le forme si siano accorte del mio lavoro e,
vedendo in me una minaccia alla loro esistenza, mi attacchino in branco per eliminarmi.
Nell'ultima settimana ho subito aggressioni così feroci e continue da indurmi a cercare
un rifugio ove le forme non possano arrivare. Il posto migliore che mi è venuto in mente
è quello in cui vivo ormai da tre giorni.
Un amico possiede questa barca a vela e con una scusa banale gli ho chiesto di poter
passare una settimana a bordo, ancorato a trecento metri dalla riva. Non è mancata la
curiosità nei confronti di un'iniziativa tanto affrettata e inconsueta per quello che è
il mio modo di vivere ma con una serie di scuse ben congeniate ho allontanato tutti i
dubbi ottenendo di poter sopravvivere in mezzo al mare.
Anche se sono certo che le forme non siano in grado di superare i trecento metri d'acqua
che ci separano devo comunque riconoscere che non potrò rifugiarmi in questo eremo
galleggiante ancora per molto ed allora farò meglio ad avere un buon posto dove
trascorrere il mio esilio.