Regia: Joel Anderson
Cast: Talia Zucker, Rosie Traynor, David Pledger, Martin Sharpe, Steve Jodrell, Tamara Donnellan
Soggetto e sceneggiatura: Joel Anderson
Fotografia: John Brawley
Montaggio: Bill Murphy
Scenografia: Penny Southgate
Costumi: Michael Chisholm
Produzione: Mungo Productions, Screen Australia e SBS Indipendent
Anno: 2008
Durata: 87 minuti (89 minuti versione europea)
La sedicenne Alice Palmer affoga mentre nuota nel lago. Quando il suo corpo viene recuperato e viene accertata la morte naturale, la famiglia seppellisce la ragazza, ma dopo poco si verificano una serie di inspiegabili eventi che coinvolgono la casa di Alice. I Palmer decidono così di affidarsi al sensitivo Ray Kemeny, il quale scopre che Alice conduceva una doppia vita.
Si definisce “Mindfuck” un film il cui finale ti costringe a rivalutare tutto quanto visto fino a quel momento, riconsiderare la chiave di lettura dell'intera trama e trarre una conclusione diametralmente opposta a quanto immaginato prima. Spesso ci si mette davvero a rivedere il film da capo stupendosi del fil rouge che prima non si vedeva, seppur in bella mostra.
Lake Mungo è quel genere di film ma non lo rivedrei neanche dietro pagamento; sono tutt'ora terrorizzato!
Il film mi ha preso alla sprovvista ed è riuscito a instillarmi brividi di paura autentici, di quello che fanno nascondere sotto le coperte o coprire gli occhi con le mani (sempre un istante in ritardo).
È che sono caduto in tutti i trabocchetti messi artatamente in piedi dalla sceneggiatura pur non particolarmente brillante. Ho motivi validi per dire che la sceneggiatura è fallace.
A conti fatti assistiamo a 3 film con atmosfere alterne, che affondano ognuno su toni diversi - incastrati macchinosamente (ma che della farraginosità prendono slancio) - seguiti da poco più che un collage/trailer che funge da detonatore.
Non so come spiegarlo al meglio se non con l'immagine di uno poveraccio, scampato ad un terribile mostro, che, credendosi ormai fuori pericolo, vede un tragico epilogo presentarsi ad un passo dalla fine; un BUH! prolungato che fa rizzare i capelli.
Più si scava nella vicenda di Alice più emergono verità parziali e squallidi motivazioni che guidano la famiglia affranta dei Palmer.
Più ci si avvicina al “Lake Mungo” (non propriamente un protagonista del film) e più le sue acque limacciose catturano ombre e pericolose premonizioni.
Personalmente ho sofferto il montaggio di video tratti da riprese televisive, telefonini, inquadrature da camera a mano et similia.
Il mockumentary è una forma di racconto che non apprezzo particolarmente eppure, qui, la forma conferisce uno spessore particolarmente interessante alla storia e sfrutta a pieno le potenzialità che possiede (in barba ai vari “paranormal activity”!).
Non importa se lo vedrete a luci spente o accese, circondati da amici caciaroni o in solitaria, l’inganno sarà celato fino alle battute finali e riuscirà a cogliervi impreparati.
Se poi presterete una certa attenzione, superando gli scossoni dei cambi di marcia intermedi, potrete godere di un finale che vale da solo una standing ovation.
Voto: 9,5
(Simone Gentile)