di Vincenzo Malara - pagine 248 - euro 15,00 - 0111 Edizioni
Le vite di tutti noi sono interconnesse, talvolta con una profondità che
nemmeno immaginiamo. Le persone che incontriamo ogni giorno, la cui
esistenza sfioriamo senza neanche accorgercene, sono legate a noi da
nessi che in molti casi non scopriremo mai, ma che a loro ci connettono
indissolubilmente.
Questo anzitutto ci vuol raccontare Vicenzo Malara, nelle cinque
vicende parallele del suo “Persi nel vuoto”, storie di personaggi
che a prima vista non hanno nulla in comune, ma che sono uniti appunto
da quelle sottili interconnessioni che, come una tela di ragno, si
dipanano attorno all’esistenza di ciascuno di noi.
Così Rose Thompson e
i suoi amati topi, Sam Starkey e la voce del lavandino, Joseph Garry in
cerca di storie incredibili e Paul Kaine all’inseguimento del suo futuro
nel deserto, pur vivendo percorsi distinti, calcano strade che in
qualche modo si intrecciano. Le inquietanti vicende di cui sono di volta
in volta protagonisti o comparse si dispiegano davanti agli occhi del
lettore con ritmo incalzante, spingendolo a leggere con avidità, per
scoprire fin dove può spingersi la follia umana, fin dove l’oscurità può
intrappolare e risucchiare gli uomini, fino a che essi non arrivano a
sentirsi persi in un vuoto che non ha più nulla di reale. Eppure è
reale, è la loro vita.
L’idea è senz’altro buona e anche la stesura è piacevole, ma... ci sono
un certo numero di ma.
Senza dubbio va in primo luogo riconosciuto alla 0111 Edizioni il merito
di aver realizzato una cover inquietante e accattivante al punto giusto,
che mi avrebbe in ogni caso convinta all’acquisto.
Purtroppo però è mancata parecchia attenzione sul fronte dell'editing.
L'opera di Vincenzo Malara soffre infatti della mancanza di un'accurata
revisione e di un occhio critico che intervenga su certe disattenzioni
lessicali e di punteggiatura e, in alcuni casi, su vere e proprie
incoerenze narrative. Porto qualche esempio per dare l’idea.
L’agente Karl Koppelson entra nella polizia di Creek Tailer nel 1966...
ben DUE anni prima di trasferirsi a Creek Tailer per cercare lavoro!
Ohibò!
Al capitolo 20 si descrive una messa; posso sbagliarmi, ma sembra una
messa cattolica e se effettivamente lo è, la prima lettura dovrebbe
essere tratta dall’Antico Testamento (il “libro dei Corinti” – per la
cronaca – NON esiste), la seconda dal Nuovo Testamento (la lettera di
San Paolo ai Galati è UNA sola, quindi non può che essere la prima...) e
tra le due non dovrebbe esserci affatto un canto “all’Agnello di Dio”,
bensì il salmo responsoriale. Sempre per amor di verità, devo
sottolineare che nel Vangelo di Matteo non si parla mai di una
prostituta e se il riferimento era all’episodio dell’adultera – quella
del “chi non ha peccato scagli la prima pietra”, per intenderci - il
Vangelo è quello di Giovanni.
Vincenzo avrebbe fatto bene ad informarsi sullo svolgimento di una
messa, cercando su internet i dettagli oppure prendendovi parte in
qualità di "scrittore sul campo". L'editor della sua casa editrice,
invece, avrebbe fatto bene a verificare certe informazioni (un buon
editor è costantemente mosso dal dubbio ;-)).
Nello stesso capitolo, troviamo anche un prete che “si spara sotto il
collo”, espressione poco corretta: o si spara sotto il mento, oppure si
spara alla gola.
Non potendo soffermarmi su altri esempi eclatanti senza rivelare parte
della trama, dico soltanto che da qualche parte c’è persino un
proiettile che assume traiettorie fisicamente impossibili (roba che non
si è vista nemmeno nel film "Wanted") e poi scompare (avendo colpito lo
stomaco di una persona sdraiata supina, mi chiedo dove possa essere
finito: al centro della terra??? Pare di no, perché in seguito viene
ritrovato e analizzato!).
Dettagli? Può darsi, ma personalmente sono convinta che non si debba
parlare o scrivere di quello che non si conosce. Tanto più che basta
veramente poco per informarsi.
É davvero un peccato scontrarsi con queste imprecisioni, non solo perché
vanno ad incidere sulla qualità del libro (potenzialmente alta) e
rovinano il piacere della lettura, ma anche perché denotano poco
rispetto nei confronti di chi deve aprire il portafogli.
Ad ogni modo gli intrecci sono godibili e ho trovato particolarmente
riuscite sia la storia di Sam Starkey che quella di Rose Thompson.
C’è anche da dire che alcuni collegamenti tra i racconti sono davvero
perfetti, altri meno azzeccati e un po’ tirati per i capelli, ma non
completamente per aria.
Un’ultima riflessione, del tutto personale e generale: forse gli autori
italiani dovrebbero smettere di raccontare in modo molto impreciso
l’America e cominciare ad ambientare i propri romanzi in Italia. Sì,
proprio in questo noiosissimo e poco esotico Paese. Di cui però si
riuscirebbe, una volta tanto, a parlare con cognizione di causa e
dovizia di particolari, senza dimenticare che il buon vecchio web sarà
sempre pronto a darci una mano.
Voto: 6
[Blackstar]
Incipit
Rose Thompson era stata definita da un professore del liceo
“una ragazza con evidenti limiti di apprendimento”. Ora aveva
quarantaquattro anni e i topi erano il suo unico amore.
“Mi chiamo Rose e tu?”
Rose parlava con loro, immaginava le loro voci, le loro storie e il loro
passato. Non si era mai affezionata a niente nella sua vita, non a un
cagnolino o a un gatto... nemmeno a suo padre e a sua madre, ma solo ai
topi che teneva in casa con lei.