di Joe Hill - pagine 368 - prezzo18,00 - Sperling & Kupfer
Judas Coyne è una rockstar metal. I suoi gusti in fatto di musica gli sono valsi la fama e la ricchezza. Ma quelli in fatto di collezionismo, perfettamente in linea col personaggio, gli costeranno un bel po'. Se è pur vero che gli poteva essere sembrato interessante comprare disegni di John Wayne Gacy, oppure teschi di contadini trapanati per far uscire i demoni, finora si era comunque trattato di un'innocente collezione di stranezze. Ma quello che Judas si trova a casa, dopo aver risposto a una strana inserzione su un sito online, è un fantasma autentico.
E molto arrabbiato. Un fantasma che abita un
vestito nero da predicatore, una cosa tipo la versione cattiva di Johnny Cash: nero, con
bottoni enormi e puzzolente di marcio. Judas dapprima se ne dimentica e ci dorme su. Ma
durante la notte un vecchio dall'aria cattiva siede nel corridoio di casa sua. E la mano
che la sua ragazza si è punta toccando per prima l'abito comincia a marcire. E il suo
segretario si toglie la vita, in maniera del tutto inaspettata. Ma poi gli telefona. Dopo
essersi ucciso.
Comincia così questo viaggio nelle maledizioni del profondo sud a opera di un esordiente
degno di nota. E non perchè si tratta del figlio di quel King di cui tutti, almeno una
volta, hanno letto un libro. Questo libro merita attenzione soltanto per un motivo: è
scritto bene e prende lentamente, ma poi non sarà possibile lasciarlo fino alla fine.
Seppur non eccezionale si tratta di un esordio nel romanzo che appare sorprendentemente
maturo per uno scrittore che ha al suo attivo soltanto una raccolta di racconti.
Joe Hill costruisce una lentissima tensione all'interno di una storia
apparentemente semplice.
Ma quello che a mano a mano giunge alla coscienza dei suoi personaggi e del lettore è
qualcosa di veramente complicato. Il tutto ha un sapore antico, come di una maledizione
lanciata attraverso il tempo, in uno spazio abitato da persone che non crederebbero mai
davvero a queste cose. Ma la lettura presto prende il sopravvento e i personaggi, come il
lettore inizialmente solo incuriosito, finiranno per essere catturati nelle maglie di uno
di quei racconti vecchia maniera.
Tipo quelli di papà Steve. Scritto solo con un bel po' di mestiere in meno, ma questo è
perdonabile. Come si diceva si tratta soltanto del secondo libro dell'autore. E già si
avverte una buona propensione a coinvolgere il lettore senza troppi trucchetti, solo con
una solida trama e una scrittura fluida.
La storia acquisisce complessità mano a mano che procede il viaggio verso la scoperta del
vero significato di una persecuzione dall'oltretomba. Il precedente proprietario
dell'abito infestato sapeva perfettamente quello che faceva, e prima di morire ha lasciato
delle istruzioni in merito all'uso del suo vestito. E quelle, seguite alla lettera, hanno
portato a un riuscito aggiornamento del concetto di infestazione. Un concetto in sè
piuttosto abusato, e di difficile rinverdimento. Ma in questo caso l'aggiornamento può
dirsi riuscito e il lettore ritroverà con piacere quella tensione sottile, insinuante
ormai sempre più rara in un romanzo. Quella tensione che ci fa andare a dormire coi
personaggi di un libro e talvolta sognarli. E trattandosi di un pargolo del Re, non
saranno dolci sogni quelli che faremo.
Voto: 6
[Anna Maria Pelella]
Incipit
Jude aveva una collezione privata. Tra i suoi dischi di platino appesi alla
parete del suo studio c'erano alcuni schizzi incorniciati che raffiguravano i sette nani.
Era stato John Wayne Gacy a disegnarli mentre era in prigione e a mandarglieli. Gacy amava
la Disney dell'epoca d'oro quasi quanto amava molestare i bambini; quasi quanto amava la
musica di Jude.
Aveva il teschio di un contadino, che era stato trapanato nel sedicesimo secolo per fare
uscire i demoni. Nel foro al centro del cranio teneva una collezione di penne.
Aveva una confessione firmata da una strega trecento anni prima. "Ho parlato con un
cane nero che ha detto che avrebbe avvelenato le vacche, fatto impazzire i cavalli e
ammalare i bambini per me se gli avessi lasciato prendere al mia anima, e io ho detto sì
e poi gli ho dato il mio seno da succhiare." Era morta sul rogo.