di Nicola Verde - pagine 223 - euro 13,00 - Dario Flaccovio Editore
Anni Sessanta. Un feroce omicidio sconvolge la tranquilla vita di Bonela, un piccolo paese della Sardegna. Il cadavere del piccolo Cosimo Frau viene infatti trovato sopra un idolo di pietra dell'età nuragica, mezzo spolpato dagli animali selvatici... come se tutto fosse un macabro rituale magico.
Le indagini vengono svolte dal "forestiero" Carmine Dioguardi, un maresciallo dei carabinieri fin troppo umano, con le sue virtù e i suoi difetti, che ancora non comprende gli usi e i costumi di una Sardegna splendida ma allo stesso tempo selvaggia, burbera e violenta, oscura e superstiziosa. "Sa morte Secada" è un giallo raffinato che cattura fin dalla prima pagina. Nicola Verde dimostra, con questo romanzo, di avere talento da vendere. Affascinanti le descrizioni della controversa terra sarda. Voto: 8,5
Incipit (dalla prefazione di Luigi Bernardi)
Lo dico subito: questo Sa morte secada di Nicola Verde è un bel romanzo. E' bello
perchè fa quello che devono fare i romanzi scritti per intrattenere i lettori: trascina
dall'inizio alla fine, e ogni volta che gli occhi sono costretti a staccarsi dalla pagina,
questo avviene con un certo rammarico, unito al desiderio di riprendere il più presto
possibile.
Però Sa morte secada è anche un buon romanzo, molto buono. E' buono perchè ha
una sua voce - che è lo stile con il quale l'autore ha scelto di raccontarci la storia -
e una sua struttura, che non è quella banalmente cronologica di tanta narrativa di
intrattenimento. Nicola Verde l'ha come smontata, la sua storia, e dopo l'ha ricomposta
secondo un'ottica non sequenziale, raggiungendo un duplice scopo: i singoli episodi si
incastrano alla perfezione nella vicenda complessiva, eppure conservano la loro capacità
di emozionare anche indipendentemente dal contesto.
Sa morte secada è anche un giallo, c'è un delitto tremendo, ci sono le indagini
per smascherare il colpevole, c'è l'ambiente intorno, una Sardegna difficile, silenziosa,
capace di grandi segreti. E' c'è il comandante della stazione dei carabinieri, il
maresciallo, un forestiero che impara a proprie spese - ovvero inciampando spesso - a
imboccare e a percorrere il sentiero della verità. Quando arriva, arriva stanco, ma solo
perchè la tragedia è così infinita che non sembrerebbe neanche appartenere a questo
mondo, e invece è sua dall'inizio alla fine.
Anche Nicola Verde è un forestiero, campano di nascita, romano di quotidianità, sardo di
affetti. L'ho incontrato per caso, lui aveva mandato un racconto al concorso letterario Lama
e Trama, io ero il presidente di una giuria che lo ha decretato vincitore
all'unanimità, direi quasi per acclamazione. In quell'occasione, aveva presentato un
racconto ambientato in un basso napoletano, virtuoso nello stile, accattivante nello
svolgimento, folgorante nella conclusione. In treno, di ritorno da Maniago, la piccola
città che lo aveva premiato, Verde mi ha parlato di un romanzo, poi me l'ha mandato ed
eccolo qui.
La scrittura è la somma di tante discipline che si mettono tutte quante al suo servizio.
Lo scrittore è il regista, colui che tira le somme. In questo, Nicola Verde è abile come
un consumato direttore d'orchestra, usa tutti i suoi strumenti, non stecca una volta,
manda a casa soddisfatto lo spettatore. E la Sardegna, che grandi libri ha dato al romanzo
poliziesco italiano, ora ne ha uno in più, prezioso perchè scritto da un forestiero.