Il tristo mietitore

di Terry Pratchett - pagine 279 - euro 15,00 - Salani Editore

Morte viene inspiegabilmente licenziato, e il Mondo Disco, senza un Tristo Mietitore che regoli come si deve i decessi, si ritrova pieno di zombie e non-morti che vagano indisturbati. Windle Poons, un mago trapassato, o quasi, da poco, si ritrova così alla testa di un gruppo di personaggi strampalati, ognuno a loro modo curioso di sapere cosa stia succedendo.
Nel mentre, Morte va a lavorare a casa della signorina Flitworth, rivelandosi particolarmente abile nell’uso della falce.
Sia lode alla Salani e alla sua continua opera di Pratchettizzazione in suolo italico.

Se Mondadori pubblica le ultime opere dello scrittore inglese in ordine cronologico e la Tea, dopo le bruttine edizioni dei suoi primi lavori, sembra essere svanita nel nulla (perdita dei diritti o di interesse?), la Salani, con i consueti pigri diciassette anni di ritardo, piano piano sta portando nel Balpaese l’opera omnia di Sir Pratchett. Sicuramente quindici euro sono un prezzo folle per un romanzo così vecchio, ma la cura riposta nell’edizione è ottima, e, idolatria del sottoscritto a parte, potrebbe anche giustificare tale cifra.
Nonostante cerchi di convincermi del contrario, però, "Il Tristo Mietitore" non è uno dei romanzi più brillanti di Terry Pratchett. L’impronta stilistica è indistinguibile, sia nella narrazione effervescente e spigliata che nella creazione di un manipolo di personaggi strampalati e irresistibili. L’ironia è ficcante, e battute e metafore inusuali e divertenti si susseguono con ritmo agile e disinvolto.
Ma c’è ben più di uno scricchiolio.
Prima di tutto una trama fin troppo contorta e con eccessivi punti bui, in cui le cose accadono in maniera inspiegabile, senza nemmeno un tentativo di spiegazione demenziale che tenti di portare in carreggiata idee assurdamente arzigogolate. Al lettore non vengono dati sufficienti informazioni anche solo per abbozzare teorie, e grattarsi la testa dubbiosi è l’unico modo per sconfiggere le incertezze e proseguire con la storia.
Anche i personaggi, tolti i veri protagonisti effettivi (Windle Poons, Morte, la signorina Flitworth), splendidamente caratterizzati (anche se Morte ormai è una presenza fissa nei suoi romanzi, e la signorina Flitworth è il classico esempio di vecchietta tutto pepe molto caro a Pratchett, basti pensare a Nonnina Watherwax e al circolo di streghe), tutti gli altri, quelli legati al Club Nuovo Inizio su tutti, appaiono inspiegabilmente complessi nelle loro psicologie e modi di fare, e vengono spese per loro troppe poche parole di quelle invece di cui necessiterebbero (Lupine e Ludmilla sono sprecati, così la coppia di vampiri, che brilla soltanto nel finale, e la tenera comicità di Fratello Isolite). Ce ne sono davvero troppi, e si ha l’impressione che Pratchett, questa volta, non sia stato in grado di tenerli a bada con la stessa freschezza di altre occasioni. Perché se, per esempio, il gruppo di maghi, nonostante sia formato da quattro elementi, vive come un’unica entità grazie a un espediente originale e spassoso, gli altri appaiono e scompaiono nel giro di una facciata, e non si riesce a star dietro a manie, comportamenti e stramberie assortite che li caratterizzano.
A digerire tante sbavature ci vuole uno stomaco di ferro, ma "Il Tristo Mietitore" è pur sempre un romanzo spiritosamente incontenibile (il profondo rapporto tra Morte e la signorina Flitworth, che, nell’epilogo, raggiunge vette di comicità inarrivabili; la costanza con cui il sergente Colon fa da guardia al ponte) e ricco di trovate da applausi (la vita in eccesso e ciò che comporta).
Dispiace solo per così tanti sbrodolamenti strutturali: ma i piccoli passi falsi sono pur sempre permessi a tutti, no?
Voto: 6,5
[Simone Corà]

Incipit
La danza moresca è comune in tutti i mondi abitati del multiverso.
Si danza sotto il cielo sereno per celebrare il risveglio della terra, e sotto le stelle perché è primavera e con un po’ di fortuna l’anidride carbonica si scongelerà. A sentire l’impulso di danzare sono le creature dei fondali marini che non hanno mai visto il sole, così come gli esseri umani urbanizzati il cui unico contatto con la natura è stato quella volta in cui hanno messo sotto una pecora con la Volvo.
Danzano innocentemente giovani matematici dalla barba incolta accompagnati da un’inesperta fisarmonica che suona L’inquilino della comare, e danzano sapientemente uomini del calibro dei Ninja della Moresca di Nuova Ankh, che sono in grado di fare cose bizzarre e terribili con un fazzoletto e una campanella.
Nessuno danza mai come si deve.