L'ospedale

Non mi dimenticherò mai quella volta, ciò che successe in quell'ospedale. Me lo avevano detto: non è zona da frequentare, è pericoloso. Circolavano strane storie su quell'edificio, ma io non ci badavo, avevo vent'anni, e da poche settimane avevo conosciuto quasi per caso, una splendida ragazza. Era misteriosa, quasi sfuggente, ci vedevamo al pomeriggio dopo che io terminavo le lezioni dell'università e stavamo insieme fino alla sera.
Non mi volle mai dire dove abitava e si rifiutava di farsi accompagnare a casa. Era misteriosa, sì, ma era questo, insieme alla sua bellezza abbagliante, ciò che mi aveva fatto innamorare. Anche quel giorno, come sempre, volevo solo stare con lei, passare ogni attimo della mia giornata al suo fianco, vivere dei suoi baci e delle sue carezze e fremevo nella consapevolezza che il momento tanto atteso, il momento in cui i nostri corpi sarebbero stati un tutt'uno, era ormai giunto.
Fantasticavo sul fatto che sarebbe stato il momento più bello della mia vita.
Partimmo a sera inoltrata, saranno state le dieci o poco più e l'afa era insopportabile.
Ci lasciammo velocemente alle spalle la nostra piccola cittadina e parcheggiai la macchina nei pressi di quello che una volta era stato il viale d'ingresso del vecchio sanatorio regionale, abbandonato da parecchi decenni e ormai meta estiva di coppiette come noi, alla ricerca di intimità.
Scesi dalla macchina con la mente rivolta alla mia lei e fremevo di impazienza ed eccitazione al pensiero di poter finalmente stare soli, liberi di esprimere per la prima volta interamente le proprie emozioni.

Questo fu il mio errore. Ero talmente inebriato da questi pensieri che non mi accorsi di ciò che stava succedendo intorno. O meglio, di quello che non stava succedendo. Eravamo soli, completamente soli. Le coppiette che furtivamente erano solite sgattaiolare con sguardi complici all'interno dell'enorme edificio abbandonato, quella sera erano improvvisamente scomparse.
Spostai le assi che avrebbero dovuto impedire l'ingresso e condussi la mia donna attraverso un lungo corridoio, fino ad arrivare ad una rampa di scale. Salimmo ed entrammo in una stanza, probabilmente un vecchio ambulatorio. Il lettino dove una volta erano stati visitati i malati di tisi era ancora lì e mi sembrò il giacilio ideale. Ci adagiammo sopra e ci baciammo, le mani scivolavano veloci dove mai prima avevano osato. Al termine di un lungo bacio appassionato i nostri sguardi si incrociarono. Eravamo felici e lei sorrideva; mi sembrava bella come non mai.
Ma all'improvviso, come un lampo, il suo sguardo mutò, il sorriso venne soppiantato da un espressione di terrore e un urlo acuto uscì dalla sua bocca. Si divincolò da me e iniziò a scappare. Uscii dall'ambulatorio e la rincorsi, ma appena misi piede nel corridoio mi sentii come stordire e iniziai a percepire un rombo sommesso e poi sempre più forte. Cosa stava succedendo?? Caddi per terra, le pareti iniziarono a girarmi attorno vorticosamente, quel violento rombare era sempre più forte, mi lacerava i timpani e mi entrava nel cervello come una lama. Riuscii a rimettermi in piedi e a correre, quando improvvisamente il rombo si attenuò, lasciando il posto a un qualcosa di terribile che non dimenticherò mai. Un lamento soffuso mi paralizzò, quella voce roca, improvvisa, che mi chiedeva aiuto sembrava giungere da ogni direzione. Poi un'altra e un'altra ancora e ancora una. BASTAAAA !! Stavo per cedere all'oblio dello svenimento quando in fondo al corridoio vidi di nuovo lei. Solo che era eterea, sembrava sospesa a mezz'aria. Mi guardò e mi disse di scappare lontano da quel luogo infernale. Prima di svanire nel nulla mi disse che presto avrei capito.
Quelle parole schioccarono nella mia mente come una frusta e riuscii a liberarmi dal terrore che mi pietrificava. Scappai via, raggiunsi la macchina e misi in moto. Riusciì dare un ultimo sguardo allo spettrale edificio, che era circondato da un'aura rossastra. Il cielo rosso fuoco lampeggiava e sembrava congiungersi con il tetto dell'ospedale stesso. Ingranai la prima e mi allontanai facendo stridere le gomme sull'asfalto.
I giorni successivi furono un incubo.
Non mi arresi all'idea di aver perso quella ragazza, la cercai ovunque ma fallii. Nessuno in paese sembrava ricordarsi di lei. Cercai di farmene una ragione, di dimenticare quella notte, ma non ci riuscii. Quella notte avrebbe segnato per sempre la mia vita.
Finalmente dopo qualche mese scoprii la terribile verità.
Durante i lavori per l'abbattimento del vecchio e fatiscente edificio, gli operai fecero una scoperta agghiacciante.
Abbattendo i muri della cantina trovarono i resti di alcuni uomini e di una ragazza a cui diedero finalmente sacra sepoltura. Venne alla luce una terribile verità. Il vecchio ospedale fu abbandonato perchè uno dei primari condusse esperimenti terribili su alcuni pazienti leggermente ammalati di tisi, condannandoli a morire fra orribili sofferenze. Ormai ero sicuro, i resti di quella ragazza erano quelli del mio amore svanito. Avevo passato i momenti più belli della mia vita con un fantasma! Quella scoperta fu per me uno schock incredible.
Passarono alcuni mesi prima che mi riprendessi completamente.
Ma ciò che poi cambiò del tutto la mia vita doveva ancora accadere.
Una sera ero alla guida della mia auto e caddi quasi in stato di trance. Una forza a me sconosciuta mi trascinava verso la zona dove sorgeva l'ospedale.
Mi ero ripromesso di non passarci più. Il dolore per ciò che avevo scoperto e per la perdita dell'unico amore della mia vita, mi aveva segnato nel profondo.
Ma non riuscivo a sottrarmi al mio destino.
Parcheggiai e mi diressi verso i cumuli di macerie, quando un flebile lamento mi fece sobbalzare.
Fu così che la vidi. Un flash. Era bella come un tempo, anzi di più. L'unica differenza con la ragazza che avevo amato erano i capelli, leggermente più corti.
Mi scossi dal mio torpore e mi resi conto improvvisamente che era distesa, intrappolata fra due muri crollati dell'edificio abbattuto. La liberai, mi chiese chi fossi e da dove venissi. Mi raccontò che era capitata lì per caso, attratta irresistibilmente da quel luogo e restandone poi imprigionata.
Andammo via insieme, quello che mi era stato tolto mi era stato incredibilmente restituito e mi sentii finalmente libero.
Quella ragazza mi disse qualcosa che non avrei mai dimenticato: "Grazie di avermi salvata per la seconda volta".
Oggi lei è ancora al mio fianco.

Francesco Cicogna