Susanna
stava rincasando dal lavoro. Era stata una giornata così dura, pile di scartoffie da
riordinare e catalogare, molto spossante stare dieci ore davanti al computer, non ce la
faceva più ... era convinta che ci sarebbe morta davanti al monitor!
Viaggiava quasi esanime per la strada, a bordo della sua auto, ascoltando la radio a tutto
volume. Non vedeva l'ora di stravaccarsi sulla poltrona fino a tarda notte, mangiando ogni
sorta d'alimenti proibiti fino a strafogarsi, pensando che, sì ... attentavano alla linea
ma in cambio le davano un'energica gratificazione, delle sensazioni gradevoli che la
ripagavano di tutto lo stress accumulato.
Sulle note della canzone "Woman" di John Lennon, si fermò al semaforo e prese a
fissare come ipnotizzata quell'intensa luce rossa che la riportava con la mente a quella
meravigliosa serata, quando lei e il suo amante, abbracciati, erano illuminati da una luce
dello stesso colore, carica di caldi allettanti inviti libidinosi, ai quali, insieme,
risposero con bramosa sollecitudine, creando un intenso e sfrenato erotismo, contornato da
gemiti insistenti e contorsioni frenetiche. Tremanti dalla passione erano anime votate al
piacere.
Un suono di clacson la fece sussultare, davanti a lei una luce verdina insulsa, che le
dava la via libera.
Procedette fino a casa, con un'apprensione quotidiana. Aveva sempre avuto paura di
parcheggiare l'auto nel garage sotterraneo ma doveva farlo, le avevano già rubato la
macchina passata, non conveniva lasciarla alla mercè d'abili predoni per niente
intimoriti da allarmi e vari tentativi di difesa.
Occorreva inabissarsi in quella lunga galleria dal largo corridoio, sempre oscuro,
raggelante, freddo, dove si trovava il suo box. A percorrerlo con la macchina si sentiva
sicura, il peggio veniva dopo, quando sola e inerme, per un lungo minuto si affrettava a
raggiungere la porta della scala; nonostante lo dovesse fare giornalmente, ancora non si
era abituata a quell'immobile tranquillità. Immaginava le più brutte cose, anche quando
il corridoio era illuminato con le potenti lampade, pensava che da un momento all'altro
potesse sbucare chissà cosa da quegli angolini nascosti, ancora ottenebrati, alla fine
dell'androne.
Quella sera, come tutte le altre, aveva parcheggiato, chiuso velocemente il box e
cominciato a correre a piccoli passi, di solito il ticchettio nervoso dei tacchi rompeva
quel pesante silenzio, ma adesso non avvenne. La luce si spense di scatto. Susanna si
sentì avvampare dalla paura, il buio la inghiottiva. Presa dal panico, cominciò ad
andare tastoni sulla parete per individuare l'interruttore, ma non le riusciva. Un rumore
improvviso in fondo al corridoio la fece spaventare ulteriormente, era come uno
scalpiccio. Il cuore le batteva forte in gola, era sicura che ci fosse qualcuno che le
voleva fare del male, pensò che la temuta angoscia si stava avverando. Animata dalla
paura, cominciò a correre indirizzandosi verso la fioca luce che proveniva dall'esterno.
In quegli attimi non pensava a niente, la sua preoccupazione era solo di mettersi in
salvo. Era turbata e rabbrividiva, quell'oscurità pareva non finisse mai.
Stava avvicinandosi alla porta della scala ed ecco che ruotava la maniglia, stava varcando
la soglia, ma un dolore improvviso le impedì di continuare, si sentì trattenere per i
capelli. Cacciò un urlo di disperazione, una mano possente le tappò la bocca, lei si
dimenava e voltandosi vide, al lieve chiarore dei lampioni esterni, un volto ricoperto da
una maschera nera, la quale lasciava intravedere solo gli occhi: due occhi spiritati ed
arrossati.
Susanna si sentì morire, prese ad agitarsi, scrollava la testa, le lacrime le sgorgarono
dai suoi occhi terrorizzati, che lo supplicavano di lasciarla andare. Una voce profonda le
disse di non agitarsi, perché questo sarebbe stato un altro gioco erotico, che avrebbero
fatto insieme.
Incredula, Susanna comprese, in un attimo, che quell'essere feroce era qualcuno che la
conosceva bene! ...
Solo il suo amore. Il suo amore ... che, con questo scherzo pesante, si divertiva a farla
soffrire.
Arrabbiata e sconvolta si liberò dalla sua non più energica stretta e gli inveì
pesantemente contro. Lui rise o almeno pareva che fosse così, da sotto la maschera.
Susanna si sentiva schifata e a pezzi, lo malediva, era profondamente delusa, aveva i bei
capelli sciolti che le accarezzavano il seno, ansimante dal panico devastante che aveva
provato poco prima. Con ribrezzo girò lo sguardo da lui alla porta, verso la quale si
mosse.
Voleva andare via da lì, ma lui la batté sul tempo e l'afferrò per il braccio. Si tolse
la maschera, mostrando il candore dei denti, in una sardonica risata.
"Dai, godiamoci quest'ultimo momento d'autentica estasi" - aggiunse lui,
strappandole la camicetta e affondando quei denti sulla morbida carne bianca del seno,
lacerandola. La stava divorando viva. Vide la sua bocca vorace piena di lei. Era stato
tutto così fulmineo, non reagiva Susanna, era allibita. Lui si avventò ancora su di lei,
puntando al collo, squarciandole la carotide.
Ormai Susanna non pensava più, si abbandonava alla morte.
Il suo sangue inondava di rosso il pavimento, in quel gelido sottopassaggio.
Ilaria Tammaro vive a Borgo a Buggiano in provincia di Pistoia. E' appassionata di letteratura e cinema horror ma ama anche scrivere brevi racconti. Il suo autore preferito è Poe.