Riccardo
uscì dal locale notturno che era ormai l'alba, salì in auto barcollando e salutò gli
amici con una fragorosa sgommata senza neppure chiudere lo sportello. Dopo alcuni
chilometri il sonno e l'alcool ebbero ragione di lui.
Riccardo è seduto davanti alla finestra della sua stanza in un piovoso pomeriggio
autunnale. La macchina che lo aiuta a respirare fà il solito rumore mentre i tubi
conficcati nel suo corpo sono particolarmente fastidiosi. Vorrebbe strapparli via ma le
braccia, come pure le gambe, sono rimaste fra le lamiere della sua vettura distrutta.
Prova odio Riccardo. Odio per i suoi genitori, per i suoi amici, per il mondo, per Dio e
per Elisa la ragazza che non ha più rivisto da quando si è risvegliato da quel sonno
senza sogni. Sono passati anni da quella notte, neppure un movimento, neppure una parola,
lo sguardo fisso nel vuoto.
Ricorda bene le parole di quel medico: "....non sa neppure di essere vivo...".
Riccardo vorrebbe urlare: "....sono vivo! vi vedo! vi sento! aiutatemi!... aiutatemi
maledetti...".
Riccardo ha capito che nessuno potrà mai sapere che lui c'è. Disperazione e pensieri di
inaudita malvagità riempiono la sua mente e la testa sembra esplodergli quando spera che
tutti possano vivere il suo stesso calvario.
Il cervello di Riccardo, unica parte del corpo incredibilmente scampata alla devastazione,
lavora in continuazione immaginando scenari di morte e distruzione per il mondo là fuori.
Cataclismi, maremoti, esplosioni nucleari, guerre, carestie, malattie incurabili che
decimano la popolazione mondiale tra indicibili sofferenze. La sua mente crea solo questo.
Ma Riccardo sa che un giorno avrà la sua vendetta. La sua mente è la sua unica risorsa;
l'unico "muscolo" che è in grado di allenare. Suonava in continuazione il
cellulare che sua madre aveva dimenticato nella sua stanza.
Improvviso il desiderio di vedere distrutto quell'insopportabile aggeggio..... un
desiderio irrefrenabile... il cellulare che si fonde divorato da un calore misterioso e
intenso. Riccardo ha capito di avere un potere. Eccitazione, spavento, meraviglia, gioia.
Tutte sensazioni che Riccardo non provava da tempo e che nessuno sarà mai in grado di
percepire osservando la pietosa immobilità di ciò che resta di quel corpo. "Nessuno
potrà immaginare". Progetti di vendetta che cominciano lentamente a delinearsi man
mano che il "potere" diviene più controllabile. Sempre più controllabile,
sempre più intenso, sempre più distruttivo. Prima le lampadine poi il televisore e poi
gli elettrodomestici dei vicini. Un gioco veramente divertente dove Riccardo indossa i
panni del monello dispettoso che compie indisturbato e insospettabile le sue malefatte.
Può solo avvertire l'inquietudine attorno a lui ma ciò è sufficiente a procurargli un
sadico godimento. "Ora finalmente sentirete la mia presenza...". Ma presto
Riccardo si rende conto che nulla è cambiato per lui e nessuno sentirà una presenza
diversa da quella silenziosa e assente di un povero vegetale. Chi mai crederebbe che mesi
e mesi di fenomeni inspiegabili sono il frutto delle sue straordinarie capacità
telecinetiche? Chi mai crederebbe che quel povero corpo martoriato nasconde una realtà da
tutti ritenuta leggenda? Chi mai lo sgriderà?
Vorrebbe tanto risentire i ceffoni che suo padre gli allungava da bambino. "Mamma....
papà..... sono stato io a combinare questi guai....!" Ma è la sua mente che sta
parlando. L'odio viene scalzato da una profonda tristezza.
Per la prima volta Riccardo maledice se stesso per aver bevuto troppo quella notte e per
non essere rientrato quando il sonno stava vincendo la battaglia con la sua lucidità.
Riccardo comprende di non essersi mai reso conto di quanto amore abbia ricevuto dal giorno
del suo risveglio, di quanto dolore abbia procurato alle persone che gli vogliono bene.
"Elisa....". Riccardo si concentra sulla macchina che lo tiene in vita. Una
lacrima gli solca il volto quando il suo cuore cessa di battere.