Fuoco e acciaio

"Io sono Astaroth, progenie di Jabir."
La mia vita cominciò 20 anni or sono, fui il frutto dell'inganno perpetrato da un demone seguace del malefico Signore degli Inganni e della Seduzione Jabir. Mia madre era una misera mortale, ma a quanto pare la sua bellezza era tale da attirare su di sé le attenzioni di creature sovrannaturali. Ella scoprì solo dopo avermi concepito chi fosse realmente mio padre e decise di tenermi all'oscuro delle mie vere origini. E' per questo che ho vissuto per anni assaporando le gioie di un'esistenza serena immerso nella pace e nella tranquillità del mio piccolo villaggio natale.
L'uomo che per anni ho creduto essere mio padre, Richard, era stato un mercenario al servizio di non so quale esercito ed è grazie a lui che fin da bambino ho appreso l'arte della spada. Ho trascorso l'infanzia allenandomi con il mio patrigno e giocando alla guerra con i miei coetanei. Io e mio fratello Beowulf eravamo inseparabili ed imbattibili quando combattevamo fianco a fianco. Le nostre giornate trascorrevano tra gli allenamenti con nostro padre e i combattimenti tra noi per verificare chi fosse il più forte. Avevo sempre mostrato di possedere una vena sanguinaria in fondo alla mia anima, ma perlopiù si trattava di un'inspiegabile furia ed eccitazione che s'impadronivano di me quando brandivo il mio spadone colpendo a destra e a manca i bersagli scelti per gli allenamenti o i ragazzi che giocavano con me (naturalmente con loro usavo armi di legno…). Tuttavia con il passare del tempo, le cose cominciarono a cambiare, e con il compiersi del mio diciottesimo anno d'età, il mio aspetto iniziò a mutare come se mi stessi trasformando in qualcos'altro….
I miei occhi cambiarono colore e forma e divennero simili a quelli dei gatti, il mio corpo s'irrobustì notevolmente permettendomi di compiere sforzi che in passato non avrei nemmeno tentato. Anche i miei denti cominciarono a cambiare, in particolare i miei canini si fecero più lunghi e affilati, ma non erano i cambiamenti fisici le trasformazioni più rilevanti cui fui sottoposto. Anche la mia mente si evolse. Diventai subdolo e mentitore, non provavo piacere più grande che scatenare risse e litigi usando la sola forza della mia persuasione. Purtroppo qualcuno si accorse del mio modo di fare, e mentre mia madre cercava di sdrammatizzare adducendo come causa del mio agire l'incombere della maturità, il mio patrigno cominciò ad osteggiarmi apertamente.

Gli allenamenti cui continuavo a sottopormi diventavano ogni giorno più duri e massacranti come se il mio patrigno mi disprezzasse e volesse farmi morire di fatica. Una sera d'estate mi trovavo nel bosco, seduto su di un tronco spezzato ad osservare la notte rischiarata solo da una bellissima luna piena, quando all'improvviso mi voltai, allertato da un rumore alle mie spalle, per vedere un uomo che procedeva nella mia direzione. Seppur non vedendolo in faccia, distinsi chiaramente la spada che reggeva nella mano destra. D'istinto balzai all'indietro ed estrassi lo spadone che tenevo sempre dietro la schiena. L'uomo si fermò un istante e sollevata a malapena la spada disse con voce incerta: -"Muori schifoso demone!"- e mi attaccò. Parai i suoi attacchi due, tre, quattro volte, finché non mi si presentò l'occasione per reagire. Spostai di lato la sua spada con un colpo e trafissi il petto ormai sguarnito. Il sangue caldo sgorgò dalla sua ferita lungo la mia spada fin sulle mani che mai prima d'allora s'erano macchiate di sangue (almeno non direttamente…). Solo quando estrassi lo spadone dal suo petto e lasciai scivolare a terra il corpo senza vita, mi accorsi con un misto di incredulità e paura, chi era il mio assalitore, il mio patrigno!!! Avrei voluto chiedergli il perché di un atto così scellerato, ma i morti non possono parlare e così rimasi seduto in silenzio a contemplare il cadavere di colui che mi aveva cresciuto, che mi aveva insegnato a combattere, che mi era stato accanto nei momenti difficili e che aveva cercato di assassinarmi.
Trascorsi le successive due ore ad interrogarmi sulle possibili cause del suo gesto, ma anche sulla mia incapacità di provare rimorso per quello che ero stato costretto a fare. Con la spada fra le mani, con cui credevo di aver commesso un parricidio, m'incamminai verso casa. Giunto alla porta della mia modesta abitazione mia madre uscì ed ancor prima che potesse chiedermi dove fossi stato, scorse le mie mani sporche di sangue che sorreggevano uno spadone anch'esso tinto del medesimo liquido scarlatto. Senza che io dicessi niente, lei con viso rassegnato e consapevole, mi fece entrare in casa e sedere sul letto. Io rimasi in silenzio ad aspettare non so quale domanda mentre lei con un panno lavava via il sangue dalle mie mani, poi parlò: -"Richard non ce l'ha fatta vero?"-
-"Richard! Sì, quello era il nome del mio patrigno!"- -"Perché?"- -"Allora lei sapeva?"- -"Anche lei mi voleva morto!"-
-"Perché?"- -"Perché???"- Questi erano i pensieri che invadevano la mia mente, e lei, come se mi leggesse il pensiero, disse: -"Tu non sei figlio di Richard, sei figlio di un demone." S'interruppe per un istante e poi aggiunse: -"Tu sei Astaroth, progenie di Jabir!"-
La mia mente ritornò sulle nozioni di teologia impartitemi nella chiesa locale; Jabir Signore degli Inganni e della Seduzione era il massimo che potevo ricordare.
Tu sei Astaroth, progenie di Jabir! Tu sei Astaroth, progenie di Jabir! Tu sei Astaroth, progenie di Jabir! Tu sei Astaroth, progenie di Jabir! Tu sei Astaroth, progenie di Jabir!
Queste parole si contorcevano e amplificavano nel turbine di pensieri che era ormai diventata la mia testa. Fissai incredulo gli occhi di mia madre che mai avevo visto così seri e profondi quando lei cominciò a raccontarmi la storia delle mie origini. Mi disse di essere stata presa con l'inganno durante una notte di plenilunio in cui aveva offerto ospitalità ad un viandante, disse che solo una settimana dopo io ero nato e che quello stesso giorno il viandante tornò per rivelarle la sua vera identità. Mi disse che non credeva nell'ereditarietà del male e che aveva fatto di tutto per spingermi a non seguire il cammino a cui mio padre, il mio vero padre, mi aveva destinato.
Ma si sbagliava…
Le chiesi se anche mio fratello Beowulf fosse come me, ma lei affermò che era figlio suo e di Richard e mentre riflettevo su cosa il futuro avrebbe potuto riservarmi, mia madre estrasse un coltello dalla manica e cercò di colpirmi al collo. Grazie ai miei riflessi riuscii a bloccarle il polso, stringendolo con la mano finché non fu costretta ad abbandonare la presa. Mia madre cominciò a piangere e singhiozzando disse: -"Mi dispiace figlio mio ma devi morire, devi morire per il bene di questa famiglia e di questo villaggio! Non puoi continuare a vivere su questo mondo ora che la tua metà demoniaca si e' resa manifesta!"-
-"NO!"- Fu l'unica parola che risuonò nella mia mente. -"NO!"-
-"No."- Le dissi -"Sarete tu e questo villaggio che ti sta tanto a cuore a sparire, non certo io!"-
Lei smise di piangere e mi fissò terrorizzata mentre una strana calma s'impadroniva di me. Le presi la testa con entrambe le mani, le asciugai le lacrime, le accarezzai il viso e le sorrisi. Anche lei sorrise credendo forse che l'avrei perdonata e che avrei cercato di far tornare tutto come prima, ed e' forse mentre questi pensieri le ronzavano per la testa che con un colpo secco le spezzai il collo.
Il suo corpo giaceva senza vita sulle mie ginocchia e anche allora non riuscii a provare il minimo dispiacere per quello che avevo fatto. Mi allontanai dal suo cadavere e mi diressi verso il baule di Richard, indossai l'armatura che aveva riposto lì dopo le gloriose battaglie di cui si era sempre tanto vantato, presi l'oro nascosto sotto la terza asse di legno in fondo al letto e mi avviai verso la porta. Presi tutte le torce che erano in casa e le accesi, mi avvicinai alla lampada ad olio appesa al soffitto e la gettai a terra insieme alle torce, tutte tranne una. Il pavimento s'incendiò rapidamente e mentre il fuoco consumava la mia casa e si avvicinava al corpo di mia madre ebbi la strana sensazione di essere finalmente a casa mia. Quando uscii da quell'inferno di fuoco e fumo anche il tetto di paglia stava bruciando e dalla mia casa si ergeva una colonna di fuoco alta come due uomini. Tenendo in una mano la torcia e nell'altra il mio fido spadone mi diressi verso le altre case del villaggio e, mentre con la torcia appiccavo il fuoco ai tetti di paglia, con lo spadone trafiggevo chi era così rapido da uscire di casa al primo sentore di fumo.
Quando mi fermai era ormai l'alba e la luce mattutina sembrò illuminare il mio volto ricoperto di sangue e fuliggine come del resto era tutta la mia armatura. Il sole sembrò dare nuova vita ai corpi carbonizzati e ai ruderi che giacevano dove un tempo si trovava il mio villaggio. Il villaggio in cui ero nato, il villaggio in cui ero cresciuto e in cui avevo trascorso gli anni più piacevoli della mia vita non esisteva più, al suo posto si trovava una macchia nera disseminata di corpi carbonizzati di uomini, donne e persino bambini che non erano riusciti a salvarsi di fronte alla mia sete di sangue e distruzione.
Mi sedetti per terra a pochi metri da quell'ammasso di cenere e fumo e ripensai alla furia della notte appena trascorsa, alle urla delle donne, al pianto dei bambini, alle ferite mortali inflitte agli uomini che cercavano di frapporsi fra me ed il compimento della mia vendetta. Mia madre voleva uccidermi per salvare se stessa ed il villaggio, ora lei era morta ed il villaggio distrutto, in che altro modo avrei potuto vendicarmi di lei?
Nel tardo pomeriggio mio fratello Beowulf apparve all'orizzonte. "Già, era andato a vendere al mercato della vicina città i cavalli che avevamo trovato qualche giorno prima." Lui non sapeva nulla di ciò che era successo, ma avrebbe avuto una spiacevole sorpresa.
Beowulf giunse infine dinnanzi a ciò che restava delle capanne del villaggio in cui era cresciuto. L'incredulità era chiaramente distinta sul suo volto, solo vedere me seduto a breve distanza sembrò dargli una scossa di felicità. Mi si avvicinò correndo, e preoccupato mi chiese se ero vivo. "Certo che sono vivo!" pensai. "Non sono mai stato più vivo di così!!!" Alzai a fatica lo sguardo sui suoi occhi e lo vidi tirare un respiro di sollievo. Mi chiese che cosa era successo, io distolsi lo sguardo e lo andai a posare sulla devastazione che avevo disseminato ovunque, poi guardai le mie mani ricoperte di sangue e mi compiacqui della mia astuzia. Con decisione sollevai gli occhi fino ad incrociare i suoi e con voce carica d'odio dissi: -"Briganti"- Mio fratello imprecò violentemente contro quei dannati ladri e mi aiutò ad alzarmi. Gli raccontai che mentre stavo nel bosco insieme a Richard, una banda di briganti ci colse di sorpresa. Richard si sacrificò per consentirmi di dare l'allarme, ma era troppo tardi, io corsi in casa, indossai la sua armatura e mi gettai nello scontro insieme agli altri. Purtroppo i nemici erano troppi e una botta in testa mi fece perdere i sensi, e la scena che mio fratello aveva visto quando era giunto al villaggio era stata la stessa che si era parata dinnanzi ai miei occhi al mio risveglio. Beowulf mi abbracciò con forza e sussurrò al mio orecchio che si sarebbe vendicato a costo della vita dello scempio che era stato compiuto quella notte. Disse che non avrebbe avuto importanza come ci saremmo procurati le armi e l'equipaggiamento necessario per la nostra impresa, disse solo che un giorno ci saremmo vendicati. Mentre mi parlava all'orecchio non riuscii ad evitare che le mie labbra si piegassero a formare sul volto un sorriso di compiacimento e soddisfazione.
Da allora io e mio fratello vaghiamo per Whanel in cerca di ricchi bottini con cui comprare viveri, armi e qualunque altra cosa serva a degli avventurieri come noi.
Beowulf sta cambiando, sta diventando più cattivo: ora non mostra più pietà per i nemici sconfitti, l'unica cosa che conta per lui sono il potere e la ricchezza, ma la cosa che mi rende più felice e' che io conto per lui molto più che queste due cose messe insieme. Dopotutto lo capisco, io sono l'unica famiglia che gli e' rimasta mentre per me non e' esattamente così….
Con l'accrescersi dell'influenza demoniaca che mi pervade ho cominciato ad avvicinarmi al culto di Jabir del quale mio padre e' un fedele vassallo. Ho scoperto grazie a lui la bellezza insita nelle più nere forme del male ed ho deciso quindi di consacrare la mia vita al suo servizio. Anche Beowulf si e' avvicinato al culto del Signore dell'Inganno e questo mi rende fiero di lui perché in questo modo flagelleremo il mondo con le nostre menzogne e contribuiremo a portare il disordine sulle terre, insieme ed inseparabili come e' giusto che siano due fratelli.
Un giorno, quando i Maligni cammineranno tra voi e semineranno morte e distruzione tra i viventi, io sarò al loro fianco non come misero umano e neppure come bastardo mezzo-demone, ma come un autentico, meravigliosamente oscuro e blasfemo maligno demone. Schiaccerò le ali degli angeli sotto i miei piedi e mi nutrirò della carne di coloro che si opporranno al trionfo dell'oscurità. Esiste un solo motivo per cui farò tutto questo: perché non c'e' suono più delizioso dei lamenti disperati di chi sta soffrendo ed e' terrorizzato dalla morte.
Questa e' la storia di cui sono stato vittima, protagonista ed artefice.
Voi che leggete queste righe potete pensare che io sia pazzo o qualunque altra cosa vi permetta di dormire sonni tranquilli nei vostri miseri letti.
Una sola cosa dovete ricordare:
"Io sono Astaroth, progenie di Jabir".

Astaroth