Ophelia
uscì di casa. Una mattina qualunque. Una mattina monotona, priva di aspettative. Una
mattina, acida e tetra, come tutte le altre.
Un sole pallido, senza calore, spuntava da dietro una nuvola che lei, avvolta nel suo
malumore costante, conosceva ormai bene. Una nuvola grigia, piena di angoscia. Una nuvola,
specchio dell'anima... la sua. Anima affranta. Rassegnata. Sconfitta. Sottomessa alle
leggi del mondo. Quel mondo, da odiare a da amare. Quel mondo, da costruire e distruggere,
e costruire di nuovo... Quel mondo, culla di terra e di acqua... il mondo, uno dei
tanti...
Ophelia sognava, mentre assente volgeva lo sguardo alle cose che veloci passavano davanti
ai suoi occhi. Su uno stupido autobus, con della stupida gente, verso uno stupido e
squallido lavoro... sognava... e sulle ali del sogno si addormentò...
"Acqua... acqua che scorre... riesci a vederla? Sei acqua che scorre... riesci a
sentirla?"
Si svegliò di colpo con queste parole. E si accorse di aver perso più di una fermata.
Scese, e cominciò a camminare, stringendosi forte nel suo nero cappotto di lana.
Arrivò al lavoro in ritardo. Si scusò, nessuno le rivolse parola. Nessuno si degnò di
guardarla. Nemmeno un saluto.
Si sentiva invisibile, inutile, vuota. Arida e spoglia, come un albero che non ha più
frutti da dare. Terribili pensieri le vorticavano in testa. Pensieri di odio, di vendetta.
Pensieri di morte. Pensieri... solo pensieri... sciocchezze che volano al vento... e il
tempo se le porta via... Si mise a sedere alla sua scrivania. Accese il computer.
Cominciò a lavorare...
Grafici e bilanci scorrevano sullo schermo piatto. Cartelle su cartelle ammonticchiate sul
suo tavolo... un lavoro dopo l'altro, con apparente dedizione, veniva completato e
consegnato.
La giornata passò in fretta. E in fretta arrivò la sera. La sera, odore di casa. La
sera, abbraccio del ritorno. Ophelia, stancamente, si preparò. Prese tutte le sue cose e
fece un saluto ai colleghi. Il suo solito saluto, senza risposta. Delusa e amareggiata
dalla vita, che le proiettava sempre, continuamente, lo stesso film, si diresse verso la
porta.
Ma in quel momento, come per istinto, cambiò direzione e andò alla finestra. Restò
qualche minuto ad osservare il paesaggio. Amava quella vista affascinante. Da lì si
poteva vedere quasi tutta la città... con le sue luci e i suoi colori...
meravigliosamente pura, immersa nell'oscurità. Gli occhi lucidi e il cuore sazio di tanta
bellezza... fece per voltarsi e andarsene. Si girò, e si accorse che alla sua destra un
uomo la stava osservando. Un uomo che non aveva mai visto. Si chiese chi fosse. Nessuno
mai l'aveva guardata in quel modo. Non parlò. Non disse nulla, ricambiò lo sguardo,
semplicemente, intimidita.
E l'uomo fece un gesto. Un solo gesto, un braccio alzato verso il cielo, oltre il vetro
opaco della finestra. Parole, parole udite, le ricordarono il significato...
"Acqua... acqua che scorre... riesci a vederla? Sei acqua che scorre... riesci a
sentirla?"
Il giorno dopo, il giornale riportava la seguente notizia...
<< Ragazza muore gettandosi da una finestra del quindicesimo piano. Alcuni testimoni
affermano di averla sentita sussurrare, prima di gettarsi nel vuoto: "Sono acqua...
acqua che scorre..."
Un biglietto anonimo è stato trovato accanto alla finestra: "Riposa in pace adesso,
dolce Ophelia... nell'immaginario fiume della tua notte eterna... in quel mondo... uno dei
tanti... dove ogni cosa tace..." >>