"E vidi i morti, grandi e piccoli, dinanzi al trono...."
Giovanni, Apocalisse, 20:12
Buone vacanze nelle isole greche....!
<<Quest'anno perchè non andiamo in Grecia?>> aveva
proposto Sara, e Paolo non aveva certo provato neppure a dire di no, anche perchè la
Grecia piaceva a lui pure, e perchè, tanto, da buon "servo della gleba" era
abituato a non discutere più di un tanto i desideri della partner. Galletto latino, tanto
fumo e poco arrosto!
Da buoni latini amavano il paesaggio mediterraneo, il sole, e si beavano dell'aspetto
falsamente tradizionale dei luoghi gabellati come "caratteristici", fossero le
isole greche o italiane o le costiere.
La Fiat Uno ormai decennale di Paolo stava giusto giusto transitando davanti al lussuoso
ipermercato sorto sulle rovine di una tintostamperia. La mole pretenziosa e le luci
violente si imponevano a forza nel tramonto, decine di luci rossastre occhieggiavano nel
parcheggio. C'era ancora un tratto del vecchio muro di cinta, la garitta dell'addetto al
cancello scorrevole con, sul tetto piatto, l'insegna ormai spenta da anni ed anni.
"Accidenti, non ci sono ancora passata.... la Mony mi ha detto che è molto
bello" pensava Sara guardando il nuovo centro commerciale. Lei faceva la spesa nei
"Megadiscount Fabbiani", per risparmiare rispetto ai negozi del centro.....e non
è che il nuovo ipermercato stesse indietro coi prezzi, anzi! ... Diciamo che era solo un
posto..."per provare", ma tutt'altro che economico, come tutti i nuovi
ipercolossi. Era solo riuscito per un attimo a far fallire i vecchi onesti
"markets" di quartiere, dove il signor Gino o la signora Amelia menavano ancora
una gestione all'antica segnandoti "in conto" la spesa... ma aveva potuto poco
contro i discount, brutti e squallidi, che li avevano rimpiazzati. Fabbiani aveva iniziato
rilevando i due o tre markets ed eliminandovi anche le poche strutture di abbellimento:
tubi e impianti erano in bellavista, niente bancone con signor Gino, tutta roba
confezionata e rigorosamente di sottomarca, scaffali metallici stipati di scatoloni che
dovevi aprirteli tu per prendere il prodotto, un paio di cassiere troppo giovani e
butterate dall'acne, ... e via così nei successivi punti vendita aperti nelle sedi di
morte officine o botteghe.
Ed a proposito di morte botteghe...<<Cosa fanno lì davanti?>> aveva chiesto
poco prima Paolo alla signora dell'agenzia di viaggi, un'ancor bella sessantenne che da
decenni vendeva i biglietti delle FF.SS. e le prenotazioni per i traghetti o gli alberghi
di lusso in località esotiche prima che scoppiasse la moda di rivolgersi lì anche per le
ferie a Rimini e gli operai andassero alle Seychelles. In effetti lei, sebbene gioisse per
l'aumentato volume di affari, rimpiangeva il pubblico selezionato degli anni Sessanta e
Settanta e detestava queste coppiette tutte uguali, con lei pettinata all'ultima moda (ma
le mani con le unghie rovinate ed il segno della crescita sotto la tinta) e lui magrolino
(ma peloso, con la pancetta, ed una calvizie precoce in arrivo).
Dalla parte opposta stavano sventrando un locale a pianterreno, cui non avevano forse mai
fatto caso durante le rare incursioni in centro. <<Oh... era chiuso da anni... sa,
la salumeria Botti... adesso ci viene un... un negozio degli orologi Swatch...>>
Paolo aveva avuto un attimo di lucidità ("..il Botti!!.." ci andava sua madre
tanto tanti anni prima... già, ricordava la saracinesca ormai per sempre calata) e si era
domandato come mai tutto ciò che aveva conosciuto in Città stesse morendo, solo in parte
sostituito da queste cose nuove, belle ma senz'altro estranee... Poi era tornato a pensare
alle sue vacanze: ad ogni pensiero cupo, c'era una risposta, la videocamera, la Tv nuova,
il cellulare.... Anche allo spettro della disoccupazione, gli era stato insegnato di
reagire con... le ferie!
Si erano immessi sul Rettifilo, sotto al quale scorreva il Torrente che, a giudicare da
quel che si vedeva e udiva dalle griglie, doveva essere incazzato non poco a causa delle
piogge. Quando il Torrente saliva, c'erano sempre problemi con scarichi, tombini, fogne...
a volte si verificavano dei cedimenti. Anche sotto al Quartiere Nuovo
"G.Orombelli", dove abitavano e dove giunsero dopo varie gimkane fra scooter
scassati e rumorosi di ragazzotti con la faccia da zombie e dopo il il solito
parti-frena-riparti da traffico postlavorativo. I lampioni gialli illuminavano un fiume di
auto, i condomini più anziani, con la luci accese qua e là dietro le finestre,
sovrastavano come torri le vie di quartiere, e le palazzine più nuove erano semioccultate
da una smunta vegetazione arborea. Poche svolte, ancora motorini fumanti e rumorosi, il
solito deficiente che usciva in retromarcia da un cancello, e finalmente fine della corsa.
Fu un sollievo chiudere la serranda del box ed avviarsi sull'asfalto sgretolato verso il
portone.
<<Uff... che traffico.. ogni giorno peggio!>> si lagnò Sara, che odiava
cordialmente l'auto ma non poteva trattenersi, il sabato pomeriggio, dal salirci per
bighellonare a vuoto fra i carissimi negozi del centro, ammaliata da orrende scarpe dalle
fogge assurde, da borse e abiti grotteschi, tanto più cari quanto osceni.
<<Dai che siamo arrivati. Che poi ci guardiamo i depliant>>
Ed eccoli, infatti, alla prova del nove. La signora aveva sciorinato prezzi annotandoli
con la biro in margine alle varie didascalie, precisando ciò che queste furbescamente
tralasciavano. C'erano posti belli ma cari, altri così così ma scarsamente collegati che
imponevano arrivi e partenze anticipati. C'erano extra a pagamento e servizi gratis non
inclusi: un labirinto di offerte-trappola. Colori e foto strategicamente combinati
stimolavano il lettore facevandogli perdere la lucidità. Del resto, con l'incubo di
vedersi proposta la "mobilità" a settembre, cosa di meglio di una bella (e
costosa, no questo non lo pensavano) vacanza? Una vacanza per dimenticare...
Un giorno, un Testimone di Geova aveva lasciato loro un depliant riguardante le fine dei
tempi, incentrato sulla figura di Giovanni e la sua Apocalisse: era spiegato che
l'apostolo aveva avuto la Rivelazione stando sull'isola di Patmos, in una caverna sul
mare. A quei tempi l'isola era una colonia di esiliati, in particolare cristiani, e questi
ultimi spesso vivevano in maniera ascetica, in luoghi suggestivi, dove forse era facile
avere visioni. Cosa di più "mediterraneo" di questo? Valeva la pena, per una
volta, lasciare da parte i centri turistici per quanto "tipici" e le discoteche
e cercare qualcosa di simile...
Cercando qualcosa nelle proposte su Patmos, furono incuriositi da una proposta
alternativa, messa quasi in disparte nel catalogo. "Agios Eustorgios presso comunità
di religiosi posti limitati assaporate la vera vita isolana ed il raccoglimento dei Padri
della fede". Come mai la signora non gliel'aveva additata? Forse perchè non avevano
l'aria di chi cerca un posto simile.
Per raggiungerla bisognava fare un trasbordo su di un natante adibito alla locale consegna
di posta e di mercanzie da un'isola maggiore assai distante. Agios Eustorgios era infatti
una specie di isolotto situato molto in disparte. E che non fosse contaminato dal turismo
lo capirono una volta messo piede sull'imbarcazione: un catenaccio osceno che partiva
appunto dal porto principale dell'isola maggiore. Un grosso barcone dipinto di rosso e
azzurro, tutto di legno scabro fortunatamente levigato da strati e strati di vernice.
Nessuna concessione al confort dei passeggeri, che si riducevano a loro due e ad una
coppia di anziani olandesi che negli anni Sessanta dovevano essere stati degli hippy.
La conferma su posti disponibili era avvenuta tramite un semisconosciuto ufficio ospitato
direttamente nella casa del gestore del trabiccolo galleggiante: una scrivania in una
nicchia voltata, nascosta da una tenda. Un vecchio telefono nero di quelli col disco
combinatore, niente fax o computer, molti blocchi notes e fogli sparsi trattenuti da varie
statuette a carattere religioso. Il gestore era un uomo taciturno, attempato,
evidentemente ex-pescatore (anzi, togliamo l'ex, ed abbiamo il personaggio): qui tutti
contemporaneamente vendevano souvenirs, affittavano motorini, imbarcazioni e camere, e poi
pescavano polipi. Una telefonata in perfetto italiano sulla segreteria dell'agenzia, poche
parole "...sì, i posti per i signori ci sono..." e via!
La cosa strana era che... nessuna somma era da versare in anticipo. Un pò sconcertata la
signora aveva riferito che tutto era in ordine, nel senso che ciò che spettava al suo
ufficio era stato già versato. In conto corrente. Probabilmente il corrispondente greco
aveva un suo particolare accordo coi religiosi, che evidentemente non ricercando scopi di
lucro si adattavano ad essere pagati tradizionalmente, alla fine del soggiorno, e sempre
che l'ospite arrivasse. Non era prevista alcuna penalità, e questo alla coppietta era
piaciuto moltissimo, in caso di arrivo tardivo o partenza anticipata o addirittura
assenza.
Il pilota del barcone sembrava il clone del tipo nell'ufficio, non parlava, ma additava
burbero dove mettersi e dove mettere la roba, accompagnandosi con monosillabi. Se ne stava
tranquillo nel casotto, appoggiato al timone, fumando delle oscene sigarette che avrebbero
fatto venire il cancro ad un rinoceronte, e badava alla rotta ed al regime del diesel
puzzolente. Beh, tutto sommato non male come inizio: un pò di Grecia
"veramente" vera, niente motonavi supermoderne con stereo, bar, aria
condizionata ed ogni sorta di diavoleria occidentale.
Il tragitto sembrò protrarsi per parecchio, mentre intorno si stendeva la calma
superficie azzurra del mare. Davvero qui tutte le stronzate perdevano come di importanza,
e diventavano lontane, lontane, e piccole piccole... solo il borbottìo del vecchio diesel
turbava un idillio perfetto... si poteva immaginare di essere su una triremi greca o
romana, coi flutti che ti bagnavano di spruzzi colpendo la prua. E tutto sommato il
vecchio motore aggiungeva un pizzico di "modernariato" alla vicenda: sia lui che
il barcone che propelleva appartenevano ad un'altra, seppur recente, era remota. Un'era
dove per traghettare turisti e mercanzie bastava ed avanzava un peschereccio di legno
mosso da un singhiozzante reliquato dell'occupazione italiana dell'Egeo...
Tutto assumeva un diversa proporzione, ed i due sposini cominciarono a rilassarsi,
accettando dentro di sè la esasperante lentezza del vetusto natante, i suoi mancanti
conforts che non erano però autentici disagi come temuto, quando... ecco profilarsi una
gobba rossastra.
L'isolotto
Accidenti, se era piccolo: sì e no un chilometro di lunghezza (e chissà se era largo
altrettanto o stretto come un'acciuga...), poca vegetazione eccettuato un qualcosa di
simile ad un boschetto o macchia sulla propaggine verso cui erano diretti... e dalla quale
occhieggiavano i tipici colori dell'architettura egea, bianco ed azzurro.
Ecco una cupola, un campanile a vela, degli infissi verniciati... delle arcate. Il motore
variò di regime, per quel poco che c'era da variare nel suo regolare lento battito
sfiatato. Con una ampia manovra si portò a ridosso di un pontile ricavato sulla scogliera
e sorretto in parte da voltine semidiroccate.
Con estrema abilità il timoniere, fermato il motore, lasciò al natante l'abbrivio
necessario per lambire il pontile e con un balzo fu fuori dal casotto per gettare una
grossa cima dotata di cappio attorno ad una bitta in pietra corrosa dal tempo. Con uno
strattone il barcone arrestò il suo moto residuo, urtando coi parabordi usurati le pietre
disposte secoli prima da monaci ormai polverizzati.
Le operazioni di sbarco furono le più sommarie immaginabili. Strano, ma della
"mercanzia" che ci si immaginava diretta all'eremo (cos'altro poteva essere un
posto del genere?), non fu lasciata a terra una scatoletta. Il taciturno navigante scese
per il minimo tempo necessario a liberare la cima dalla bitta, fece un laconico cenno di
saluto e scomparve... ma per un lungo attimo fissò tutti con uno sguardo intenso. Quasi
volesse fissarseli bene in mente... o volesse comunicare loro qualcosa che non poteva
essere detto con la voce. E seguitò a guardarli, serio, sporgendosi dal casotto, mentre
si allontanava.
Fu qui che Sara...
<<.... Paolo... PAOLO!.... richiamalo!>> gridò di colpo, presa dal panico.
Aveva la pelle d'oca, sebbene a parte la brezza facesse decisamente caldo.
I due olandesi, lui con una barba un tempo bionda ora color giallastro, lei con un
ridicolo caschetto dello stesso colore, li guardarono incuriositi.
Prima che lui potesse reagire in qualche modo fu lei a ripigliarsi. Sorrise scioccamente,
imbarazzata: <<Eh.. uh.. scusatemi...>>. Si guardò attorno: i due olandesi la
osservavano come fosse un nuovo tipo di granchio, e sorridevano. <<Ho avuto un..
attimo di panico... eh..!!>> "Figurati se quei due capiscono qualcosa... ma ho
fatto la solita figura dell'emotiva che faccio di solito... uff!".
Paolo la fissò per un attimo anche lui a bocca aperta, poi fece un "boh" (c'era
abituato, ai ghiribizzi subitanei, agli svarioni, ai ripensamenti dell'ultimo secondo,
alle variazioni d'umore da bambina di due anni di Sara), e raccolse lui i due zaini
lasciando a lei la grande ma più leggera borsa da spiaggia. Accidenti, quei due cosi
sembravano piombati! Uno sulle spalle, uno portato per gli spallacci... lo ammazavano come
la soma ammazza un mulo. "Quante stronzate si tira dietro questa... uff!!"
pensò, ma in silenzio. Si avviarono verso il piccolo monastero che se ne stava beato fra
gli alberi.
Strano che non fosse venuto nessuno... i religiosi avrebbero dovuto, da quel che poteva
apparire logico, essere alquanto ospitali e solerti con i pellegrini (tali si sentivano).
Invece... nessuno...
<<Cari amici!>> fece d'un colpo una voce apparentemente di vecchio, a
giudicare da colui che la emetteva, ma decisamete salda e forte, da ancor vigoroso
patriarca. Ed infatti la figura emersa dai cespugli corrispondeva a tale personaggio:
vestita di nero, barba e capelli bianchi, lunghi e curati. Due occhi vivi, non offuscati
dall'età, anzi penetranti e magnetici. << Benvenuti in questo luogo di pace e
preghiera... Permettete vi dia una mano...>> Senza por tempo in mezzo prese la borsa
da spiaggia e poi, blaterando in olandese con lo stesso fare da imbonitore agguantò con
energia una specie di borsaccia in jeans e se la scarrozzò senza sforzo.
"Che tipo!" pensò Paolo, che al più si era aspettato di incontrare qualche
monaco decrepito capace di biascicare solo due parole e col quale avrebbero comunicato a
gesti.
Raccontando che sapeva chi erano perchè previamente avvertito, e che non si stupissero
della sua poliglossia dato che aveva viaggiato per il mondo da giovane, il religioso li
guidò verso una porzione di stabile, accostata al pendio naturale dell'isola, ed aprì
una cigolante porta assai scrostata che recava ancora tracce della vernice azzurra. Li
fece entrare in un ambiente voltato, fresco ed in penombra, il cui intonaco bianco aveva
conosciuto lontani tempi assai migliori. Nicchie nelle pareti ospitavano... i letti o i
facenti funzione: Sara rabbrividì di nuovo per un attimo, pragonandoli ai colombari di
certe catacombe. In effetti l'ambiente era misurato, lo spazio per dei letti autentici
avrebbe ingombrato la cella, impedendo di sistemarvi il tavolo ed il semplice mobile,
entrambi assai vetusti e provati.
Andava spiegando l'arzillo monaco che questa era una delle celle ospitanti i suoi
colleghi, all'epoca in cui l'eremo era abitato da parecchi di loro.
<<Perchè lo chiama eremo, Padre? Forse in italiano non sa che si dice
"convento", vede, l'eremo...>>
Un sorriso, una mano agitata dinanzi al volto. <<Oh.... sì sì, scusatemi cari
figlioli... io l'italiano lo parlo bene, lo studiavo da piccolo a scuola quando c'era il
vostro Re... ma non vi ho detto, nella fretta di accogliervi, che questo è l'eremo di
Santo Eustorgio, che si ritirò da solo qui, a pregare....>> Li fissò un attimo...
e sembrò che i suoi occhi avessero un non so cosa, un che di avido, che tradiva un'attesa
a stento sopportata.
<<... ah... ho capito, poi è stato fatto il conventino, vero?>>
<<.. bravo! Alla morte del Santo sulla sua tomba è sorto questo che voi vedete, e
che è davvero molto antico... data dal millecento, ma poi sono stati fatti lavori anche
dopo la cacciata dei Turchi che avevano mandato via i monaci....>>.
<<E gli altri monaci dove sono? a pregare? non volevamo distur....>>
La risata risuonò secca, forte, velatamente irrisoria. <<... Oh.... no!... Qui
adesso... ci sono solo io!.... Tempi moderni, cari amici.... poca vocazione, voglia di
benessere, anche fra i religiosi... qui ci sono solo io!>> E ripetendo l'ultima
frase come un saluto, si inchinò leggermente e guadagnò l'uscita.
Restarono soli a guardarsi. Alzarono le spalle, e sistemarono il bagaglio nelle restanti
più piccole nicchie del muro e nell'armadio, che puzzava di salsedine e umidità. Anche
le spesse e giallastre lenzuola e le rustiche coperte (tipo quelle militari di vecchia
foggia, grige e ruvide), per quanto pulite e piegate, sapevano di chiuso e di...
abbandono.
Non c'era elettricità, nè acqua corrente: come surrogato della prima adocchiarono subito
una incredibile lampada ad olio, che accesa con l'accendino dimostrò di funzionare
davvero ("e bravo scemo, i greci e i romani con che cazzo facevano luce?").
Paolo ci capiva poco, ma ci voleva poco a capire che quell'attrezzo aveva senz'altro
servito ai tempi della battaglia di Navarino. Sì, perchè, e l'armadio, dai cardini
arrugginiti ed il legno poroso che sembrava sgretolarsi? Per l'acqua, bisognava chiarire
se c'era una qualche fontana, o lavatoio, o pozzo, e dei contenitori: certamente
prevedendo degli ospiti qualcosa, tipo anfore o brocche, doveva esserci.
Uscendo, Paolo si avviò quindi alla ricerca, mentre Sara sistemava le ultime cose.
C'erano pochi edifici, sotto il fresco degli alberi. Le arcate viste da lontano, che
appartenevano ad un portico, gli alloggi, l'oratorio, dei locali accessori che subito
immaginò dovessero essere la cucina ed i servizi igienici (per quanto primitivi non
poteva immaginarne l'assenza, c'erano anche nei più vecchi stabili della Città
sopravvissuti). Tutto intorno, alberi, fra i quali molti olivi, muretti a secco crollanti
che delimitavano frananti terrazze di terra rossastra, e l'arida superficie dell'isola con
la sua vegetazione da Far West. Sprazzi di luce fra le fronde, il blu del mare. Un
silenzio totale, una pace davvero da gustare: chissà che non avessero ragione quelli che
detestavano la folla e le discoteche. Però per prima cosa occorrevano l'acqua ed
identificare una cucina o dispensa, e magari qualcosa di assimilabile a bagni o docce. Del
Padre nessuna traccia, e nemmeno degli olandesi. Sentì un improvviso senso di pericolo.
Possibile non si sentisse nulla, nemmeno un rumore... un odore? Odore di cibo, il rumore
di una fontana, di un rubinetto? Deviò verso i fatiscenti edifici che avrebbero dovuto
ospitare gli umili servizi del conventino e qui rabbrividì: finestre cieche, senza
infissi, tetti crollati... Un antico forno, annerito da secoli di fuliggine e da decenni
in evidente abbandono mostrava la calotta sfondata, alla quale penetrava la luce ad
illuminare appena l'interno ingombro di calcinacci e mattoni. Sempre più agitato,
penetrò l'antro, attraverso l'uscio privo di porta. Rovine, ed erbacce che stentavano a
crescere per la poca luce che penetrava là dentro se non in pochi momenti.
"Ma... qui è tutto... abbandonato da... secoli!"
Si avventò verso le latrine, rischiando di farsi male fra i detriti ammonticchiati
all'interno: nulla, anche qui. Travi provenienti dal tetto, semisepolte fra i calcinacci
che avevano costituito la piatta copertura dell'edificio crollata in un paio di punti: si
vedevano i frammenti delle rustiche mattonelle. Negli stalli, i buchi delle rudimentali
"turche" non presentavano, oltre alla minima presenza di acqua di scolo, alcun
segno di utilizzo, solo un evidente degrado.
Si precipitò fuori e corse agli alloggi: le altre porte erano chiuse, alcune imbarcate
dal tempo, altre percorse da vistose fenditure: ma la terra sigillava lo spazio fra
battente e soglia, sulla quale anzi si era ammucchiata per due o tre dita. Le ferramenta
delle serrature erano fortemente ossidate, e così i cardini. Le finestre parevano
immurate. Ma da quanto tempo nessuno apriva più quegli infissi?
Si guardò attorno: eppure non c'erano altri stabili suscettibili di utilizzo, ove ubicare
la cucina e gli eventuali bagni e... ospitare altra gente. Ed il Padre? Dove viveva?
L'oratorio occupava il resto della visuale, anch'esso incastrato nel pendio, misterioso e
silenzioso. Silenzioso come una tomba.
Per un attimo pensò di entrarvi... magari lì c'erano il Padre e gli altri due ospiti,
poi esitò. Non gli piaceva quella mole stolida, corrosa... Si volse e scappò
letteralmente verso l'ala opposta, verso il suo alloggio... C'era una cortina di cespugli
(nella quale aveva creduto di vedere nascosto un pozzo od un abbeveratoio) a dividere
quasi in due l'emiciclo formato dal complesso edilizio. Non poteva quindi vedere il
proprio abituro nè cosa di sicuro ci fosse fra i cespugli, ma al momento voleva solo
andare da Sara... aveva fatto una sciocchezza a lasciarla sola. Pozzi e fontanelle
potevano per ora aspettare.
Un grido. Forte, acuto, femminile.
<<SARA!!>>
Sfondò i cespugli, lui che aveva sempre detestato andare a spasso per i boschi perchè ci
si graffiava (preferiva andare su al Passo sui prati vicino alla Madonna a prendere il
sole steso su una coperta...) e centrò in pieno la cosa che aveva scambiato dapprima per
una vera di pozzo. Era un cippo, corroso e malandato come tutto il resto, con una
iscrizione che, oltre ad essere semi illeggibile ed in greco, non ebbe genio di leggere
intento come era ad evitare di rompersi il naso sul marmo mangiato dalla salsedine.
Inciampò sul largo basamento e ruzzolò più volte come in un cartone animato.
E da terra li vide. E vide attraverso di loro. I loro occhi tuttavia erano vivi,
penetranti e magnetici: lo fissavano sardonici. Un altro urlo.
Fece per rialzarsi, e si mise in ginocchio, dolorante. I monaci, cinque in tutto, si
stringevano sempre più attorno a lui....
<< Sara!... >> gridò a sua volta, cercando di riguadagnare la posizione
eretta.
Si trovò a pochi palmi dal volto del Padre che li aveva accolti. Sorrideva, facendo
appena appena "no" col capo con un non so che di minaccioso, di definitivo, di
inesorabile.
<<Piccolo insignificante uomo, se tu leggessi capiresti... perchè le cose di prima
sono passate, e per voi non ci sarà più nè dolore, nè morte, nè fame nè stridore di
denti... qui si compie la Rivelazione, dove i vivi ed i morti sono giudicati...>>
Ed il cerchio si strinse.
Un altro grido. L'ultimo.
"Una sinistra curiosità dell'arcipelago è la piccola isola di
Agios Eustorgios con l'altrettanto piccolo monastero, ormai dismesso dai fatti bellici del
1940-45. Un cippo, ormai corroso e quasi illeggibile, narra di come il Santo avesse
scoperto che sull'isola si poteva guadagnare la pace eterna, poichè nessuno che fosse
meno che puro nell'anima e nel corpo avrebbe potuto soggiornare impunemente sull'isola
senza subire in anticipo il giudizio promesso da Dio a Giovanni nell'Apocalisse, nota
anche come Rivelazione... Secondo i locali, laggiù i morti giudicano i vivi, come
sull'isola di Eilean Mor. al largo della Scozia...."
<<Che manica di cazzate!>> fece Bobo, sprezzante. Lanciò attraverso la stanza
il depliant << ... ecco, ci stiamo da cinque giorni e ditemi cos'è successo?
Niente! Qui non c'è un'anima a piangerla in turco!>> Se ne stava sdraiato nella sua
nicchia, come un grottesco cadavere parlante con bandana e maglietta colorata.
<<Io dico che domani è ora di sfondare qualche cazzo di porta, dico! Oh, qui chi
cazzo ci vede? Magari c'è qualcosa di vecchio da vender via, no? forse...>>
<< CIAO RAGAZZI!... DISTURBIAMO?>> La voce risuonò chiara all'esterno, mentre
veniva bussato sonoramente alla porta.
Quando aprirono arretrarono, trovandosi di fronte due loro connazionali, un uomo ed una
donna piuttosto giovani.
Sorridevano, ma non sembravano in vena di scherzare.
Anche i monaci in nero dietro di loro sorridevano. E nemmeno loro sembravano in vena di
scherzi.
Ma come... se non c'era nessuno sull'isola fino a pochi minuti prima, si disse Bobo mentre
il ghigno sprezzante gli spariva dal volto...
Le persone smisero di sorridere e presero ad avanzare.