Battle royale

di Koushun Takami - pagine 663 - euro 12,00 - Mondadori

Repubblica della Grande Asia dell’Est, 1997. La terza B della scuola media Shiroiwa viene scelta per far parte del Programma: i quarantadue ragazzi della classe, intrappolati su un’isola deserta, sono così costretti a partecipare a un gioco, una sfida che li mette uno contro l’altro, il cui unico scopo è quello di uccidersi a vicenda. Ma Shuya Nanahara non ci sta, e assieme a Noriko, Shogo, Shinji e alcuni altri, tenta di ribellarsi alla crudeltà del governo.

"Battle Royale" è il bestseller più venduto in Giappone.
"Battle Royale" ha ispirato due film.
"Battle Royale" ha dato vita a manga e videogiochi.
"Battle Royale" è ormai un classico.
"Battle Royale" arriva in Italia con dieci anni di ritardo.
Il problema, più che altro, non risiede neanche nell’attesa inspiegabile, visto che chiunque sia rimasto folgorato dall’idea truculenta e controversa di Koushun Takami ha sicuramente potuto saziare la curiosità con il manga edito da Panini (e proprio in questo periodo nel mentre di una ristampa) o con i due film (da poco editi nel Belpaese, ma il dvd import dispone comunque di sottotitoli nella nostra lingua, per quanto sgraziati e frustranti), ma dalla cura riservata a un romanzo che necessitava di massima attenzione e, a conti fatti, da quello che il romanzo è.
Tanta è l’amarezza che si fa largo tra i sentimenti man mano che si avanza nella lettura, tanta è la delusione e il dispiacere, che rabbia e volgarità potrebbero prendere il sopravvento, costringendo semplicemente a dire che la versione italiana di "Battle Royale" fa cagare quanto un treno di Guttalax.
Ma anche ponendo un freno all’indignazione e del nastro adesivo sulla bocca, diventa piuttosto problematico raccogliere i pensieri e dare un giudizio a un romanzo che, a conti fatti, è illeggibile.
Per due motivi.
Il primo è che Takami è tutt’altro che un abile narratore.
Il suo stile è elementare, povero, ripetitivo, un contenitore di infodump che continuano a spezzare il ritmo, rallentandolo a dismisura. "Battle Royale" è infatti zeppo di fastidiose parentesi psicologiche che poco o nulla servono all’economia del romanzo, proprio perché ripetute fino allo sfinimento (l’amore di Shuya per il rock e lo zio di Shinji, giusto per citare i due più grossi avvitamenti di testicoli). E a queste si aggiungono flashback, riflessioni e discussioni irritanti come una piantagione di ortiche, perché continuano, inesorabili, lenti, lentissimi, a ripetere gli stessi concetti con le stesse parole, senza alcuna pietà per il lettore.
A chiudere il girone delle atrocità ci pensa infine la componente sentimentale, fattore ampiamente criticato sia nei film che nel manga, perché, per quanto tenero e ingenuo possa essere l’amore a quattordici anni, si sfiora il ridicolo in ogni occasione in cui quel ragazzo dichiara la sua cotta per quella ragazza o viceversa. Manca la giusta sensibilità per affrontare l’argomento, quella delicatezza fondamentale per sottolineare certi stati d’animo che, in una situazione disperata come quella raccontata dal romanzo, impazziscono uccisione dopo uccisione.
Il secondo motivo che fa affondare la barca è la traduzione.
Sicuramente tradotto dall’inglese e non dal giapponese, sacrificando la fedeltà a chissà quali dèi monetari, "Battle Royale" è un tremendo, irritante, fastidioso, seccante ricettacolo di avverbi e ripetizioni, che impedisce una lettura fluida e scorrevole, sostituendola invece con una serie di dolorose testate al muro.
Il bonelliano Tito Faraci non usa vocabolari provvisti di pronomi e sinonimi, ma innalza invece un altare alla divinità del suffisso in -mente, portando alla distruzione di qualsiasi buona volontà di cui possa disporre un lettore.
Volete un esempio?
Hirono aveva finito l’intera scorta di acqua. Dopo che aveva ucciso Kaori era corsa via da Shuya allontanandosi approssimativamente di duecento metri, e si era nascosta nel boschetto, ma aveva finito per usare molta acqua, oltre che per bere, nel tentativo di pulire la ferita (rimpiangeva amaramente di averlo fatto).
Da allora erano passate quasi due ore. Per un po’ di tempo aveva sudato abbondantemente, ma ormai dai suoi pori non fuoriusciva più nulla. Molto probabilmente si stava avvicinando alla disidratazione. A differenza di Noriko Nakagawa, Hirono aveva davvero sviluppato la setticemia. E dato che non aveva disinfettato la ferita, il suo stato si era aggravato velocemente. Ovviamente non aveva modo di sapere niente di tutto ciò.
Oppure:
Noriko aprì gli occhi improvvisamente. I loro sguardi si incontrarono. Poi Noriko con calma disse:
«Che c’è che non va?»
«Niente... be’, stavo pensando.»
Shuya era in imbarazzo perché stava fissando Noriko, così cercò di dire qualcosa: «So che suona strano, ma spero solo che tu non stia pensando di suicidarti.»
Noriko guardò in basso...
Cose del genere si trovano in ogni dannatissima cartella.
Non si scrive così. Non si può. È sconcertante. E non riesco a capire se devo piangere o ridere di fronte a una simile, imbarazzante lezione di italiano. Frasi sgraziate, pesanti, indigeste, semplicemente mal scritte, semplicemente orribili. Non ci sono né agilità né un minimo tentativo di rendere scorrevole il malloppo, tutto è inutilmente complesso, involuto, frustrante.
Chiaro quindi che torture come chiodi sotto le unghie diventano piacevoli passatempi di fronte a quasi 700 cartelle colme di cotanto spregio verso la lingua tricolore, e ci si chiede come sia possibile approvare e poi mandare in stampa un volume del genere.
"Battle Royale" si regge su’idea splendida, originale, disturbante, perfida, metaforica, e questo è l’unico elemento di valore del romanzo. Per il resto, sfido chiunque ad arrivare in fondo al libro. Anzi, sfido chiunque a leggerlo.
Da cestinare.
Voto: 3
[Simone Corà]

Incipit
COMUNICAZIONE INTERNA DEL GOVERNO INTERNO ANNO 1997.
N. 00387461 (TOP SECRET E MASSIMA CAUTELA)
Inviata dal Supervisore delle Forze di Difesa per le Missioni Speciali della Segreteria dell’Autorità Centrale e dal Supervisore degli Esperimenti di Battaglia dell’Esercito di Difesa Speciale terrestre
Al Supervisore incaricato dell’Esperimento di battaglia n. 12
Anno 1997 del Programma n. 68, 20 maggio, ore 18.15
Abbiamo la conferma dell’intrusione nel sistema operativo del governo centrale, avvenuta durante il periodico controllo, all’alba del 12 marzo. Al momento stiamo indagando per accertare la possibilità di un’altra intrusione.
Stiamo anche valutando la possibile identità del sospettato, il suo scopo e qualsiasi eventuale fuga di informazioni, ma, data l’elevata abilità dimostrata nell’accedere al computer, ne rinviamo la presentazione del profilo.