Se avete letto il mio articolo dedicato alla fiaba, saprete che una storia, una qualsiasi storia, per andare avanti, ha bisogno di ostacolare l’Eroe per mezzo dell’Antagonista.
Ma l’antagonista non è necessariamente cattivo. Pensate all’antagonista dell’eroe Jean Valjant, l’ispettore Javert; lui non è cattivo, ha solo un suo personale e rigido codice morale. E oltretutto alla fine capisce di aver sbagliato e si punisce.
Il Cattivo, ormai meglio noto come Villain, non condivide la stessa casella dell’antagonista nell’organigramma delle narrazioni. E se è per questo, non va nemmeno confuso con l’Antieroe, figura molto in voga negli ultimi decenni. L’antieroe è un personaggio che infrange la legge e viola le convenzioni sociali, ma lo fa con classe e così risulta simpatico al pubblico, tanto da diventare, a volte, il vero eroe protagonista della storia. L’esempio più lampante di antieroe è rappresentato da Lupin III e la sua banda. Tutti amiamo Lupin, Jigen e Goemon e odiamo Fujiko, perché lei è una triplogiochista che raggira l’eroe in maniera subdola solo per i suoi interessi.
Altri splendidi esempi di antieroi sono i rappresentanti della famiglia Addams.
O Tyler Durden.
Invece la natura del villain è intrinsecamente ed irrimediabilmente malvagia. Insomma, è il Cattivo Puro.
Nelle fiabe e nei romanzi più datati, si usava rappresentare il villain seguendo degli stereotipi fisici è psicologici, che potevano variare in base all’epoca e alla cultura di nascita. Alcune di queste caratteristiche potevano avere origini da pregiudizi razziali, religiosi o sociali.
Comunque, il villain doveva presentare qualche deformità; la strega con il nasone e il porro, il Riccardo III di Shakespeare gobbo e folle, Freddy Krueger bruciacchiato e con un discutibile gusto nell’abbigliamento.
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Nei film muti d’inizio secolo, il cattivo vestiva di nero, aveva baffi alla Dalì, il viso appuntito come un furetto e gli occhi da maniaco. Con l’avvento del sonoro hanno aggiunto anche una voce melliflua e una risata isterica a questo bell’ensemble.
C’è da dire che ci sono sempre state due correnti di pensiero e narrazione che prevedevano due distinti tipi di villain; quello, appunto, brutto e viscido e quello bello e affascinante.
Esempio massimo di cattivo figo è il conte Dracula. Anche se nel romanzo originale di Stoker è rappresentato come un vecchio ributtante, il cinema e la letteratura successiva ci hanno sempre presentato i vampiri come creature affascinanti, ricche e acculturate.
Nel romanzo Le relazioni pericolose di Chordelos de Laclos facciamo la conoscenza di una dei villain più ammalianti di sempre, la marchesa di Merteuil. L’affascinante visconte di Valmont invece non può essere considerato un villain perché alla fine si pente e aiuta a smascherare la sua ex complice. Quindi è un antagonista. O al limite, un antieroe.
Fin qui abbiamo parlato delle caratteristiche fisiche dei villain, ma il punto di forza di questa categoria è la loro complessa caratterizzazione psicologica.
Un buon villain (perdonate il paradosso) deve avere delle solide motivazioni per fare quello che fa. E se non ha una storia alle spalle che fornisca un “alibi” alla sua malvagità, allora deve essere tremendamente affascinante.
Villain che amiamo alla follia:
- Hannibal Lecter
- Joker
- Malefica
- Il Dittatore di Sasha Baron Cohen
- Jigsaw
- Denzel Washington in Training day
- Don Corleone
- Dart Fener
- Il vostro affezionatissimo Alex
- Dexter Morgan
- Light Yagami aka Kira
- Lo squalo (solo 1 e 2. Il 3 e il 4 sono imbarazzanti)
- Il papà dell’anno Jack Torrance
- Il tassista dell’anno Travis Bickle
- Kaiser Souze
Ora, Jigsaw ha dei motivi validissimi per fare quello che fa, e infatti tifiamo tutti per lui.
Kaiser Souze... va a capire quale storia è vera.
Jack Torrance è debole e viene posseduto dallo spirito dell’Overlook.
Negli ultimi anni è stato compiuto il madornale errore di dare un passato sia a Hannibal che a Malefica.
Non serviva.
Veramente.
Oltretutto, mi hanno trasformato la fighissima Malefica in una specie di Mary Poppins. Inaccettabile.
Un villain affascinante, ormai iconico, che ha un dettagliato background e che non solo non ne è stato sminuito, ma che ha aiutato a renderlo ancora più tridimensionale è Tom Marvolo Riddle, noto agli amici (?) come Lord Voldemort.
Ora, Voldemort senza una storia alle spalle, sarebbe stato il classico mago cattivo delle fiabe. Vestito di nero, senza naso, crudele con i sottoposti e dotato di una risata agghiacciante (vedi HP e il Calice di Fuoco).
Ma in Harry Potter e il Principe Mezzosangue scopriamo tutta la storia della famiglia di origine di Tom, bambino bellissimo, totalmente privo di empatia e terrorizzato dall’incognita della morte. Che poi abbiano trasformato il rispettivo film in un capitolo di High School Musical è un altro, triste discorso. Leggete i libri!
Comunque, possiamo trarre la conclusione che, un villain degno di tale titolo deve possedere:
- Delicata arroganza
- Eccesso di sicurezza e di fiducia nelle proprie capacità (fatale)
- Spiccato narcisismo che lo porterà allo scivolone del Super Spiegone Finale (fatalissima)
Queste caratterizzazioni rendono il villain più interessante dell’eroe, che deve sempre agire entro schemi limitati dalla morale.
Vi sfido a trovare un eroe più figo del cattivo.
Ma questa tendenza ha anche una spiegazione psicologica: il villain, con le sue azioni al di fuori delle leggi e della morale, risponde a una fantasia liberatoria e auto appagante, tanto del narratore che dell’ascoltatore.
Che siate o meno credenti, non potrete negare che Satana è mille e mille volte più affascinante di Dio.
A proposito, ma non doveva uscire un film tratto dal Paradise Lost di Milton?
“Ogni film vale solo quanto il suo cattivo. Dato che gli eroi e gli espedienti tendono a ripetersi di pellicola in pellicola, solo un grande cattivo può trasformare una buona prova in un trionfo.” Roger Ebert, critico cinematografico.
Monia Guredda nasce a Roma nel 1983. Consegue un’utilissima maturità artistica e un’ancor più utile laurea triennale in Arti e Scienze dello Spettacolo. Ama leggere, ama scrivere, ama vedere film e serie tv (che a volte chiama ancora “telefilm”). Organizzatrice di eventi letterari, giornalista pubblicista e scrittrice pubblicata, sguazza con maggior delizia nel genere horror (con una nota di ironia), anche se di tanto in tanto non disdegna incursioni in altri territori. Strega buona (quasi sempre) consulta con una certa regolarità i suoi fedeli tarocchi che a volte le danno delle dritte anche per nuovi racconti. Suoi racconti sono apparsi per quelli di Letteraturahorror.it, La Soglia Oscura, Watson, Tuga, L’Erudita, Themis, Delos e Scheletri. La prima raccolta di racconti tutta sua è uscita per quelli di Edizioni La Rìa con il titolo “Puoi sentirli sussurrare”. Il suo primo romanzo breve, intitolato L'eco dei morti, è uscito ad Halloween 2024 con il marchio Scheletri.com.Ama leggere, scrivere, curare i suoi animali e le sue piante grasse, visitare luoghi d'arte. Non sa usare gli elettrodomestici e soprattutto non riesce mai a trovare uno straccio di titolo per le storie che scrive. In compenso trova sempre l'inizio del rotolo di scotch al primo tentativo.
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