La bestia del Gevaudan

La sua storia ha ispirato il film “Il patto dei lupi” (2001, regia di Christophe Gans), si tratta di fatti realmente accaduti tra il 1764 e il 1767 nella zona centro meridionale della Francia, il Gévaudan per l’appunto. Tutto ebbe inizio nel giugno del 1764, data del primo attacco della temibile belva: una ragazza fu assalita alle porte di un villaggio nei pressi di Langogne; riuscì a salvarsi la vita solo grazie all’intervento della mandria di buoi che stava portando al pascolo, i quali prontamente si frapposero tra lei e la belva, scacciando quest’ultima.
Di seguito la descrizione della stessa vittima: "Grande come un vitello con un petto molto largo, testa e collo grosso, orecchie corte e dritte, il muso come quello di un levriero, la bocca nera e due denti molto lunghi ed affilati con un manto nero della cima della testa all'estremità della coda, procede a balzi di oltre 9 metri, dotata di grandi ed affilati artigli."
Il secondo attacco della belva non perdonò: il 30 giugno una ragazzina venne divorata, il corpo ritrovato dilaniato, gli organi interni mancanti. Nei mesi successivi una vera e propria carneficina si consumò nelle tranquille valli del Gévaudan, numerosi i cadaveri di donne e bambini rinvenuti mutilati nei boschi e nei pascoli.

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Le descrizioni macabre dei pochi fortunati scampati all’attacco dell’implacabile mostro non fecero altro che alimentare una sorta di aura leggendaria attorno alla sua figura.
Il governo francese, sollecitato dai numerosi decessi, inviò nella zona uno squadrone di 56 dragoni, archibugieri a cavallo del XV secolo, comandati dal capitano Jean Boulanger Duhamel che, oltre al suo reggimento, ebbe a disposizione 400 miliziani dei Volontari di Clermont. Duhamel organizzò una serie di battute di caccia, una più infruttuosa dell’altra; né l’esperienza del comandante né quella del suo squadrone furono in grado di tener testa all’abilità quasi sovrannaturale della creatura. Duhamel, che più volte l’aveva vista e più volte le aveva sparato una raffica di colpi, la descrisse come un ibrido mostruoso, metà lupo metà tigre. Il mito dell’ibrido raggiunse l’Inghilterra, la Germania e la Spagna, la bestia non attaccava con le stesse modalità di un qualunque lupo ma decapitava le sue vittime, ne beveva il sangue e divorava gli organi interni.
Re Luigi XV, nel gennaio 1765, emanò un editto con il quale prometteva una taglia di ben 6000 livres a chiunque avesse ucciso il mostro. L’impresa fu affidata al nobile normanno d’Enneval, un famoso e stimato cacciatore di lupi. Nemmeno l’abilità del cacciatore normanno poté qualcosa contro l’ira assassina della belva del Gévaudan, le vittime si susseguirono a ritmo vertiginoso, la creatura sembrava dotata di un’intelligenza umana, veloce, rapida, incredibilmente forte tanto che, nonostante d’Enneval e i suoi uomini riuscirono a spararle, i proiettili non sembrarono in grado fermarla. A d’Enneval subentrò allora de Beauterne il quale, assieme ad altri abili tiratori, il 18 luglio 1865 uccise un’enorme bestia di oltre 60 kg.
Purtroppo, l’animale ucciso non era la vera bestia del Gévaudan; il 2 dicembre 1765 il mostro ricomparve facendo un’altra vittima. Molti altri avventurieri impavidi si mobilitarono per trovarla, molti altri animali d’insolite dimensioni furono uccisi a distanza di pochi giorni, ma nessuno di essi sembrava essere la tanto temuta creatura.
Le aggressioni, però, cessarono definitivamente nell’inverno del 1766, quando ormai il mostro sanguinario aveva mietuto circa 170 vittime. Luigi XV decise di emanare un ordine di censura sull’intera vicenda e sugli stessi atti di morte stilati dai curati del luogo.
Cosa era successo veramente alla bestia? Era morta oppure era migrata in qualche altro luogo? Ma, soprattutto, di quale animale si era trattato? D’illazioni ne vennero fatte a bizzeffe, le persone di scienza furono portate a dare una spiegazione razionale: un lupo antropofago forse, un ibrido tra un lupo e una pantera/lince/licaone fuggito da qualche circo errante. Per altri si trattò invece di un serial killer psicopatico che uccideva travestendosi con una pelliccia di lupo, ma la maggior parte delle persone furono fermamente convinte che il responsabile dei brutali omicidi fosse stato un lupo mannaro (Eleonora Della Gatta: 16 aprile 2012)



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