Il Dott.
Aroldo quella villa aveva sempre fatto paura. L'antico maniero che sorgeva accanto alle
prime case del villaggio sembrava essere stato edificato da macabre mani. Su quella villa
di colore rosso, in stile gotico e forse era anche per questo architettonico motivo che il
vederla sembrava cosa ancor più bizzarra, aleggiava una sorta d'alone misterioso. Ogni
qualvolta si trovava a passarvici davanti, Aroldo non poteva esimersi dal sospirare.
< Mi piacerebbe vedere cosa diavolo c'è la dentro!>, borbottava tra se il giovane
medico condotto del villaggio. Ad accrescere tale curiosità ci si mettevano le strane
voci che circolavano sulla casa. Prime fra tutte il fatto che nessuno nel villaggio, non
aveva mai visto persone aggirarsi dietro a quelle impolverate finestre. Anzi con molte
probabilità in quella casa non ci aveva mai abitato nessuno. Si diceva inoltre che
nessuno sembrava essere in grado di ricordare quando questa fosse stata costruita. Ma la
gente di quel piccolo villaggio abbarbicato sulle pendici dell'Appennino aveva ben altri
pensieri cui dedicarsi. La miseria aleggiava sovrana e il lavoro sui ripidi campi
rendevano le loro già disgraziate esistenze, insopportabili. Solo Aroldo, da quando era
arrivato lassù con l'incarico di medico condotto, sembrava scervellarsi per carpire il
mistero del vetusto edificio.
Fu in una notte d'inverno dell'anno 1888 che il Dott. Aroldo decise di mettere la parola
fine all'arcano. Salito a cavallo il giovane medico si diresse verso il paese con
l'intenzione di penetrare all'interno dell'antica villa. Aroldo era giunto a tale
decisione dopo aver costatato suo malgrado che quella stramaledetta casa aveva il potere
di toglierli il sonno.
< Forse sono soltanto un povero illuso>, sussurrava tra sè, < ma questa faccenda
deve pur finire!>.
La villa rossa sorgeva sulla strada maestra, difesa a strenuo modo dal mondo esterno da
una decadente cancellata. Aroldo vi giunse sul calare delle tenebre. Con gesti lenti ma
decisi scese da cavallo. Accese la sua lanterna a petrolio e alzatala sopra alle spalle
entrò in quella misteriosa proprietà infilandosi attraverso il contorto cancello
d'ingresso.
Avvicinandosi alla casa Aroldo cercava, per quanto gli fosse ancora possibile, di restare
calmo. La luce tremolante della lanterna illuminava i suoi incerti passi. Giunto sulla
soglia del portone d'ingresso, il giovane medico allungò esitante la mano. Con una
leggera spinta la porta si dischiuse e Aroldo, col cuore in procinto di esplodergli nel
petto, entrò. All'interno l'oscurità regnava sovrana. Aroldo poteva debolmente
distinguere l'arredo scarno del maniero. Improvvisamente una debole musica aleggiò
nell'aria mentre la porta si richiuse sbattendo alle sue spalle. Aroldo sobbalzò dallo
spavento e la lanterna gli cadde dalle mani. Adesso aveva davvero paura. Disorientato
dallo strano evento Aroldo s'incamminò verso quella che sembrava essere la fonte della
musica. Salì il grande scalone che conduceva ai piani superiori. Attraversò un lungo
corridoio sino a giungere in un vasto salone, sul fondo al quale grossi ceppi di legno
bruciavano scoppiettando all'interno di un sontuoso camino. Sulle prime Aroldo non si
accorse di lui. Poi d'improvviso una voce tenebrosa lo destò da quell'improvviso stato
d'inspiegabile torpore.
< Benvenuto, Dott. Aroldo
è da molto tempo che t'aspettavo
>. La voce di
quell'uomo misterioso celava in sè qualcosa di terribile.
< Tu
tu chi sei
e come fai a conoscere il mio nome?>, balbettò il
giovane medico impietrito dalla paura.
< Come si fa a non conoscere il diligente Dott.Aroldo, medico condotto di questo
fottuto villaggio dimenticato da tutti
eh
eh!>. Solo una parte del suo
scarno volto era illuminata dal bagliore del fuoco.
< Io sono un vecchio concittadino, da molti dimenticato e da tutti temuto!>.
< Mi dispiace deludere il tuo grottesco narcisismo, ma io non ti conosco per
niente!>, replicò Aroldo cercando di reggere quella sinistra situazione. Un debole
scricchiolio della poltrona indicò che l'uomo si era alzato. Con passo lento e
febbricitante il misterioso abitante della casa rossa si mostrò alla luce. Aroldo rimase
impietrito. L'uomo, una figura scarna con un cranio innaturalmente allungato, occhi
liquidi immersi in un volto incartapecorito sembrava l'essenza stessa del male. < La
tua curiosità, amico mio, sarà la tua fine
>.
< Cosa intendi dire?>, rispose Aroldo trattenendosi a stento dal gridare.
< Non ti sei mai chiesto perché l'inutile popolazione di questo villaggio evita la
casa? Non ti sei mai chiesto perché nessuno ne vuole parlare? Non ti sei mai chiesto
perché in questo villaggio non si vedono bambini?>. Soltanto in quel preciso momento
Aroldo s'accorse di quella bizzarra anomalia. Infatti, da quando era giunto in quello
sperduto villaggio nessuna donna si era presentata al suo studio in stato di gravidanza.
Solo in quel momento il giovane dottore si rese conto che quel demone orripilante aveva
ragione. In tutto il paese non aveva mai visto bambini!
< Lo sguardo patetico che noto stampato sul tuo volto, conferma che le mie parole hanno
centrato il punto!>, sibilò l'uomo nei cui occhi era apparsa una luce sinistra. < I
bambini sono solo pupazzi ed io sono colui che di pupazzi se ne ciba!>. Improvvisamente
centinaia di candele, poste su numerosi candelabri dalle fattezze grottesche, presero a
splendere infondendo nella sala una luce abbagliante. Solo in quel preciso istante Aroldo
si rese conto di dove si trovava. Appesi al soffitto pendevano decine di piccoli cadaveri.
Alcuni di loro erano come mummificati. Corpi rinsecchiti e maleodoranti. Tra quei poveri
resti dondolanti Aroldo riconobbe numerosi feti. Il giovane dottore cercò di fuggire da
quel vero e proprio girone infernale ma la porta della sala era scomparsa, inghiottita
nella parete! < E' da lungo tempo che in questo schifoso villaggio non si danno alla
luce piccoli bastardi succosi! La fame sta diventando insopportabile ed è per questo
motivo che la tua presenza qui mi riempie di gioia. Ma la gioia non è in grado di
riempirmi la pancia
ed è per questo, mio buon visitatore, che ho deciso di mutare
le regole di questa casa
eh
eh!>, sibilò l'uomo il cui volto si era
orribilmente trasformato in un ringhio colmo di zanne aguzze.
Aroldo non fece a tempo ad accorgersi di ciò che gli stava accadendo. Il suo ultimo
ricordo fu quello di un dolore lancinante che gli invadeva il corpo. In pochi istanti il
giovane medico si ritrovò appeso al soffitto accanto alle decine di piccoli cadaveri
putrescenti, mentre dallo stomaco squarciato le sue viscere colavano gorgogliando sul
freddo pavimento.