Dalla
fessura delle imposte penetrava un filo di luce, proiettato da unalba pallida e
primaverile.
Il dolore la fece arricciare su se stessa fino a toccarsi le ginocchia con le mani per poi
abbandonarla a fitte penetranti allaltezza dei reni.
Quando la coperta si scostò, scalciata via nella foga dellennesimo dolore
lancinante, da una delle gambe esili della donna sdraiata nel letto, una pancia segnata da
meridiani e paralleli di cellule pigmentate si defilò gonfia e fremente. Le mani
artigliavano le lenzuola quando una nuova contrazione arrivava a scuoterle il fisico,
mentre gemiti di disperazione le uscivano dalle labbra socchiuse e inaridite dallo sforzo.
Lo vedeva ancora nitidamente davanti a sé, in uno dei pochi ricordi coscienti che le era
rimasto da quella maledetta sera. Lui che le cingeva i fianchi e la fissava con quegli
occhi neri ed irreali, mentre le sue pupille acquisivano una profondità inquietante e la
tuffavano in un mondo fatto di fiamme dai colori iridescenti. Un mondo dal quale lei
avrebbe voluto fuggire, ma nel quale lui laveva ingabbiata con quello sguardo
satanico. Due settimane dopo il medico aveva confermato la gravidanza in atto, e in pochi
giorni lessere aveva cominciato a farsi sentire, violento e indomito dentro al
ventre.
La pelle tesa si muoveva ad ondate spinta da una forza sottostante che la spostava, la
strattonava, la maltrattava. Improvvisamente si lacerò, tutto intorno allombelico,
trasformandosi prima in segni rossastri e poi in vere e proprie ferite, che, lacerate,
sanguinavano e pulsavano.
Il grido attraversò la stanza, ma nessuno la sentì. Non la sentirono invocare aiuto, né
urlare di dolore quando gli artigli sottili perforarono e dilaniarono la muscolatura
addominale per farsi largo allesterno, né udirono il gemito diabolico
dellessere, che liberatosi dal bozzolo di quel corpo umano, prendeva confidenza con
il mondo.