di Eraldo Baldini e Alessandro Fabbri - pagine 255 - euro 15,00 - Einaudi
E' l'estate del 1969. A Lancimago, paese rurale di poche centinaia di anime, quattro amici undicenni, Enrico, Billo, Valerio e Gianni, seguono alla tivù la missione Apollo che porterà il primo uomo sulla Luna. Ma sul villaggio, proprio in quei giorni, si scatena un crescendo di eventi terribili e misteriosi. La natura pare ribellarsi o impazzire, mentre aleggiano sui campi i fantasmi di superstizioni dimenticate e di antiche paure. Saranno i quattro bambini, e soprattutto Enrico, a fronteggiare l'orrore e a comprenderne il senso. Ma perchè, esattamente trent'anni dopo, diventato adulto, lo stesso Enrico accompagna a Lancimago il figlioletto? (dall'ultima di copertina).
Finalmente ritorna l'horror "rurale" di Eraldo Baldini che ci
regala "Quell'estate di sangue e di luna", splendido romanzo
scritto a quattro mani con il premio Campiello Alessandro Fabbri. Questo
libro e i precedenti lavori di Baldini ci insegnano, e di questo ringraziamo di cuore, che
per trovare l'orrore, la paura e l'angoscia non c'è bisogno di trasferirsi negli Stati
Uniti o in qualche spettrale località anglosassone ma è sufficiente guardarsi intorno e
rimanere qui nella nostra Italia, in città o ancora meglio in qualche paesino di
campagna, tipo Lancimago.
La trama scorre fluida, appassiona e cattura fin dal prime pagine. Si rimane incantati di
fronte all'eleganza della scrittura dei due autori tanto che sembra quasi di sentire e
vedere i profumi e i colori della campagna di Lancimago. La Natura descritta da Baldini e
Fabbri è allo stesso tempo madre e matrigna, è un'entità assolutamente da rispettare
che affascina e spaventa.
Da leggere assolutamente!
Voto: 8,5
Incipit
Enrico distoglie per un attimo lo sguardo dalla strada, cerca il pulsante del
condizionatore e lo preme. Il ronzio cessa.
- Perchè hai spento, papà? - gli chiede Andrea. - Fa caldo.
L'uomo sorride, abbassa i finestrini della station wagon e l'aria irrompe e mulina dentro
l'abitacolo. - E' un caldo buono, profumato. Lo senti?
Il bambino si stringe nelle spalle. Annusa odori, più che profumi, un misto di sentori
sconosciuti.
Guarda fuori. La luce è forte, quella di un pomeriggio d'estate. Forte e gialla. La
macchina corre in un mare di grano. Lui non ha mai visto una distesa simile, dorata,
accarezzata da un vento secco che la fa muovere come se fosse davvero la superficie di un
oceano strano, creato da uno di quei pittori che si divertono a cambiare i colori, a
trasformare la realtà con la fantasia e l'estro di un'idea, di un momento, di
un'allucinazione.
La strada deserta si srotola davanti a loro, stretta, come se si fosse fatta minuscola per
non disturbare le piante, vere dominatrici di quel mondo.
Enrico rallenta, si rilassa sul sedile, si sgranchisce le vertebre del collo. - Siamo
quasi arrivati, - dice.