"La religione è l'oppio dei popoli
non so chi l'ha detto,
ma aveva pienamente ragione"
J.
Si stava
chiedendo perché mai fosse stato così stupido da entrare in quella riprovevole grotta,
infestata dai pipistrelli e per di più così piena d'umidità che gli penetrava fin nel
profondo delle ossa.
- Alla faccia della curiosità e delle prove di coraggio. - Andarsi ad inoltrare con una
sola torcia, poi anche mezza consumata, nei meandri di quella specie di labirinto naturale
sotto la montagna alla ricerca di un leggendario quanto inesistente passaggio per gli
inferi.
- Stupido rompicollo borioso. - continuava a ripetersi. Solamente per darsi delle arie con
quegli snobbosi aristocratici, che poi non considerava neppure come suoi amici
avevano soldi, certo, ma solo quelli. Tanti soldi quanto ignoranza e bastava poco per ben
figurare in certi ambienti.
Era tutta una serie contigua di tediosi pensieri la sua, mentre avanzava lentamente in
quei passaggi intricati alla ricerca di niente di preciso, se non dimostrare che poteva
affrontare quello che altri, per paura, non osavano tentare. Pensieri interrotti però da
un imprevisto
prima il terremoto, poi il crollo.
La situazione in cui era venuto a trovarsi, e di propria iniziativa per
giunta, non gli piaceva proprio per niente. Sentirsi intrappolato nel cuore della montagna
a causa di una frana si stava rivelando letale per la sua stabilità emotiva.
- La claustrofobia? Roba da signorinette! - Quante volte l'aveva ripetuto per far colpo
sugli altri e gloriarsi di quanto fosse forte, spericolato e ardimentoso. Il nodo alla
gola non voleva sciogliersi, mentre il gelo di un brivido, lungo la spina dorsale, gli
ricordava sempre che aveva addosso una buona dose di fifa oltre che freddo.
La torcia aveva appena esalato l'ultimo suo bagliore quando, molto meno impavido del
solito si rese ora conto di intendere, con propria cognizione di causa, lo strazio provato
dai suoi derisi malati a cagione della forzata reclusione. La brama d'aria, di spazio, di
luce, di libertà. Un desiderio fortissimo, assoluto, di sottrarsi all'angusta prigionia
di un luogo chiuso. Una bramosia tale da fare impazzire.
- Cosa fa allora un pazzo in questo caso? - si chiese aggrappandosi con le dita tra il
collo e la camicia e accorgendosi così di essere in un bagno di sudore nonostante la
ridotta temperatura. - Un pazzo in questo caso urla
- e tirò verso il basso a tutta
forza strappandosi l'indumento di dosso - urla e corre. -
Nell'oscurità quasi completa prese a galoppare a più non posso. Inciampò, si rialzò.
Inciampò e si rialzò di nuovo. Pareva un gatto impazzito rinchiuso in uno sgabuzzino.
Riprese a correre e andò a sbattere con la testa contro la parete ruvida ed irregolare. -
Dura come la pietra. - fu il suo pensiero qualche attimo dopo, mentre il dolore alle
tempie scemava da un'intensità esagerata ad un pulsare sopportabile.
- Forse è il caso di non correre al buio. - constatò. Si tastò la fronte ancora
intontita. Qualcosa di caldo e leggermente viscoso colava lentamente.
- Oh mio Dio! - gemette sorpreso - Il terremoto, ancora. - Stava fisicamente tremando e
con quell'orrore da catastrofe imminente insito dentro, sentiva le sue ossa scricchiolare
al movimento come dovessero cedere e polverizzarsi da un istante all'altro. Tutto vibrava,
accompagnato da un rumore persistente sordo e sinistro e dava l'idea di non dovere
smettere presto.
Terrorizzato partì, nuovamente di corsa, come se il suo corpo avesse deciso di diventare
autonomo. L'istinto animale aveva percepito un pericolo e il suo subconscio aveva deciso
per la sopravvivenza e dato l'ordine 'corsa' senza aspettare un comando ragionato.
Un urlo gli uscì di riflesso non trovandosi più la terra sotto i piedi.
Stava scivolando verso il basso su di un piano smosso ed inclinato, - parecchio inclinato
- riuscì persino a connettere, tentando invano di trovare un appiglio tra la terra e i
sassi che gli sfilavano sotto.
Prese a rotolare all'improvviso aumento di pendenza e a sbattere sulle pareti di quello
che pensava fosse un tunnel di un paio di metri di larghezza, calcolati tra una botta e
l'altra. Le mani bruciavano per lo sfregamento alla parete naturalmente ruvida ora di
solida pietra, e ad ogni colpo che il suo corpo riceveva un gemito strozzato gli usciva di
bocca. La posizione fetale fu adottata istintiva.
Continuò a rotolare, raggomitolato e con le mani a protezione sulla testa, non si sa per
quanto. Il tempo sembrava infinitamente lungo, come quell'interminabile discesa.
- Era svenuto? Era arrivato alla fine? -
Una risposta facile per uno che si ritrovava steso, fermo immobile e all'ultimo ricordo
stava precipitando. Si sentiva a pezzi e il tentativo di rialzarsi restò tale, un
tentativo, per di più molto doloroso. Le dita della mano destra furono le prime a
rispondere agli impulsi di un cervello che sembrava si fosse scollegato, dato che non
aveva più ricevuto risposte dal corpo fino a quel momento. Gli ci volle parecchio per
riuscire a tirarsi su e a reggersi a quattro zampe e anche così, con la testa che girava
di suo si sentì barcollante, paragonandosi ad una barca su un fiume in balia del vento. -
Sull'Arno. - disse, constatando che riusciva a parlare senza problemi oltre che a pensare
a cose strane.
- Accidenti, ho i pantaloni a pezzi. Con quello che mi sono costati. - sbottò contrariato
guardandosi le gambe dopo essersi faticosamente eretto.
- Oh Cristo! Ci vedo. - si stupì e rianimò insieme, - si vede
c'è luce. - e già
la sua latente natura curiosa tendeva ad infilarsi nei suoi processi mentali. L'origine
della luminosità era poco avanti. Gli sembravano le stesse cavità che stava percorrendo
prima di precipitare e con la torcia in mano, lo stesso sfavillìo di fiamma.
Ora la luce era più tremolante, proprio come una torcia in movimento. - C'è qualcuno? -
abbozzò con tono stridulo e il richiamo rimbombò in un'infinità di echi distorti.
D'un tratto, dall'ombra sbucò fuori un essere non comune, facendolo sobbalzare per la
sorpresa. Per meglio dire apparì da un lato, come se lì avanti ci fosse una porta invece
di una curva.
- Oh Dio! Ma
è il Diavolo. - In immediata metamorfosi, da interessato prode ad
assoluto timoroso, le spalle gli si ritirarono e si abbassò fino quasi ad inginocchiarsi,
forse sperando così di rimpicciolirsi fino a non essere visto. - Era vero allora. Il
passaggio c'era e quello è Lucifero in persona. - Era paralizzato dal terrore, con
pensieri di morti orribili e tremende penitenze eterne che lo attendevano dopo quel fatale
incontro.
L'essere avanzò verso di lui uscendo lentamente dall'ombra. La torcia che teneva in mano
illuminò dapprima un torace scuro nudo e possente sorretto da pelose grosse gambe
caprine, poi, un volto lungo e magro con al centro un naso aquilino e due baffetti, con
allegato pizzetto, a contorno di un sorriso affabile e perfetto.
- Sei un vivente, vero? - Era una bella voce, sicura, calda e tenorile.
La paura non lo fece rispondere. Intanto la torcia fu posizionata dal nuovo arrivato in un
fermo attaccato alla parete della roccia.
- Era parecchio che non ne veniva uno, sai? Tanto tempo fa eravamo fin stufi di avere
viventi tra i piedi, era un casino, non se ne poteva più. Sempre, sempre e sempre,
sembrava di essere al mercato. -
Si sentiva piccolo e sommerso dalle parole.
- Poi hanno smesso di colpo. Più niente per un sacco di tempo. Sembra che un tale un po'
strano, Jeso
Jesus, neanche tanto lui poi, ma alcuni suoi compari o conoscenti, sia
o siano andati in giro a dire male di me. Qui non si è visto, ma sai com'è le voci
girano, specie quelle cattive. Bene bene, sai, cominciavo ad annoiarmi qui, sempre le
stesse cose. Come va la sopra? -
- Bene. - riuscì a rispondere con un filo di voce non ancora ripresosi da quella valanga
di parole ma che, fortunatamente, dette in tono così cordiale e gentile, lo calmarono un
poco.
- Vuoi visitare l'inferno? Sei qui per questo. No
? Dai vieni, così facciamo una
chiacchierata tra amici. Ti presento un po' di gente. -
- Sì, certamente. - Non osava contraddirlo. Era pur sempre il Diavolo, borbottò tra se,
anche se a prima vista pareva simpatico dopo il brusco impatto iniziale anzi, molto
simpatico.
- Pensa, c'è un tizio qui da noi che si fa rosicchiare il cranio e paga uno perché da
solo non ci riesce. Un altro è lì che continua a remare avanti e indietro con la sua
barchetta perché dice che deve allenarsi per le olimpiadi. Per me non è normale ma quasi
quasi potremmo anche approfittarne e farci un giro e poi
a proposito com'è il tuo
nome? Scusami se non ci siamo presentati subito, ma poter finalmente dopo tanto tempo
parlare con qualcuno che non sia solo un'anima morta dannata e che dà di testa mi ha
fatto mancare un po' di buone maniere. Io sarei Lucifero. -
- Ma figurati, Lucifero. - si sentiva già più a suo agio.
- Ah, solo una cosa - lo incalzò prima che potesse aggiungere qualcos'altro - per favore
non chiamarmi Lucifero o Diavolo, chiamami Virgilio, mi piace di più. Senti come suona
bene
VIRGILIO. -
- Sì certi Luc
Virgilio. - Lo vide agguantare la torcia togliendola dal fermo nella
roccia. Poi gli si avvicinò e lo prese sotto braccio, avviandosi per la via da qui era
apparso.
- Il tuo nome, allora? -
- E' vero, scusami. Alighieri
Dante Alighieri. -