Profumo di datteri

Driiin… Driiinn…
Giacomo andò ad aprire la porta.
"Andrea… Finalmente…"
"Giacomo, vuoi spiegarmi cosa è successo? Guardati, sei bianco come un lenzuolo…"
"Io… Oh mio Dio… Io…" Giacomo crollò per terra.
"Oh Signore!" Andrea si chinò a raccogliere l'amico e lo adagiò sul divano.
"Andrea … io… io…"
"Vuoi calmarti??!! Respira. A Fondo. Bravo, così… rilassati, eh? Calmo…"
"La statuetta… la statuetta… Lei.. Dirmi… Uccidere… Sangue…" Giacomo cominciò a piangere.
"Smettila! Cosa stai dicendo?? Che statuetta? Di cosa parli?"
"La statuetta …di Tefnut… Monica…" balbettò Giacomo.
"Cosa?"
"Lei mi parlava… Mi ha fatto vedere… Lei…"
"Dannazione a te e le tue cianfrusaglie egizie… Di cosa stai parlando?"
"Tefnut… è una dea.. non è egizia, è …è… L'INFERNO! LA DANNAZIONE!" Giacomo fu sconvolto da fremiti, ricevendosi un paio di schiaffi da Andrea.
"SMETTILA! COSA STAI DICENDO!?"
"Tefnut… Lei si è lasciata vedere da me… è bellissima… non avevo mai visto così tanta bellezza e sensualità in una donna… Mi ha parlato…"
"Cristo, Giacomo, lo sapevo che alla fine quelle chincaglierie t'avrebbero fatto girare il boccino!"
"NO! NON CAPISCI! Tefnut… La sua voce… pensi a posti lontani, inenarrabili, sole e luna, vento e mare calmo, liscio azzurro, datteri… Tefnut…"
Andrea andò al mobiletto bar e prese due bicchieri e una bottiglia di whisky. Versò una dose generosa ad entrambi.
"Vedi.. Tefnut è bellissima… ma è anche gelosa… Molto gelosa, Non vuole altra gente, altre rivali...Come se potesse averne... è gelosa... gelosa…" Ricominciò a piangere.
Andrea si sentì trafiggere il midollo da mille aghi ghiacciati.
"Giacomo… Dov'è Monica? Non dovrebbe essere in casa?"
"Io… Gelosa.. gelosa…"

"GIACOMO! DOV'E' MONICA???" Urlò Andrea alzandosi di scatto.
"Tefnut… Non vuole altri.. è di uno e uno solo… sacrificio… sangue.. sangue…" Piagnucolò Giacomo.
"Oh no… no… Dio no!" Urlò Andrea lasciando cadere il bicchiere per terra.
L'uomo corse per tutte le stanze della casa, gridando il nome della moglie dell'amico.
"MONICA! MONICA! MON…" Si bloccò di colpo innanzi alla porta della camera da letto. Il suo primo e poco coerente pensiero fu di chiedersi se Giacomo avesse ritinteggiato la camera.
Rosso, ovunque. Sangue. In alcuni punti si stava già coagulando e diventando marrone.
Gli occhi dell'uomo videro il motivo dello sfacelo.
Monica.
Distesa nel letto.
Le viscere appese come allegri festoni alla testata del letto.
Le gambe cedettero e lo stomaco anche.
Steso per terra, la mente confusa e pieno di brividi, Andrea urlò e urlò ancora…
Cosa aveva fatto impazzire il suo amico, mite e devoto alla propria moglie, in quel modo?
Si rialzò e fece per uscire dalla camera quando inciampò in una statuetta.
Vinto l'impulso di darle un calcio, si chinò a raccoglierla.
"Sei tu che hai fatto impazzire Giacomo?" chiese incoerentemente alla statuetta.
E d'un tratto le narici dell'uomo si riempirono di profumi esotici, inebrianti: dattero e sabbia, salsedine e incenso.
Gli occhi si ritrovarono ad osservare un tramonto splendido, tra le palme e la spiaggia. E lì, in cima ad una duna, intenta a fissare il mare e le galee che lo solcavano, stava una donna.
Andrea emise un grido disarticolato e lasciò cadere la statuetta che toccò terra con un colpo sordo.
Si mise a correre, ma non riuscì a fare più di un passo che una voce lo bloccò.
"Andrea… Vieni… non vedi il sole? Non vedi il mare? Ascoltami… ascoltami".
L'uomo ascoltò. Era la voce più suadente e sensuale che avesse mai udito. Calda tenera e dolce… una voce melodiosa, del paradiso. Ad ascoltarla attentamente però vi si trovava un qualcosa di inquietante, qualcosa di… sporco, orribile, quasi come il passare di mille scarafaggi sulla pietra e o milioni di vermi in un cadavere…
"Andrea, non aver paura, raccoglimi… e guardami…".
La statuetta fu raccolta e Andrea vide. Vide.
Palme esotiche, spiagge bianche e lunghissime, odore di datteri e lei. Tefnut. Nessuna descrizione le renderebbe merito. La bellezza, il desiderio e la sensualità raccolti in unico corpo. Lei era Tefnut.
Millenni d'orrore, sacrifici e odio e sangue sparso. Lei era Tefnut.
"Io sono Tefnut. E voglio te. Solo te e nessun altro"
"Sì", rispose flebilmente Andrea.
Con la statuetta tra le mani, tornò in soggiorno.
Sul divano Giacomo era un po' più calmo.
"L'hai trovata… l'hai trovata! La mia Tefnut… Finalmente appartiene solo a me!" disse Giacomo piangendo di gioia come un bambino.
Senza preavviso o meditazione, Andrea prese il pesante posacenere di marmo sul tavolino e lo calò con tutta la forza disponibile sul cranio di Giacomo, facendolo quasi esplodere.
Guardò la materia grigia dell'uomo scivolare lungo la pelle nera del divano.
Lo guardò e disse:
"Tefnut è mia. Vuole me e nessun altro."
Sangue e sacrificio. Lei è Tefnut.

Emanuele Raitano