Il libro dei conti

Aveva messo mano al libro fin dal tardo pomeriggio. Era quasi il 10 gennaio e i conti dell'anno precedente andavano chiusi.
Terminato il lavoro aveva lentamente assorbito le informazioni ottenute, rigirandosele nella mente a piccole dosi, centellinandole; le aveva infine giudicate addirittura peggiori di quanto gli fossero apparse in un primo momento.
La situazione era drammatica.
Settantuno cene in un anno. Per un totale di 4911 euro. Un incubo.
Come aveva potuto permetterlo?
Tredici fine settimana in agriturismi vari. Per un totale di 3130 euro. Un colpo al cuore.
Ma che cosa gli era passato per la mente?
Anselmo, curvo sopra la scrivania male illuminata, non staccava gli occhi dalle pagine usurate del suo libro dei conti adorato, fedele compagno della prima sera. Quanto tempo aveva passato ad annotarci sopra con cura tutte le spese effettuate, i movimenti bancari, e i chilometri percorsi con la sua auto?
Tutte quelle necessarie per fare un buon lavoro si era risposto.
In fondo era quello che sapeva fare meglio, no? Annotare, fare i conti, quadrare, gestire le spese, organizzare. Era o non era un ragioniere?
Sì, lo era. Soprattutto con se stesso. E che c'è di male?
Posò nuovamente lo sguardo sulle pagine del suo amico. La tabella col resoconto di fine anno. Voleva quasi mettersi a piangere.
Spese Eccezionali. Collier d'oro per il compleanno. Totale di 2800 euro.
Disperazione.
Ferie. Crociera tardo estiva sul Mediterraneo. Totale 2200 euro.
Tragedia delle tragedie.
Proprio non riusciva a spiegarsi il perché. Perché era successo? Perché si era lasciato così andare?
Chilometri percorsi totali 27.000. 2113 euro di benzina.
Oh Dio! Dio mio! gemette distrutto.
Eppure, si disse, non doveva andare così, non era stato previsto.
Sfogliò il libro alla ricerca della pagina delle Previsioni Annuali.
Ecco!
Era scritto lì, a penna nera, scolpito nella pagina al termine dell'anno 2001:

 

Previsioni Anno 2002:
Risparmi: +18.000 euro - Totale Liquidità a fine anno: 109.000 euro

Ecco! Quella era la previsione. Era così che avrebbe dovuto essere. Quelli erano i risultati da raggiungere. Sfogliò il libro in avanti, tornando alla pagina del resoconto di fine anno. Fece dei paragoni tra le previsioni e la realtà. Provò quasi un dolore fisico nel constatare il disfacimento delle cifre da poco calcolate.
Gli cadde l'occhio sulla pagina di dicembre lì a fianco.
Capodanno: 813 euro.
Che tormento. Noooo…
In quell'istante il telefono squillò, l'urlo gli morì in testa.
"Pronto" disse Anselmo con voce stanca.
"Ciao" disse poi.
"Sì."
"Sì."
"Va bene."
"Alle otto?"
"Nessun problema."
"Sì."
"Sì."
"Sì."
"Ciao."
Riattaccò.
Aveva la gola secca. Il cuore che batteva a mille.
E se si fosse guardato allo specchio, ne era sicuro, si sarebbe scoperto porpora in volto. Per non parlare del rigonfiamento duro che gli era cresciuto in mezzo alle gambe.
Ecco! Ecco qual è il problema, si disse. Chiaro e semplice.
L'hai ammesso finalmente! echeggiò una voce nella sua testa.
Chi aveva parlato? Lui? O era stato il libro dei conti a farlo?
Non sarebbe stata la prima volta.
Spesso gli sembrava che le pagine sfogliate gli sussurrassero nelle orecchie.
Siamo le tue uniche amiche, gli dicevano.
Fidati di noi. Noi non mentiamo. Noi non ci facciamo influenzare da fattori esterni. Noi ti diciamo come stanno realmente le cose.
Noi proteggiamo i tuoi progetti. Noi difendiamo i tuoi sogni.
Fidati.

E lui si era sempre fidato. Fino ad un anno esatto prima, fino a quando era arrivata…
No, meglio non pensarci.
Perché? Perché è meglio non pensarci?
No, non voglio.
Non è così che ne uscirai. Lo sai. Guarda le cifre. Guardale. Va male. Va molto male.
Cosa gli stava dicendo il libro? Cosa voleva che lui facesse?
Fai qualcosa. Ritorna in carreggiata. Ferma questa emorragia. Non permettere che accada ancora, né oggi né in futuro…
Cosa doveva fare? Come poteva uscirne?
Io posso dirti come, disse il libro.
Anselmo avvicinò l'orecchio alle pagine.

 

Il libro aveva parlato. Lui l'aveva ascoltato.
Ora aveva paura. Paura che le parole del libro fossero vere. Paura di quello che l'avrebbe aspettato.
Ma aveva i suoi progetti da difendere, progetti che si stavano allontanando sempre di più. E i suoi sogni? Che fine avrebbero fatto se non si fosse deciso ad agire, a seguire la via del libro?
Eppure doveva esserci un altro modo…
Tornò ad esaminare le pagine di fine anno, centimetro per centimetro, saltando di quadretto in quadretto, vagliando, riconsiderando, ricalcolando, alla ricerca di una soluzione alternativa a quella già presa.
Non la trovò. Non c'era alternativa.
Pianse.
E quando smise di piangere fece la telefonata che andava fatta.
Poi andò in bagno.

 

Seduto sulla poltrona era scosso da brividi freddi. Provava dolore.
Lanciava sguardi verso il libro in cerca d'aiuto. Era chiuso, appoggiato sopra il tavolo, silenzioso e tranquillo.
Guardò l'orologio: le otto e quarantatré. Ritardo. Sempre in ritardo.
Nervoso?
No, per nulla.
Hai agito bene. Fidati. Insieme ne usciremo. Vedrai.
Fidati.
Sì, mi fido.
Il campanello all'ingresso trillò.
Anselmo si alzò in piedi e camminò verso la porta a grandi passi, per darsi sicurezza.
Fidati. Andrà tutto bene.
Aprì e se la ritrovò di fronte, più bella che mai. E anche più arrabbiata di sempre.
"Entra", le disse scostandosi.
Lei avanzò, sculettando divina fino al centro della stanza, la sigaretta nervosa tra le labbra carnose, i seni arroganti strizzati nel corpetto in velluto. Batteva a terra con lo stivale dal tacco chilometrico ed evitava di guardarlo in faccia, preferendo fissare un punto non meglio precisato sulla parete.
Fidati.
Lui chiuse la porta, le si avvicinò.
"Allora, perché mai mi hai fatto venire qui? Non potevi venirmi a prendere tu com'eravamo d'accordo?" chiese lei tagliente, lo sguardo ghiacciato in direzione della parete, il bel volto distorto da curve di rabbia.
Strano, pensò Anselmo, adesso non mi fa più nessun effetto. E' come se avesse perso i suoi poteri. Come se non li avesse mai avuti. Il suo amico aveva avuto ragione.
Guardò in direzione del quaderno dei conti, gli sorrise contento.
"Ti hanno tagliato la lingua?" chiese lei. "Mi vuoi rispondere?"
La fissò e non provò nulla.
E lei avrà mai provato qualcosa di vero per me? Mi avrà mai trovato realmente interessante? pensò.
Di sicuro non oggi. Oggi era come se lui fosse invisibile, poco più di un minuscolo punticino con cui prendersela.
Lei non aveva notato la chiazze rosso scuro. Qualcuna, piccola, per terra, altre stagnanti sulla poltrona, altre ancora che gli macchiavano i pantaloni all'altezza del pube e giù per le gambe. Non gli aveva chiesto come stava o cos'avesse fatto in giornata. Niente di niente. Solo critiche e scenate di rabbia; e poi sarebbero arrivate le consuete e continue richieste di soldi. Di attenzioni. Di regali. Come sempre del resto.
Guardandola ora, Anselmo si rese conto di aver preso la decisione giusta.
Fino in fondo. Vai fino in fondo. Fidati.
Sì, andare fino in fondo, così com'era andato a fondo e sparito l'orrido pezzo di carne che le aveva consentito di dominarlo così a lungo. Farsi risucchiare dalle acque purificatrici. Sì, andare fino in fondo.
Vai fino in fondo. Fidati.

 

Anselmo avanzò. Nascosta dietro la schiena, la mano sinistra continuava a giocare con la taglierina sporca di sangue. Il suo. Anselmo avanzò ancora, pronto a portare a termine il suo lavoro.
Fidati.
Era giunto il momento di dare un taglio netto alle spese.

Alec Valschi