«Vincent, abbiamo un lavoretto speciale, da un milione. Il richiedente
ha appena subito un'operazione che gli impedirà di fare sesso per il resto della sua
vita.»
La smorfia di Vincent alle parole di Yoshi esprimeva meglio delle parole la sua reazione.
«Hai pensato a qualcosa di preciso?»
Odiava assecondare il suo capo, ma era un discorso ormai vecchio: non aveva alternative.
Aveva passato notti insonni a rigirarsi nel letto, per cercare di darsi un motivo per il
quale valesse la pena di andarsene, e ogni volta non lo aveva trovato.
Tappati il naso, si diceva, ti fa troppo comodo.
Ora però la storia con Heather lo aveva riportato sul terreno del dubbio, lo aveva spinto
nuovamente a considerare un futuro fuori da quel palazzo e da quella vita pazzesca.
«Sì, e stavolta andremo oltre.»
Vincent non riusciva ad immaginare in che modo.
«Ho pensato di ispirarmi ad una tradizione azteca.»
Il suo nome era Ted, ma non riusciva a ricordare con esattezza il
proprio cognome: l'effetto della droga che gli avevano somministrato gli offuscava la
mente. Si svegliò in una stanza completamente rossa, sdraiato su un tavolo. Aveva le mani
legate sopra la testa, e le gambe allargate, ma questo lo poteva solo desumere. Se le
sentiva intorpidite, come dopo un'operazione. Provò a muovere i piedi, e sentì
scricchiolare l'articolazione dell'alluce, anche se non sentì le sensazioni connesse al
movimento. Non poteva vedere nulla sotto la cintura, perchè un drappo di seta verde gli
ostruiva la visuale.
Alle sue spalle, la porta si aprì. Vide entrare un'ombra, che poi si avvicinò.
Yoshi aveva una telecamera portatile, per integrare le riprese che l'impianto principale
stava effettuando nel frattempo.
Girò intorno al tavolo, e si soffermò a guardare ciò che aveva fatto circa mezzora
prima.
Dedicò qualche silenzioso minuto a filmare i particolari: avrebbe aggiunto un commento
poi, ora non voleva rovinare la sorpresa al protagonista.
Era Ted Helms, uno dei re del porno del circuito underground di San
Francisco. Avevano inscenato un incidente stradale, il giorno prima, nel quale Ted era
morto per il resto del mondo. «Non ti preoccupare, il periodo extra durerà solo per
poco,» pensò Oben mentre continuava a filmare.
La scelta dell'obiettivo, una volta individuata la trama del film, era stata semplice: era
bastato mettersi fuori da una delle ville che venivano usate come set per i film porno
nella metropoli californiana, e catturare uno degli stalloni con un'esca femminile.
Avevano usato Rebecca, una delle segretarie dell'ambasciata, e una delle donne più prive
di scrupoli che Yoshi avesse mai conosciuto in vita sua.
Rebecca era una ragazza bellissima, con un corpo da concorso e una mente da psicopatica.
L'avevano assunta due anni prima, dietro consiglio di Gilbert.
Lavorava per loro - nel campo cinematografico - solo da sei mesi, ma si era rivelata un
talento naturale.
Ted era caduto nella trappola, e dopo meno di un'ora era entrato a far
parte della scuderia. Il narcotico aveva fatto effetto in pochi istanti, e mentre Rebecca
lo portava al rendez-vous con Gilbert quest'ultimo preparava la scena dell'incidente.
Nel momento in cui i telegiornali della sera davano la notizia della sua morte, Ted volava
alla volta di Washington, per la sua ultima interpretazione.
Nella stanza rossa, Ted aveva finalmente ricordato il suo cognome. Yoshi aveva bisogno di un uomo nel pieno delle sue facoltà, per realizzare la sua visione.
Trascorsi circa dieci minuti, il prigioniero cominciò a lamentarsi:
diceva di sentire un forte bruciore, ma Yoshi non se ne curava, occupato come era a
regolare le luci. Dopo altri tre minuti, iniettò un blando sedativo nella coscia sinistra
dell'uomo e diede un paio di colpetti alla porta della stanza.
Rebecca entrò, vestita di un abito molto sexy.
Il suo volto era coperto fino alla bocca da una maschera simile a quelle del carnevale di
Venezia, un omaggio alle proprie origini.
Yoshi si applicò alla camicia il microfono, e la sua voce - distorta
dal computer - uscì dagli altoparlanti.
«Bentornato tra noi. Che te ne pare della nostra amichetta? Bella, vero?»
In effetti Rebecca era stupenda: indossava un abito verde, simile al tessuto che copriva
agli occhi di Ted il suo stesso corpo. Un drappo le fasciava gli splendidi seni, mentre
una gonna lunga dallo spacco vertiginoso completava la sua mise.
«Che te ne pare, ragazzo? La vedi, come è calda... è tutta per
te...»
A quelle parole, Rebecca si avvicinò lentamente al tavolo, guardando Ted con i suoi occhi
da gatta.
Si passò la lingua sulle labbra morbide.
«Ciao, campione.» Anche la voce di lei era modificata dal computer,
ma con una tonalità ancora molto femminile.
Gli passò una mano sulla coscia, quindi sollevò il velo sulla sorpresa intorno alla
quale avrebbe ruotato l'intero film.
Il pene di Ted era di dimensioni leggendarie, oltre i trenta centimetri, e famoso nell'ambiente del porno per la sua resistenza e durata. Ora era a riposo, e per un ottimo motivo.
Molti secoli fa, nel centro America, gli Aztechi avevano costruito una
delle più avanzate civiltà dell'epoca.
Avevano molti dei, e consacravano ad essi molti sacerdoti, votati alla castità assoluta.
Per essere certi che questa castità fosse mentale oltre che fisica, veniva usato un
metodo infallibile.
Yoshi lo chiamava 'il gioco del farmacista' da quando lo aveva
scoperto, ma non lo aveva mai messo in pratica.
Farmacista, perchè il simbolo dell'ordine dei farmacisti mostra un serpente piegato in
una serie verticale di S, trafitte da un pugnale.
Allo stesso modo, il pene dei sacerdoti veniva infilzato quattro,
cinque volte con un bastone appuntito, fino a formare una S con un pò di curve in più.
Ovviamente la castità dei sacerdoti non era in dubbio: se non tenevano sotto controllo il
cervello, il pene sarebbe praticamente esploso tra atroci sofferenze.
La fantasia malata di Yoshi aveva applicato a questa terrificante
punizione un pene da trenta centimetri.
Ed un cervello allenato a tenerlo a bada.
E una donna che odiava gli uomini.
Appena il velo fu sollevato, il volto di Ted si trasformò in una maschera di orrore. Guardava il suo strumento di lavoro, ormai ridotto ad una specie di wurstel, e non riusciva a scendere a patti con quella immagine. Cominciò ad urlare come un ossesso, nell'ambiente insonorizzato della stanza rossa.
Rebecca si avvicinò al tavolo.
Il suo odio era più forte delle sensazioni che le attraversavano la mente in quel
momento.
Yoshi attirò l'attenzione di Ted con una promessa.
«Non hai ancora perso la partita, anche se non promette bene... Vedi l'orologio lì in
alto? Se passi i prossimi dieci minuti dimostrando di essere più forte del tuo pisellone,
detto pisellone sarà salvo!»
Dopo quelle parole, si avvicinò al cronometro da muro - inquadrato da una delle telecamere - e premette il pulsante d'avvio.
Ted chiuse gli occhi e li strinse, come per attirare a sè tutte le forze di cui disponeva. Quindi li riaprì, pronto alla sua interpretazione più difficile.
Rebecca chiuse a sua volta gli occhi, e rivide i suoi anni in orfanotrofio: le violenze, le angherie dei religiosi, lo stupro di cui fu vittima a dodici anni, per il quale non avrebbe mai potuto avere figli.
Si avvicinò al corpo immobile dell'uomo, in un silenzio assoluto.
Cominciò ad carezzarlo, ma Ted non dava segno di sentire le carezze. Poi salì sul tavolo
e iniziò a spogliarsi lentamente, mostrando due seni grossi e sodi che gli strofinò sul
pene.
Ted fece un urlo, ma il suo amico non ebbe fortunatamente reazioni. Rebecca si alzò in
piedi, gli diede le spalle e slacciò la gonna che cadde senza un fruscio.
Ornato da un tanga nero, un sedere perfetto invase gli occhi ed il
cervello di Ted.
Un altro urlo, e un morso al labbro inferiore che gli fece sgorgare un fiotto di sangue ma
impedì danni più gravi.
Con un solo gesto, anche il tanga era sparito.
Rebecca si accovacciò su quei trenta centimetri di carne infilzata, e cominciò ad
accarezzarli col suo calore, sfiorandoli appena.
Ted, malgrado l'allenamento acquisito in anni di professione, stava per cedere. Con un altro urlo, la base del pene cominciò a lacerarsi lasciando uscire molto sangue.
Rebecca non si curò di quel rumore agghiacciante, e si rialzò in
piedi, quindi si inginocchiò davanti a lui.
Cominciò a solleticare il glande dell'uomo con i capezzoli, e infine lo prese in bocca.
La struttura del pene non cedette, ma il sangue iniziò ad uscire come
acqua da una lavastoviglie guasta.
Ted perse conoscenza, mentre il suo migliore amico lo stava condannando a morte: ormai
senza più controllo, continuava a chiedere sangue al cuore.
Tre minuti dopo, il cuore cessò di battere.