di Elvezio Sciallis - pagine 76 - euro 6,00 - Edizioni Il Foglio
Per assaporare il fascino perverso del vero horror non è necessario arrivare nel Maine di Stephen King o nelle visionarie regioni descritte da Lovecraft. I mostri e i fantasmi dimorano anche qui, nella nostra splendida e misteriosa Italia dove creature innominabili e sanguinarie prendono vita negli anfratti più bui di un vicolo, di un bosco o di una montagna dimenticata. Il nostro folklore non ha nulla da invidiare a quello anglosassone e "Il Dio nell'Alcova" lo conferma ampiamente.
Elvezio
Sciallis, il giovane e brillante autore di questa antologia, è un superbo
narratore che possiede due notevoli qualità: la prima è la capacità di riuscire a
creare storie horror degne di questo nome, la seconda ma non meno importante è il pregio
di saper valorizzare i miti e le leggende nostrane, nello specifico la riviera e
l'entroterra ligure. Otto racconti accompagnano il lettore in un allucinante viaggio negli
angoli più oscuri e malsani di un'Italia poco conosciuta ma assai terrorizzante.
Da
segnalare la splendida e inquietante storia che dà il titolo all'antologia nella quale un
giornalista scopre l'orribile segreto celato all'interno di una vecchia baracca; "Coda-Marine
475" descrive la nascita di un nuovo letale mostro; "Ombre
nella pioggia" è un omaggio tutto italiano alle creature di Lovecraft;
"Compagno di giochi" è la vicenda di un bambino alquanto
sinistro; "Scavando nel fuoco" è il delirio di un vecchio
appassionato di cinema.
Nel volume, oltre ad altri racconti, vi sono anche alcune
splendide tavole di Giancarlo Privitera, Flavio Brunetti e Ursula Equizzi.
Un libro
splendido da leggere assolutamente!
Voto: 9
Incipit (dalla prefazione di Luigi Boccia e Nicola Lombardi)
L'Orrore e l'Arcano abitano in Italia da sempre. Sono i fondamenti di un'antica
tradizione che vive appena sotto la superficie dell'immagine solare della nostra penisola,
tra i boshi e le campagne. Un'antica tradizione che respira nell'ombra della nostra
cultura mediterranea, lì dove la storia degli uomini s'incrocia da sempre con i culti
pagani, con le antichissime credenze, con le vecchi "fole".
L'Italia è un paese di storie dimenticate e di scrittori che hanno smarrito l'arte di raccontare,
da più generazioni. E se la "colpa" del Genere è stata quella di non aver
avuto i padri fondatori (i "riferimenti" quali Poe, Lovecraft, Bradbury,
Matheson, King che hanno reso viva la letterautra dell'orrore in tutto il mondo), la colpa
degli scrittori italiani che si sono cimentati con il Genere è stata forse quella di non
aver "studiato" a fondo, e di aver cercato troppo a lungo solo nelle opere
americane la lezione che molti maestri d'oltreoceano hanno recepito in Italia:
uno spunto di partenza per descrivere l'Orrore e l'Arcano, per parlare delle nostre
ancestrali paure, del buio, del sangue, del mistero e della magia.
Elvezio Sciallis può a buona ragione essere considerato invece un autore attento (e
pertanto autentico), uno scrittore che sa ben guardare sia dentro che attorno a sè,
confezionando storie personali, sentite, in un certo senso vissute. Nei suoi
racconti l'introspezione più impietosa va a braccetto con un'analisi amara e disincantata
della società, e in fondo della realtà stessa. La famiglia, il lavoro, la casa, le
abitudini, le relazioni interpersonali... tutto partecipa a dipanare un arazzo avvilente,
un paesaggio tanto fittizio quanto precario, e basta poi ben poco perchè Orrore e Arcano
irrompano a sfaldarne l'impalcatura. La quotidianità diviene lo specchio incrinato entro
il quale il malessere esistenziale che Sciallis avverte e seziona si fa motore profondo di
ogni azione, di ogni pensiero. Il disfacimento è in atto, tutt'intorno a noi; e sempre
nuovi, ineludibili fantasmi prendono forme e corpi dalle angosce che scivolano come un
ordito nero sulla trama delle nostre esistenze.
Eccellenti, intensi, gli affreschi macabri dispiegati per il lettore sullo sfondo di una
terra, quella ligure, che l'autore conosce e certamente ama, pur nell'evidente volontà di
distruzione e smantellamento intesi come estreme accezioni dell'amore. Esemplari in questo
senso appaiono racconti quali Ombre nella pioggia, con le sue raggelanti entità
para-lovecraftiane trapiantate sulla riviera, e Un gioco d'ombre, radicato
nell'humus sanremese al punto da proporre dialoghi in vernacolo; oltre naturalmente
all'allucinante, perversa avventura che dà il titolo alla raccolta.
Decisamente inquietanti, poi, gli spettri messi in scena con Eclisse totale di cuore, Coda-Marine 475 (Barker apprezzerebbe molto) e Compagno di giochi:
malvagità, follia, desiderio, vendetta ribollono tra sogno e veglia, dove il 'sogno' sta
paradossalmente per l'illusione di vite inutili proiettate verso la consunzione,
contrapposto alla 'veglia' che è invece la devastante scoperta di quanto di più vero è
celato tra le pieghe delle nostre consuetudini. Con il macabro, fantascientifico A
caccia, poi, l'autore innesta con originale intuizione le mitologie classiche alle
tematiche dell'ibridazione genetica; mentre con Scavando nel fuoco ci regala un
gioiellino nero che non sfigurerebbe tra le più sinistre storie di Twilight Zone.
Eccentriche e sanguinarie, le ombre che si aggirano nell'immaginario di Elvezio Sciallis
sono moderne mostruosità figlie della decadenza dei nostri tempi, condanne incarnate che
tendono verso noi i loro artigli bramosi... Ed è agghiacciante rendersi conto che, sotto
sotto, non è poi così male ricambiare il loro abbraccio.