Ricordo la
sera che feci quel favore a Sebastiano.
Ricordo la strada buia e angusta che porta dal paese in cui abito io a quello in cui abita
sua nonna. Nonostante sia una statale piuttosto battuta è stretta e in alcuni tratti
sull'asfalto mancano le strisce che separano una corsia dall'altra. Ricordo il disagio,
nonostante io e la mia macchina fossimo compagni di avventura ormai da qualche anno.
C'era anche un pò di foschia, quei leggeri ventagli di nebbia che accarezzano la
macchina, di notte.
Ma gli feci quel favore.
Sebastiano stava partendo per il Mar Rosso con Antonella, la sua ragazza, e non sapeva a
chi lasciare il suo cane, Max, un grosso labrador capace di stendere un uomo con un balzo.
Non potevo occuparmene io per una ragione ambientale: ho due gatti. Ma sua nonna abitava
in una vecchia cascina in campagna e accettò di buon grado di occuparsene. Gli dissi che
avrei portato io Max fino a Campitello: dopo averlo salutato, feci accomodare il mio
compagno di viaggio e lo accompagnai con la vecchia Uno di mia mamma fino alla sua
residenza provvisoria.
Salutai nonna Maddalena e Max (in quel momento pensai che, probabilmente, durante quelle
due settimane il cane avrebbe mangiato meglio del padrone e della sua fidanzata ...) e mi
diressi verso casa, verso Montanara.
La strada era buia, illuminata solo dai fari della mia macchina. Senza più il cane a cui
parlare me ne rimasi zitto, radio spenta, a pensare a niente.
Mi pareva di attraversare un tunnel di fumo: la nebbia si stava alzando, fitta e
avvolgente; la notte era buia, impenetrabile.
Vidi il suo volto.
Successe d'improvviso, forse frenai con qualche istante di ritardo perché non mi resi
conto immediatamente di quello che era successo. Frenai fino a fermare la macchina. Accesi
le luci d'emergenza. Non sapevo che fare. Fermarmi e soccorrerla, scendendo dalla
macchina, sperando che non sopraggiungesse nessuno dalla direzione in cui venivo io, che
nessuno mi avrebbe investito, che sarei stato bene, che l'assicurazione avrebbe pagato,
che la macchina aveva appena passato la revisione, che ...
Mi fermai e mi misi a ridere.
La strega Carolina!
La strega Carolina!
Il cuore mi batteva ancora forte per lo shock, ma sapevo che entro poco mi sarei calmato.
Era una leggenda del paese di Pilastro: una strega bruciata tanti secoli fa, una donna che
viveva proprio lungo quel tratto di strada e preparava medicamenti con le erbe. Erano
decine le segnalazioni di automobilisti ogni anno; veniva vista nel fosso a raccogliere
erbe, mentre attraversava la strada, in mezzo alla sede stradale.
E il risultato era sempre lo stesso: incidenti, sbandamenti, per evitare la povera
vecchietta, un fantasma ancora in cerca di cicorie e mandragora!
Ingranai la prima e mi rimisi in cammino. Che sciocco! Non si era nemmeno sentito lo
schianto tra la macchina e la signora, come avevo potuto pensare che ...
Bah, preferii riderci sopra e tornai a casa tranquillo, in mezzo alla nebbia.
Il mattino dopo, il primo titolo della Gazzetta diceva a grandi caratteri: ANZIANA INVESTITA SULLA SABBIONETANA.
Nota dell'autore
La strada descritta nel racconto (scritto nel 2001) esiste davvero, la strega di Pilastro
invece no; ma una sera tornando dalla casa della mia migliore amica ho avuto l'impressione
che ci fosse una donna sulla sede stradale ...