Howard
aprì gli occhi.
Fuori la notte volgeva al suo termine, di pari passo con la sua vita.
Moriva povero e senza gloria, scrittore per l'altrui firma o per riempire le scialbe
pagine di qualche rivista amatoriale.
Le fitte allo stomaco, laceranti e improvvise, s'acuivano in intensità e frequenza,
concedendogli sempre meno istanti di sofferta ma lucida razionalità.
Tumore all'intestino in fase terminale, aveva amaramente sancito il dottor Brown.
Era solo in quella stanza dell'ospedale, il silenzio si faceva insopportabile.
Nonostante le molteplici raccomandazioni dei medici, si alzò faticosamente in piedi, per
affacciarsi alla finestra.
L'alba biancheggiava in fondo alle tenebre, sopra i tetti e le guglie della vecchia
Providence, la sua città, la città che amava, nella quale era nato e nella quale...
Oscuramente divertito, aggiornò il calendario ponendo il suo epitaffio sopra le idi di
marzo.
Si voltò di scatto verso un angolo buio della stanza, con circospezione mosse qualche
passo in quella direzione, per poi bloccarsi, immobile a contemplarlo...
Era lì, il "passaggio", Howard lo aspettava da tanto, troppo tempo.
Poteva solo immaginare cosa si trovasse oltre, quella era la via che aveva cercato per
tutta la vita, la sua fuga attraverso le stelle che adornano la nera chioma della
galassia, attraverso le barocche fantasie dell'universo immateriale.
Eccitato ma sottilmente malinconico, Howard, diede un ultimo intenso sguardo al suo corpo
morente, per poi lanciarsi negli abissi del sogno.
In quella notte morente, una nera cometa tagliò il cielo, sollevando il canto blasfemo di
mille creature d'incubo che l'attendevano eccitati al margine della plumbea foresta...