La spina
dorsale infiammata si estrae autonomamente dalla pelle, vola come un serpente ossuto ed
iniziano a spuntargli miriadi di protuberanze ripugnanti alla vista; esco di casa alla
ricerca dell'equilibrio corporeo smarrito, ma la mia corsa si ferma davanti ad un
castello.
Una principessa incredibilmente grassa mi invita ad entrare, tutt'intorno vedo persone che
banchettano e che lavorano, alcuni operano al ponte levatoio, altri alle capanne, altri
ancora passeggiano indaffarati in questo microcosmo operoso.
Un uomo cade ai miei piedi ed implora di portarlo dove i corpi smettano di esistere, ma lo
stesso uomo è rapito da alcune guardie che si trasformano, dopo pochi metri, soltanto nel
rumore dei passi.
Mi accarezzo la schiena, ma non è altro che un ammasso di carne molliccia che, senza
nessun intento programmatico, si muove a scatti; vengo condotto in una grande sala piena
di cuscini e nuvole rosse all'altezza del soffitto.
Donne portanti dei vassoi ricolmi di organi umani sono poste ai lati della sala, uno
strano essere verde ha la mia spina dorsale, corro per impossessarmene, ma non ce la
faccio, è già sparito!
Le donne ai lati si avvicinano a me ed iniziano, posando i vassoi ricolmi di organi, a
scrivermi sul corpo con dei grandi pennarelli neri, tracciano unicamente delle linee; la
grassa donna si gratta le gambe sudate ed attende di poter vedere il lavoro delle sue
ancelle.
Tutti roteano intorno a me fin quando compare di nuovo il mostricciatolo verde con la mia
spina dorsale; gli anelli sono sempre più rossi e sembrano le sporgenze di un
triceratopo, sono ostacolato dai trombettieri e dalle donne che, nel frattempo, mi
accerchiano sempre più da vicino.
Scappo gettando in terra i vassoi con gli organi:
"Anna, il corpo è incurabile quando si ammala di perversione".