Stazione Spaziale Demetra, Avamposto Militare dellEsercito
dei Sistemi Uniti. Sistema di Ras al-Ghul.
Equipaggio della guarnigione: 1 legionario, 1 intelletto celeste.
Sono ancora
qua, intento a scrutare in stereofonia multisensoriale lo spettacolo maestoso e terribile
di questo sistema spaventoso. Attraverso il filtro surriscaldato del giunto neurale di
cristallo, il cavo ottico di connessione alla strumentazione della base riversa
informazioni ad elevata densità nel mio innesto craniale. Il flusso di dati travolge i
miei pensieri con la sua ormai consueta regolarità: la musica che mi assale è una
partitura di rumore bianco, prodotta dalla fusione del vagito a 3 Kelvin dell'Universo
nascente con il ruggito del vento solare. La sinestesia culla i miei sensi, effimero
inganno per l'inquietudine che mi pervade.
Da sei mesi mi trovo quaggiù, in esilio nellangolo più remoto della Galassia.
Sei mesi di vigilanza cautelativa, in orbita attorno a un globo desolato ripulito a suon
di detonazioni termonucleari nel corso delle fasi finali del sacro conflitto con gli
alieni Powindah. Armaghast: remoto gemello della Terra, in rivoluzione nel sistema
stellare più spaventoso che si conosca, dominato da una gigante azzurra 100 volte più
massiva del vecchio Sole dellumanità e avvolto nellinquietante alone di una
maledizione più antica delluomo. Le uniche tracce di vita in superficie
rappresentate da selve di licheni e tappeti di muschiazzurro. Negli oceani diverse forme
di amebidi, protozoidi e alghe. Nel complesso un ecosistema tuttaltro che
monocromatico, eppure stagnante e primordiale. La forma di pensiero più evoluta è
incapace di articolare un linguaggio più complesso della mimica corporea, né sa
concepire unidea che prescinda dal fisiologico ciclo nutrizionale. E su tutto,
demiurgo dei crepuscoli infuocati e principale fonte di energia e angoscia del sistema,
incombe lui, il mostro.
Ras al-Ghul: la Testa del Diavolo. Così venne battezzato il sole nella lingua dei
progenitori dall'Osservatorio Celeste dell'Ecumene. 20 parsec di distanza dal più vicino
teleporter della Rete dei Mondi, isola cosmica al di là della vacuità che forma il Mare
della Notte. Ciclopiche protuberanze si sollevano dal plasma della fotosfera irradiante
fino a duecentomila chilometri di quota, e raffreddandosi nella cromosfera ripiovono sulla
superficie sotto forma di immani archi di parabola, sprigionando giganteschi vortici di
candide fiamme. Macchie più scure vagano sulla superficie ardente in arcipelaghi di
relativa calma termica, laddove il complesso campo magnetico del Demonio collassa
improvvisamente sulla stella. La corona, percorsa dalle onde durto supersoniche dei
moti convettivi, si va stemperando progressivamente verso lorbita della prima fascia
asteroidale, raffreddandosi secondo le solite leggi esponenziali che governano
lirraggiamento.
Flares improvvise scagliano particelle ionizzate lungo i percorsi
elettrici dellultraradiazione: il vento solare si alza dalla superficie a 50mila
gradi assoluti, e sospinto dalla frenetica attività magnetofluidodinamica spira verso il
corteo di oggetti planetari che ne formano lentourage. Sette pianeti col loro
corredo di satelliti, una miriade di corpuscoli inferiori raccolti in tre cinture
asteroidali ricche di metalli preziosi e la nube di Oort più vasta che si conosca.
Sei mesi di silenzio e solitudine, di comunione virtuale e preghiere, di placida attesa e
abituale ascolto delle emissioni radio ad elevato contenuto energetico, trascorsi nella
più totale monotonia fino a quando tre giorni fa Lilith, lintelletto cybernetico
che presiede lavamposto e ne amministra le funzionalità, si è rinchiusa in un
ostinato silenzio. Quasi si fosse addormentata, abbandonata ad un sonno cybernetico
analogo ad un idle time profondo
Ormai, le connessioni al wetware mi sono precluse,
e la virtuale è una bolla surreale in statica attesa-sterile proiezione del mio
inconscio. Ho regolato in modalità di risparmio energetico tutti i sistemi, e adesso mi
limito alle doti della vista in una banda limitata di frequenza per l'osservazione del
sistema. Le indicazioni di stato lampeggiano lentamente, in sovrimpressione sulla retina.
Tutto è in regola.
Il globo grigio-azzurro incombe minaccioso sul fragile organometallo della stazione
spaziale.
Ripenso ossessivamente alla maledizione di Armaghast.
Lultima intercettazione di una scia parabolica di distorsione risale a oltre due
mesi fa. Un transito a quasi mezzo parsec da Ras al-Ghul. Probabilmente era un veicolo di
ispezione alieno, ma da quel giorno nessun altro contatto è stato rilevato dai sistemi di
coordinazione. Ormai ho perso ogni speranza di riattivare le comunicazioni. I sistemi di
emergenza garantiranno la mia sopravvivenza per altre due settimane, forse. Non nutro
speranze che una cellula di soccorso mi raggiunga prima di tale termine: non mi rimarrà
dunque altra soluzione che lanimazione sospesa nellunità criogenica.
Tic-toc. Tic-toc. Tic-toc. Improvvisamente, un rumore insistito mi richiama alla realtà.
Improvvisamente, qualcosa ha spezzato il silenzio sepolcrale delle ultime ore.
Tic-toc. Tic-toc
come se qualcuno avesse rimesso in moto il mio conta-cicli
meccanico, un regalo del nonno, cimelio della mia infanzia e di unepoca
irreversibilmente perduta. Secoli fa, su un pianeta lontano ricoperto di verde, in orbita
attorno ad un altro sole generatore di vita, mio nonno mi regalò questo oscuro oggetto
meccanico risalente ai tempi della sua giovinezza. Fin da subito ero stato attratto dal
suo funzionamento apparentemente inspiegabile, e ancora adesso non posso evitare di essere
ipnotizzato dalle sue oscillazioni regolari, costanti, imperturbabili.
Intenzionato a scoprire la sorgente di questa inattesa intrusione nellordine delle
cose, disinserisco il cavo dal jack neurale e mi dirigo verso il modulo abitativo. Nella
bassa gravità indotta, i passi riecheggiano spettrali nella gelida penombra del
corridoio.
Tic-toc. Tic-toc. Armaghast, maledetto tumulo cosmico!
Entrando nel modulo, un brivido viscido alieno insinuatosi sottopelle mi
percorre la schiena. Seduto alla scrivania, la barba canuta e bianca, mio nonno mi fissa
con sguardo distaccato. E intanto continua a giocare con il suo dono.