The book

Da alcuni giorni ero entrato in possesso di quel testo maledetto.
Avevo conosciuto quello strano venditore, che vagava di paese in paese, proponendo la sua insolita merce, l'anno precedente. Mi avvicinai a lui ed alla sua piccola carovana, piena di misteriosi amuelti, durante il mercato che si teneva a Lifeornot. Ero lì per curiosità, avevo delle stoffe da vendere perchè intendevo realizzare dei soldi per acquistare un cavallo.
In paese la gente mi evitava ed io uscivo di rado e solo di notte.
I miei studi erano temuti dalla gente ignorante ed erano aborriti dai colti.
Gli esperimenti che facevo e gli studi che seguivo mi avevano avvicinato moltissimo alle misteriose arti dell'occultismo.
Iniziai vent'anni prima, ero poco più che un ragazzo, grazie ad un vecchio libraio che aiutavo nei pomeriggi ad organizzare la sua bottega.
Alla sua morte, mi lasciò diversi testi per i quali non avevo mai nascosto un interesse quasi morboso.
Si trattava di alchimia, testi di pratiche magiche, libri esoterici.
Rimasto orfano lo stesso anno, mi chiusi in casa a studiare quei libri così affasciananti e così misteriosi.
Fortunatamente la mia famiglia vantava molti possedimenti e parecchie terre per cui la mia sopravvivenza economica non fu mai un problema.
Inoltre avevo avuto la possibilità di studiare molto, opportunità riservata solamente ad altri cinque ragazzi del mio paese.
Questa mia preparazione di base mi fu indispensabile per poter tentare di capire e di comprendere quei testi.
Così trascorsi sei anni prima di aver imparato ogni insegnamento custodito in quei testi.
Avevo imparato le basi della magia, come incanalare l'energia all'interno del proprio organismo e come piegarla al proprio volere.
Ero in grado di gestire i miei sogni e di valicare con facilità il cancello di Ganzir, che separa la nostra dimensione dalle infinite altre che esistono.
Quando mi ritrovavo la sera tarda a leggere e a studiare, con le finestre socchiuse ed una piccola lampada a petrolio accesa accanto a me, udivo le dicerie della gente che passava nei dintorni.

Tutti attraversavano la strada per non transitare sotto alla mia finestra. Le nonne minacciavano i nipotini dicendo che, se non avessero fatto i bravi, li avrebbero portati dal mago. Da me!
Facevo paura alla gente, euppure le mie intenzioni erano solo quelle di conoscere la verità e di non morire nell'ignoranza, come sarebbe inevitabilmente accaduto a quei meschini analfabeti.
Immagino che il volgo temesse soprattutto le esplosioni ed i fumi che talvolta si sprigionavano da casa mia, alcune volte provocati da reazioni chimiche che mi servivano per creare alcune sostanze, altre volte, come risposta alle mie invocazioni.
Quando incontrai quel venditore, il quale mi aveva dato appuntamento all'anno successivo, era pomeriggio.
La gente non era abituata a vedermi in giro alla luce del giorno ed ogni mio passo era accompagnato da un continuo vociferare.
L'anno prima avevo chiesto a Nastan Remot, mentre risaliva sulla sua carovana, se fosse in grando di trovare anche un testo particolare.
Cercavo, ormai da due anni, il "Jihada Laned", un libro, temuto, di magia nera, messo all'Indice e distrutto, in quasi ogni sua copia, durante plateali roghi anti eresia.
Egli sorridendo, in modo subdolo, mi informò che un amico sarebbe stato in grado di fargli avere l'ultima copia salvatasi. Ma sarebbe occorsa una notevole somma di denaro.
Accettai immediatamente, senza nemmeno valutare la mia disponibilità economica, immaginando, forse inconsciamente, che avrei potuto cedere qualche mia proprietà.
Il misterioso Nastan Remot mi diede così appuntamento alla fiera di Lifeornot per l'anno successivo.
Trascorsi tutto l'anno in febbrile attesa, chiedendomi, ogni giorno, se sarebbe stato in grado di mantenere la promessa fatta.
Passavo le ore notturne ad immaginarmi gli eventuali contenuti maledicendo l'ignoranza e l'ipocrisia della Chiesa che bruciava testi importanti come quello.
Non condividevo assolutamente la distruzione di libri, portatori di sapere, anche se di ideali opposti al proprio. Si trattava sempre di conoscienze e l'uomo ne aveva bisogno.
Sarei stato favorevole a raccoglierli e custodirli, dandoli in studio solamente a gente erudita, capace di comprenderli.
Invece la Chiesa sbagliava ancora ed i roghi terminati da meno di due secoli, avevano ucciso persone e distrutto per sempre la verità.
A pochi mesi dalla fiera, avevo già, in casa, il denaro necessario per pagare il libro.
Mi sentivo pronto per attingere la verità, blasfema e rinnegata dal mondo, custodita tra le sue pagine.
Quando mi avvicinai alla sua carovana lui mi riconobbe immediatamente.
"Si può dire che sia tornato solamente per lei." Sorrise in modo talmente subdolo che mi fece rabbrividire.
Osservai per un istante i suoi denti, nascosti dalla barba bianca arruffata. "Vuol dire che ha il libro con se?" Gli domandai.
"Eccolo." Disse porgendomelo dopo averlo raccolto estraendolo da una coperta.
Era proprio lui. Scritto parzialmente in latino ed in greco, su pagine di pergamena rinsecchita, dalla copertina in pelle nera conciata.
"Lei è consapevole del suo valore, vero?" Mi domandò. "Certo, con quello che lo pago..." Sorrisi. "Piuttosto, lei non ha avuto paura di essere rapinato durante la strada?"
"No. In pochi conoscono il vero potere di questo libro e quasi nessuno sa che ne esiste ancora una copia. Ad ogni modo, anch'io mi so difendere." Mi rispose, mentre osservavo l'esigua corporatura di quell'anziano signore.
"Bene, abbiamo parlato troppo, ha i soldi?" "Certo." "Grazie. Non credo che avrà mai più bisogno d'altro. Vada." Mi disse per congedarmi.
Avrei voluto parlare di più con lui, domandargli chi fosse il suo amico, se aveva altri libri simili, chiedergli cosa singificasse quello strano medaglione che portava al collo, ma non ne fui in grado.
Ero comunque soddisfatto per l'aquisto. Tenendo il libro avvolto nella coperta raggiunsi il mio studio e mi misi subito a leggerlo.
Già nella prima pagina vi era una formula che mi annotai su di un foglio e che nascosi subito in uno dei segreti del mio scrittoio.
Serviva per purificarsi e per sgombrare le mente prima iniziare l'apprendimento della conocenza.
Le pagine mi risultavano di non immediata comprensione ma la motivazione a capirne i segreti cresceva in me con estrema rapidità.
Rilessi più volte alcuni passi e quando incontravo cose di cui non ero a conoscenza o quando mi imbattevo in argomenti sui quali non ero troppo preparato abbandonavo la lettura per cercare nella fornitissima biblioteca di famiglia un testo specifico per colmare le mie lacune.
I giorni passarono e mi sentivo sempre più vicino alla verità ed alla conoscenza. I miei poteri magici erano migliorati, riuscivo a gestire molta più energia di prima e raggiungevo la concentrazione necessaria per gestirla più velocemente.
Una sera, superata la prima metà del libro, notai un fastidioso formicolio alle gambe. Erano settimane che non camminavo ed il mio organismo ne risentiva.
L'unico tragitto che percorrevo era quello che separava il mio scrittoio dalla stanza dei servizi.
Anche le provviste di cibo scarseggiavano e decisi di dedicare una mattina a risistemare un poco le cose.
Il pomeriggio ritornai a sedere di fronte al libro. Il formicolio riprese con intensità maggiore e dovetti massaggiarmi a lungo le gambe per diminuire il fastido.
Al risveglio il mattino sucessivo il formicolio si era trasformato in un vero e proprio crampo e feci fatica a raggiungere lo scrittoio sul quale poggiava il libro.
Continuai nella lettura, ancora per alcuni giorni, fino a quando dovetti rinunciare ad alzarmi. Trascinai così quel testo magico sul mio letto, per poter proseguire la lettura da sdraiato.
Le gambe mi facevano sempre più male ed anche le mani erano diventate pallide.
Avevo l'impressione che non circolasse più bene il sangue nelle mie gambe.
Il dolore lancinate che provavo ormi anche all'altezza delle coscie aumentava ogni volta che voltavo pagina.
Provavo una sensazione, come se infiniti aghi, invisibili ed arroventati, penetrassero nella mia carne e venissero spinti da altri più all'interno delle membra fino a che anche questi fossero scomparsi dentro al mio corpo.
Eppure trovavo ancora la forza per proseguire. Le verità e le conoscenze che avevo aquisito fino a quel momento mi avevano aperto la mente a rivelazioni ancora più grandi e questo mi motivava a continuare lo studio.
Notai, il giorno successivo, che la punta delle dita del piede sinistro sprigionavano pus giallo scuro dando inizio ad una cancrena che sarebbe sicuramente divenuta cronica.
Non avevo più sensibilità nel piede e nemmeno quando schiacciavo le dita, ad una ad una, per far fuoriscire i liquidi purulenti mi provocava dolore.
Il continuo, crescente ed insopportabile dolore era invece concentrato sulle mie gambe. Non potevo più nemmeno sfiorarne la pelle e anche lo stare sdraiato sul letto incominciava a farmi impazzire.
Altri tre giorni passarono. La putrefazione del mio piede aveva sprigionato una sostanza plasmatica maleodorante e l'orribile moncherino osseo coperto da carne marcia che portavo attaccato alla caviglia si era incollato alle lenzuola di lino bianco, macchiandole di rosso e giallo.
Non potevo più sopportare la mia decomposizione. Nonostante il dolore non perdevo i sensi. Quando fui sufficientemente in forze per sollevare la testa dal cuscino del letto, madido di sudore, osservai le mie gambe.
Entrambe erano divorate da piccolissime larve gialle che si muovevano spasmodicamente strappando micro brandelli di carne e di fibra muscolare. Non mi potevo più muovere.
Le dite delle mani erano pressochè paralizzate ed anche il movimento delle braccia risultava impacciato.
Lasciando ricadere la testa sul cuscino notai, sopra di me, il busto dell'armatura di un cavaliere, mio antenato e le sue armi appese sul muro.
Con gli occhi gonfi e la pelle irritata per la barba cresciuta, come anche i capelli, ad una velocità inumana nel corso delle ultime ore, decisi di tentare di impugnare la spada.
Tesi il braccio destro più in alto che potevo, seguendo il muro ruvido sopra la mia testa. Toccai la lama della spada. Era ancorata al muro tramite un corda, la quale, a sua volta, restva appesa ad un chiodo.
Strattonai più volte senza riuscire a fare troppa forza, afferrandola solo per la lama, ma fortunatamente la spada cadde.
Ripresi fiato perchè, in seguito allo sforzo, era diventato affannoso. Tentai di raddrizzarmi per sedere, con la schiena ricoperta da profonde piaghe, appoggiata alla testata in ferro battuto del letto.
Rischai di perdere i sensi; ma una strana energia, di natura a me sconosciuta, mi diede la forza e lo spirito per resistere.
Il mio movimento aveva fatto sì che alcuni lembi di carne si fossero staccati rimanendo incollati alle lenzuola. L'odore di marcio e di morte che permeava la stanza avrebbe sicuramente stordito chiunque fosse entrato; ma, essendone ormai prigioniero da settimane, ne ero assuefatto.
Con tutta la forza rimasta in corpo impugnai la spada e decisi di amputarmi la gamba sinistra poco sopra al ginocchio dove la necrosi non aveva ancora attecchito.
Sebbene la lama fosse affilata e tagliente come nuova non fui in grado di sferrare un colpo netto tale da separare il mio corpo dalla gamba. La ferita infertami però mi aveva fatto perdere una copiosa quantità di sangue, privandomi di altra preziosa forza. Il delirio che ormai guidava i miei gesti mi aveva fatto insistere nello sferrare colpi sulla coscia e sentivo che l'osso iniziava a scheggiarsi.
Se avessi impiegato meno tempo nei tentativi di recuperare la spada forse la decomposizione non avrebbe raggiunto il ginocchio ed avrei potuto separare la gamba sotto alla rotula senza incontrare la resistenza dell'osso.
Procedendo come un automa per alcune decine di interminabili minuti, fui in grado di separare definitivamente la gamba dal resto del mio corpo.
Mi abbandonai, subito dopo, alla disperazione ed alla ragione. Durante la mia follia avevo fatto cadere il libro a terra e, riaprendo gli occhi, avevo capito di essere diventato cieco in seguito ad un aumento della pressione sanguigna.
Compresi, in un attimo di lucidità, che non ero assolutamente pronto come credevo alla lettura di quel testo blasfemo ed orribile. Il suo potere era ingestibile per una persona come me.
La cecità non mi avrebbe permesso di leggere le ultime due pagine del libro, nemmeno se, gettandomi giù dal letto, lo avessi raggiunto, rotolando e strisciando come un mostro informe.
Non mi restava che urlare la mia disperazione, consapevole che questo gesto avrebbe terrorizzato ulteriormente chi poteva trovarsi nei dintorni.
Un dolore fortissimo mi trafisse lo stomaco. Le mie mani, dalla mobilità oramai inesistente, corsero istintivamente sulla zona colpita. Sentii la pelle aprirsi, lacerandosi come tagliata da una lama affilata. Solo con il tatto, confuso dal gravissimo e intollerabile dolore, fui in grado di capire che un tentacolo viscido, ricoperto da dure scaglie ossee, stava uscendo dal mio corpo.
Ringraziai di essere cieco a causa di quel glaucoma e di non poter vedere quell'orribile creatura che avevo dato alla luce, partorendo un demone dopo aver permesso alla mia mente di essere fecondata da una lettura perfida e sacrilega.

Luigi Bavagnoli