La prima
immagine che vide, dopo aver ripreso conoscenza, fu quella del vomito che lento e
vischioso gli scendeva sul petto. Milo aveva le gambe spezzate, ma stranamente non sentiva
dolore. La Fiat 500, dopo il violento scarto a destra cui era seguito un vorticoso
testacoda, era precipitata in quel canale d'acqua putrescente ed ora Milo si trovava lì,
sperduto nell'umida pianura padana, incastrato in quella cazzo di macchina, senza alcuna
possibilità di chiedere aiuto, mentre il livello dell'acqua, all'interno dell'abitacolo,
stava salendo con preoccupante velocità.
Tutto attorno silenzio.
Il canale era sufficientemente profondo da celare l'auto alla vista dei pochi
automobilisti, che a quell'ora della notte sarebbero transitati sulla strada sovrastante.
Milo respirava a fatica, l'impatto gli aveva procurato inevitabili lesioni interne.
<Meglio non muoversi... qualcuno verrà a soccorrermi!>, pensò.
Svenne, si riprese, svenne nuovamente e poi nuovamente riprese conoscenza. Non aveva idea
di quanto tempo avesse trascorso in quello stato, ma di colpo il dolore iniziò a farsi
sentire; fitte lancinanti alle gambe e ad un polmone. Sputò neri grumi di sangue e poco
dopo vomitò per la seconda volta.
Improvvisamente un fruscio nell'erba. <C'è qualcuno? Aiuto!> Dal parabrezza
infranto vide un'ombra. Sulle prime non riuscì a distinguere la figura che si muoveva
strisciando a pelo d'acqua. Quella... cosa, con il corpo ricoperto da uno spesso strato di
muschio nero, strisciò sul cofano e calandosi dal cruscotto giunse a pochi centimetri dal
volto del ragazzo.
< Ma che diavolo... Dio mio che cazzo è?!>, sussurrò Milo.
<Una vita ti è stata data ma tu, amico mio, nell'alcool l'hai sprecata! Io sono colui
che recupera anime... le recupero per la mia nera padrona...>, sibilò la creatura
carezzando, con la sua mucida mano, la testa del ragazzo. Istantaneamente il giovane cuore
di Milo cessò di battere e la pianura ripiombò nel suo notturno silenzio.