La valle dell'orco

di Umberto Matino - pagine 340 - euro 12,90 - Foschi Editori

Contrà Brunelli è una contrada ‘rovèrsa’, sperduta sui primi comtrafforti della montagna vicentina, con strade impervie, senza negozi, senza radio né televisioni.
Aldo, stanco della sua vita così come l’ha vissuta fino a ora, decide di emarginarsi e di andare a vivere in quel luogo così inospitale, in compagnia di monti, boschi, caprioli e di una manciata di vecchi scorbutici ma simpatici.
Qualche mese più tardi, Carlo, il suo migliore amico, riceve la triste notizia che Aldo si è impiccato.

Affranto dal lutto inaspettato, giunge a Contrà Brunelli per capire quale possa essere il motivo che ha spinto una persona tanto cara a un gesto così estremo. E quando ritroverà il diario dell’amico, con l’aiuto di un prete novantenne capirà che tra quei boschi e quei monti giace sepolta una secolare scia di delitti e di misteri.
Inaspettato gotico rurale emergente dall’underground italiano, "La valle dell’orco", tra sinossi, inquietante immagine di copertina e prefazione di Eraldo Baldini, guru di un certo genere letterario, incuriosisce per le tematiche trattate, ricche di quei risvolti popolari e folklorisitici che si sporcano ora di orrore ora di rebus arcani e indecifrabili. Oltre a questo, il fatto che l’ambientazione, così indovinata e sinistra, trovi posto in un luogo che dista meno di un’ora da casa mia, raggela e fa rabbrividire non appena si sfogliano le prime pagine.
Sapientemente gestito fra un io narrante preciso e didascalico e una terza persona accattivante ma forse troppo impulsiva, il romanzo di Umberto Matino è un interessante affresco di una vita d’altri tempi, quando il rapporto con la natura era ancora fondamentale e necessario, un legame fatto di sudore e fatica, che non aveva e non ha bisogno di tecnologia e modernità per sopravvivere.
Attraverso le parole con cui Aldo ha redatto il suo diario sembra davvero di respirare la fresca brezza di montagna, di udire il rumore del bosco, di conversare in dialetto con i pochi abitanti del luogo e di essere parte di un universo al giorno d’oggi anche solo difficile da immaginare. E quando il mistero inizia a infittirsi, semimando morti enigmatiche e accennando a segreti dimenticati in ere lontane, è facile provare un senso di smarrimento e di tensione, persa com’è la mente in questa contrada povera e spoglia, silenziosa come la notte e custode di lingue e riti arcaici.
La stile è evocativo, rigoroso e affascinante, sia nella naturale semplicità dei primi capitoli che nella tensione e nelle paure che aumentano man mano che la storia prosegue. E il ritmo, adatto a una narrazione tanto accurata, è abile complice di inquietudine attraverso quella pacatezza e quella riflessività a tratti dilatate a dismisura, per poi acutizzarsi in improvvisi momenti di tesa intensità.
Un po’ meno bene, invece, la narrazione in terza persona legata ai capitoli con Carlo come protagonista. Lo stile si fa meno elegante e si macchia di una leggera ingenuità, fattore totalmente assente nell’esaustivo registro adottato per i capitoli in cui è Aldo, attraverso il suo diario, a raccontare i misteri di Contrà Brunelli. Inevitabile, quindi, un po’ di rammarico per le differenze stilistiche che, se volute, avrebbero sicuramente funzionato meglio nella maniera opposta, lasciando una certa semplicità narrativa al diario e una maggiore accuratezza nella descrizione della vicenda di Carlo.
Ciò nonostante, la lettura è sempre coinvolgente, e quando la natura giallistica della vicenda prende il sopravvento, è facile venire travolti dall’incredibile lavoro svolto dall’autore in fase di documentazione. La realtà abbraccia la fantasia, offrendole continui trampolini inattesi, e si resta piacevolmente spiazzati dalle note a margine, che dichiarano e testimoniano l’assoluta veridicità di quei fatti accaduti in un passato remoto che hanno dato il via all’inventiva di Matino.
Piace com’è strutturata la vicenda, figlia di un complesso e articolato rompicapo che gioca con il soprannaturale, sfiorandolo però solo come atmosfere tetre, sempre maligne e inquietanti. Per il resto, siamo dalle parti di un giallo ottimamente costruito tramite elementi di contorno insoliti e attraenti, e anche se non è così difficile ipotizzare la vera identità dell’assassino, la fluidità narrativa di Matino diluisce le informazioni col giusto piglio, senza mai strafare o lasciando sgradevoli buchi irrisolti.
Piccola sorpresa, con un pregevole rapporto qualità/prezzo, davvero invitante. Consigliato.
Voto: 7
[Simone Corà]

Incipit
A Contrà Brunelli il sole non si era levato ancora. La luce dell’alba rischiarava il piccolo altipiano intessuto d’orti e di campi e la stretta valle dove, su un costone boscoso, era sorta la contrada. L’ombra lunga del Sengìo impediva ai raggi del sole di raggiungere i tetti delle case, e intanto, tutto intorno, le cime dei monti più alti erano già illuminate e si stagliavano rosa e bianche su un cielo particolarmente azzurro.
L’inverno stava ormai arrivando e di prima mattina l’aria era già molto fredda.
Romilda Brunelli, uscendo dalla legnaia, strinse forte le braccia sotto lo scialletto che portava sulle spalle, per cacciar via il brivido che le risaliva la schiena.
Nella luce chiara del giorno, mentre si dirigeva verso il fontanile, i tratti duri e taglienti del suo viso si contrassero improvvisamente e un suono roco, né grido né singhiozzo, le uscì dalla bocca.