Mi sveglio
su un Veliero Nero deserto e naufragante, nell'oscurità più pura.
Non un alito di vento mi sfiora, ma il vascello fila sulle onde come un richiamo per
l'inferno.
Braci accese d'occhi d'esseri giganteschi appaiono a tratti; fissano la nave, ma senza
attaccarla, quasi ne avvertissero la maledizione.
E i razzi di segnalazione che provo a lanciare si spengono contro la volta del cielo come
schioccati secchi da lingue di rettili saettanti.
Finché il cielo si spalanca, e ci sono le stelle, filo spinato di stelle contro il cielo
nudo, e sotto le stelle le luci di una città, come cocci di bottiglia.
La nave si è arenata dove stagnano odore acre dolciastro d'animali morti, bave di
detergenti, veli di plastica soffocanti.
Gli esseri giganteschi sono ratti irsuti. L'approdo una discarica. E il Vascello un
veliero in bottiglia
Cosi', che io dorma o vegli, vago prigioniero d'una dimensione corsara e uterina; le mie
stesse vele, nate per respirare il vento, m'impediscono di uscire da questo silenzio di
cristallo...