Anguille

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003

Maurizio si svegliò. Aveva sete. Bevve una sorsata dalla bottiglia sul comodino, ma era calda da fare schifo. Avrebbe bevuto volentieri dell'acqua dal frigo, ma lì dentro c'erano quelle bestiacce schifose, quelle anguille viscide che sua moglie aveva comprato al mercato del pesce. Lei adorava quella porcheria.
L'indomani, rientrando dal turno di pulizie notturne al supermercato, le avrebbe decapitate, ripulite delle interiora e cucinato la sua deliziosa frittura.
Quelle serpi nere provenivano da uno dei fiumi più inquinati che esistevano al mondo, ma questo nè lui nè sua moglie lo sapevano.
Si riaddormentò, sprofondando in un sonno inquieto popolato di incubi dalle forme sinuose e striscianti.
Si risvegliò e aveva la nausea.
Si mise a sedere in mezzo al letto. Una testolina nera e lucida, con occhietti indescrivibilmente malevoli lo fissava, mentre la spirale di un corpo serpiforme, altrettanto nero e viscido, si srotolava sulla sua gamba e si allungava repentinamente sulla coscia. Maurizio, gli occhi sbarrati dal terrore e dal ribrezzo, scalciò liberandosi da quella cosa immonda, e istintivamente si ritrasse a sedere sul cuscino.

Il letto, il pavimento, erano tutto uno strisciare di anguille, le piccole fauci spalancate, le rosse gengive scoperte a mostrare miriadi di piccoli denti aguzzi, pronte a mordere la loro vittima. Un orrore ancestrale spinse Maurizio a lanciarsi giù dal letto, calpestare quelle serpi molliccie e scivolose e scappare via.
Liberò un potente conato di vomito, mentre continuava a scivolare e rialzarsi, e quelle cose immonde lo mordevano a ripetizione.
Giunto nella cucina si bloccò, ipnotizzato dalla luce che proveniva dal frigo aperto.
Ebbe la grazia di morire d'infarto prima che la massa oscura e scagliosa di quell'essere demoniaco terminasse di scivolarne fuori, prima che quella testa lucida di anguilla mutante, a metà strada tra una vipera e una donnola, lo azzannasse ai testicoli.

Domenico Nigro