Nello
stesso istante in cui lo guardai, capii di trovarmi di fronte il demonio.
Ma non sapevo se lui era un essere soprannaturale o semplicemente frutto della mia
immaginazione!
Forse avevo bevuto troppo?
No, non bevevo mai; a volte, se capitava assaggiavo del vino o del liquore, ma conoscendo
la mia scarsa resistenza agli alcolici, non ero solita alzare troppo il gomito.
Forse ero solo assoggettata dall'aria surreale e sospesa di quella zona o forse
Forse facevo volare un pò troppo la fantasia e non mi curavo di ciò che la mia mente
potesse creare. Non volevo credere a ciò che vedevo, né cercavo di crederci, ma in fondo
alla mia coscienza, una vocina nascosta nell'oscurità della mia anima mi gridava
incessantemente che i miei occhi erano aperti, lontani dal sonno e la mia mente era ben
conscia e non annebbiata dai fumi dell'alcool
Non bevevo, ripeto.
Insomma, non sono mica Edgar Allan Poe!
Lui morì disteso e accasciato sul bancone di un bar, con l'ultimo fatale bicchiere fra le
dita contratte e inanimate. Io invece sono ben conscia di ciò che sto vivendo e non mi
rimprovero affatto di ciò che penso.
Ma la mia mente è sconvolta, non vuole accettare ciò che i miei occhi osservano. Io
però non do retta alla mente. A volte crea strane illusioni; altre volte t'inganna e poi
ti mostra in faccia la realtà.
Ripeto, voglio essere razionale.
Ma ribadisco, lui era un demonio. Non credo che esista al mondo persona che possa
spaventarmi e attirarmi così al tempo stesso.
Ma nella rarefatta atmosfera di quel luogo mistico e incantato non mi ero pentita di ciò
che avevo fatto.
* * * * * * * * * *
Il vento sferzante della Linguadoca mi faceva volare i capelli davanti
al viso. Ma mai durante quel viaggio ho spasimato tanto quanto alla vista del Palazzo dei
Papi di Avignone, il bianco splendente delle torri gotiche a cui si contrapponeva
l'azzurro scuro del cielo estivo. Un sole caldo m'intiepidiva il viso mentre alzavo lo
sguardo verso la bellezza di pietra torreggiante sopra di me.
Chissà quanti passi aveva fatto Caterina di Siena, la coraggiosa mantellata, venuta più
di sei secoli addietro a chiedere udienza al Papa?
Chissà quanti pellegrini avevano sospirato e pregato sotto quelle bianche antiche torri,
svettanti alte contro il cielo, mentre il Rodano scorreva placido e tranquillo con le sue
acque verdeggianti.
E la gente camminava su quelle strade arse dal sole e battute dal vento della Provenza e
della Linguadoca, mentre le rocce si stagliavano piatte contro il cielo e le nuvole
accarezzavano i filari di bassi vigneti, così minuscoli da sembrare arbusti, persi in
quel mare arido e dorato dei campi.
Ero persa a contemplare così la bellezza, mentre pallidi cirri rosa e viola si
rincorrevano nel cielo, quando lo vidi.
Fu la visione di un attimo
Solo un istante. Un lampo fugace e vidi con meraviglia un
volto sconosciuto che mi spiava.
Era conosciuto o sconosciuto? Non lo so? Mi sembrava di averlo già visto da qualche parte
ma non ricordavo dove. Sapete quelle sensazioni di deja-vu? Poi scacciai quel pensiero
poiché, se lo avessi già visto, mi sarebbe rimasto impresso.
Avevo abbastanza memoria visiva soprattutto per la gente non banale come lui. Niente
affatto banale.
Si trattava comunque di un giovane. Era un ragazzo alto e di media corporatura, un tipico
francese bruno, sottile e delicato.
Eppure, man mano che si avvicinava,mi rendevo conto che il primo esame mi aveva ingannata.
Era di fatto giovane, ma brutto come il peccato mortale e con un gelido sguardo negli
occhi di un colore indistinto.
O forse non era brutto! Non riuscivo a capire. Stavo ancora tentando di mettere a fuoco il
suo aspetto e la sua figura quando, veloce com'era apparso, sparì dietro un ampio portale
di pietra.
Stordita dal breve incontro, seguii i suoi passi dietro la porta e con trepidazione gettai
un'occhiata all'interno. Conduceva ad un lungo corridoio buio di cui, a causa
dell'oscurità, non riuscivo a vedere la fine. Eppure, per un solo istante, mi parve di
vedere due lumicini in fondo, come gli occhi scintillanti di un gatto. Ma ripeto, era solo
la mia immaginazione. Così mi ritrassi un pò stordita e mi dissi che me lo ero solo
sognato quello spauracchio ritirato nel portale. Quindi mi affrettai a tornare dabbasso
dove un turista m'interpellò chiedendomi un'informazione. Con la mia spolverata di
francese gli feci capire che non era un'oriunda e questo, contrito, si diresse nella
direzione opposta all'uscita, verso l'antica volta di pietra che parve chiudersi cupa al
suo passaggio.
* * * * * * * * * *
Dopo aver cenato in albergo tornai nella piazza principale.
Durante il periodo estivo ad Avignone si tenevano moltissime feste e manifestazioni spesso
in costume ed era questo il motivo principale che mi aveva spinto a compiere quel viaggio
da sola. Era la prima volta che viaggiavo sola ma Avignone era una cittadina tranquilla e
mi incuteva una certa sicurezza.
Quella sera il cielo vellutato era colmo di stelle e l'aria satura e fresca come seta
carezzevole. Le luci, le voci, il profumo dei giardini mi inebriavano e mi ritrovai a
passeggiare tranquillamente presso l'antico portone di pietra che quel pomeriggio, per la
fretta, non avevo visitato. Da quel punto saliva una lunga scalinata che portava
direttamente al terrazzo panoramico da cui si godeva la vista della città vecchia. Poco
più in là c'era un giardino con al centro una fontana in cui la statua di una donna nuda
si bagnava. La vista della città notturna m'inebriò; giù nella piazza le luci
scoppiettanti della festa mi mettevano allegria. Chiusi per un momento gli occhi
ascoltando il Rodano scorrere placido verso il mare quando l'atmosfera parve sospendersi e
poi liquefarsi e il vento si alzò forte, trascinando fino a me un odore vago e
sconosciuto che mi travolse.
Aspirai a fondo l'odore della notte e delle rose come se candidi petali mi sfiorassero il
volto con la dolce brezza, quando avvertii, non so come, una strana sensazione. Quella di
non essere sola.
Mi volsi lentamente ma i miei occhi scorsero solo il buio.
Ora il vento era stranamente cessato anche se soffiava sempre da quelle parti. L'odore
dell'acqua della fontana e il leggero sciacquettìo dei cigni che nuotavano nella cisterna
mi ingannò per un istante. Ma allora capii finalmente che non ero sola. Là, sotto la
luce fioca della luna, si stagliava una figura umana.
I miei occhi, ormai abituati all'oscurità, misero a fuoco un uomo giovane e mentre questi
si avvicinava lentamente, con passo felpato, verso la luce del lampione, mi resi conto che
era lo strano visitatore del pomeriggio. Impaurita ma anche incuriosita non mi mossi e mi
appoggiai al muretto di pietra. Il cuore mi batteva con tonfi sordi, così forte che le
mie orecchie potevano udirlo distintamente.
Ed egli fu sotto la luce del lampione
Al principio, com'era già successo, non distinsi chiaramente i tratti del suo volto che
mi sembrava vagamente familiare. Era a soli pochi metri da me, forse quattro o cinque ma
la sua figura era indistinta ai miei occhi come se tutto ad un tratto fossi diventata
miope. Ma no, la mia vista era ottima, era lui che era
Non so spiegarmi
Ora, a pensarci mi viene in mente che potesse indossare una maschera che gli cambiava
continuamente i connotati del viso, quel suo viso strano, etereo, bello o brutto al tempo
stesso. Facendomi coraggio e incuriosita mi staccai dal muretto di pietra e mi avvicinai
di pochi passi. Ora lui era a due metri da me, non mi era mai stato così vicino e
finalmente potei vederlo distintamente.
Era giovane, alto e bruno. Il suo corpo era flessuoso, sottile forse un pò troppo magro
ma anche agile, che irradiava una strana forza e una vitalità prorompente che mi stupì
in quella strana creatura. Il suo volto era scuro, olivastro, tanto che pensai che forse
non era francese, bensì spagnolo magari andaluso e ciò pensai nel guardare i tratti del
suo viso, un viso tutt'altro che bello ma con un suo fascino nascosto e segreto. Aveva la
fronte spaziosa e gli zigomi alti, le guance adombrate da un velo di barba che gli dava un
aspetto vagamente selvaggio.
Aveva il naso lungo, diritto, quasi aquilino e le labbra sottili atteggiate in quello che
sembrava un sorriso sardonico; gli occhi dal taglio obliquo e allungato, quasi
orientaleggiante erano neri come non li avevo mai visti prima.
Neri, vi dico! Neri come il nero, come la notte più buia, come l'ala di un corvo, come
l'ossidiana.
E pure neri erano i suoi capelli, lunghi oltre le spalle, scompigliati come agitati da un
forte vento, con qualche ciuffo che gli ricadeva scomposto sulla fronte.
E nere erano le sue vesti, strane vesti che sul momento mi lasciarono perplessa ed
esterrefatta, anche se dopo qualche istante giunsi alla conclusione che doveva far parte
delle comparse alla festa che si teneva giù in piazza
Strano, sentivo ancora le
voci e i canti, quindi la festa non era ancora finita! Cosa ci faceva lui, lì, in quel
momento?
Comunque era sicuramente una delle comparse poiché indossava ridicoli abiti medievali,
una calzamaglia nera, un farsetto di velluto nero ricamato d'argento, una camicia di seta
nera e un medaglione d'argento, appeso ad una catena, che gli poggiava sul petto.
Un uomo tutto in nero, e stava lì a fissarmi con quei suoi occhi neri e profondi e con
quel suo sorriso beffardo. Non so quanto tempo restammo lì ad osservarci. So solo che
persi la nozione del tempo e dello spazio mentre lui, finalmente, si muoveva verso di me e
con una strana voce irreale, morbida e profonda, parlava in una lingua a me sconosciuta,
che non era né francese, né spagnolo e soggiogandomi. Non mi resi conto che aveva alzato
una mano, una di quelle sua mani scure e mi accarezzava la guancia e i capelli e il suo
tocco pareva bruciare sulla mia pelle, come fuoco liquido e mi irradiava una magnifica
sensazione in tutto il corpo come se fosse rivitalizzante. Non capivo o non riuscivo a
capire.
Ma stavo bene, mi sentivo viva come non lo ero mai stata. Tutta la mia anima era
concentrata nello sguardo sfavillante di ossidiana di quel sinistro figuro, quella strana
creatura a metà fra il reale e l'irreale.
Avrei potuto dire tante cose, gridare, chiamare aiuto, divincolarmi, fuggire, ma tutto il
mio "io" era concentrato nel volto spettrale, terrificante e allo stesso tempo
bellissimo di quel misterioso visitatore. Se avessi avuto un pò di quel buonsenso che di
solito conservavo sarei sicuramente fuggita, ma lui sapeva come attirarmi nella sua tela
argentata di ragno ed io non avvertivo più alcuna sensazione di paura, come se tutto
fosse attirato dentro di lui.
E' un sogno, pensai, non devo aver paura
Non devo
Non
* * * * * * * * * *
Quando mi risvegliai, il mattino seguente, mi trovavo in albergo.
La camera era in perfetto ordine e ripulita ed io mi trovavo distesa sul letto. Quando mi
alzai a sedere mi accorsi della rete di lamé d'argento ai piedi del letto. Era di fine
tessuto tanto che, quando la presi tra le mani parve liquefarsi.
Troppo tardi mi accorsi di essere imprigionata da quella ragnatela d'argento e che lui si
avvicinava a me.
Con le fauci spalancate