di Edgar Allan Poe - pagine 221 - euro 5,94 - Rizzoli
Sono 15 i racconti che fanno parte di questa antologia che raccoglie alcune tra le migliori opere scritte dal grande e immortale Poe. Visioni allucinanti, incubi, ossessioni, torture e oscure maledizioni, tutto questo è Poe, scrittore che ha senza ombra di dubbio dato vita all'horror moderno. Tra i vari titoli si va dal claustrofobico "Le esequie premature" al malsano e disturbante "Berenice", dal malefico "Gatto nero" alle "Vicende relative al caso del signor Valdemar".
Vi sono poi veri e propri capolavori come "Il crollo della casa degli Usher" e "La maschera della morte rossa". Poe dà anche un assaggio di squisito humour nero con "Il barilozzo di Amontillado". In poche parole un'antologia assolutamente da leggere! Voto: 9
Incipit (dal racconto "Manoscritto trovato in una
bottiglia")
Della mia patria e della mia famiglia poco ho da dire: una vita di traviamenti e
il trascorrere degli anni mi hanno allontanato dalla prima e straniato dalla seconda.
Una ricchezza ereditaria mi ha consentito di ottenere un'educazione non comune, mentre
un'indole contemplativa mi ha concesso di dare un ordinamento sistematico alle cognizioni
che i miei studi giovanili mi avevano permesso di accumulare. Fonte di somme gioia è
stato per me sopra ogni altra cosa lo studio dei moralisti tedeschi, non per una mal
consigliata ammirazione della loro eloquente follia, ma per la sicurezza che l'abitudine
di una rigorosa meditazione mi ha consentito di scoprirne le falsità. Mi stata spesso
imputata a delitto la mia mancanza d'immaginazione, e durante tutto il corso della mia
esistenza sono stato segnato a dito per il pirronismo delle mie opinioni. In realtà, una
viva inclinazione verso la filosofia ha, temo, offuscata la mia mente mediante un errore
assai comune a questo secolo, intendo dire la consuetudine di mettere in rapporto gli
avvenimenti, anche i meno suscettibili di tal possibile rapporto, con i principi di questa
scienza; e, in fondo, nessuno potrebbe essere meno soggetto di me a lasciarsi fuorviare
dagli austeri recinti della verità mediante l'allettamento degli ignes fatui della superstizione. Ho ritenuto opportuno premettere quanto sopra affinchè il lettore
non abbia a giudicare l'incredibile racconto che sto per narrare il vaneggiamento di
un'immaginazione rozza, anzichè l'esperienza positiva di una mente per la quale i sogni
della fantasia sono sempre stati lettera morta e assurdità.
Dopo aver trascorso numerosi anni in viaggi all'estero, salpai nel 18.. dal porto di
Batavia, nella ricca e popolosa isola di Giava, per un viaggio verso l'Arcipelago della
Sonda. Mi imbarcai come passeggero... senz'altra spinta all'infuori di una strana, nervosa
inquietudine che mi perseguitava come una maledizione.
Il nostro vascello era una bellissima nave di circa quattrocento tonnellate, incavigliata
di rame, e costruita a Bombay con legno di tek del Malabar. Recava un carico di cotone
grezzo e di olio proveniente dalle isole Lachadive. A bordo avevamo pure fibra e zucchero
di cocco, burro di bufalo indiano, noci di cocco, e diverse casse piene d'oppio. Ma lo
stivaggio era stato eseguito malamente, e di conseguenza la nave sbandava.
Bastava un semplice soffio di vento per farci muovere; e per molti giorni ci mantenemmo
lungo la costa orientale di Giava, senz'altro incidente che rompesse la monotonia della
nostra rotta se non l'incontro occasionale con qualcuna delle minuscole "benne"
dell'Arcipelago verso il quale eravamo diretti.