Neruda

Regia: Pablo Larrain
Cast: Gael Garcia Bernal, Alfredo Castro, Pablo Derqui, Antonia Zegers, Luois Gnecco
Nazione: Cile, Spagna, Francia, Argentina
Anno: 2016
Durata: 107 minuti

Trama

Cile, 1948. Il Presidente Videla, a seguito delle lamentele del senatore comunista e poeta Pablo Neruda circa il suo operato, decide di mettere fuori legge il Partito Comunista. Successivamente, a causa di un famoso discorso alla Camera in cui Neruda attacca la politica del governo, Videla ne chiede l’incarcerazione. L’ispettore Oscar Peluchonneau viene quindi incaricato di prendere in custodia Neruda, ma il poeta si nasconde e l’ispettore si trova a seguirne le tracce attraverso brevi messaggi che l’uomo gli fa trovare.

RECENSIONE

Neruda è un senatore comunista nel Cile di Videla, che è un presidente debole e controverso, giudicato dal poeta un servo degli Stati Uniti, i quali in quel periodo chiedevano ai governi che gli erano vicini di estirpare il pericolo comunista dai loro paesi. Ma Neruda è innanzitutto un poeta, e come tale si comporta, sfida il potere che vuole metterlo a tacere e passa alla clandestinità con un piglio vendicativo che irrita non poco chi gli da la caccia.
Oscar Peluchonneau è un figlio del popolo che è riscito a farsi riconoscere come illeggittimo del fondatore della Polizia cilena e cerca in tutti i modi di compiacere il Presidente, il quale gli ha affidato il difficile compito di umiliare il poeta per evitare che la sua figura esca ingrandita dalle persecuzioni politiche.
Fin qui la storia, ma poi Larrain si fa prendere la mano dalla poesia e ci mostra un Neruda che declama versi alle feste e nei bordelli, un uomo fiero che ama le donne e la vita e con un ego di dimensioni ragguardevoli che gli impedisce di fuggire nella notte. Certo proverà a scappare sulle prime, ma la tentazione di sfidare il suo inseguitore è alta e lui cede mettendo a rischio la sua vita. Camminando sempre sul filo ambiguo di un inseguimento quasi istigato, Neruda lascia dietro di se dei messaggi indirizzati al poliziotto, il quale passa le notti a leggere i libri su cui lui gli scrive.
Le scene si sovrappongono, come anche i luoghi in cui il poeta si nasconde, e spesso i due si incrociano, con gran divertimento di Neruda, che più che scappare ama farsi inseguire. Durante la clandestinità scrive versi, spediti in giro dai suoi collaboratori e lettere all’amico Picasso in cui rende nota al mondo la sua situazione. La macchina da presa lo segue mentre si nasconde nei bordelli e invia messaggi al suo inseguitore, che però non lo riconoscerà quando se lo ritroverà davanti e intanto il paese sprofonda nel periodo più nero della sua storia.


Come anche in Tony Manero (2008) Larrain non parla mai apertamente della dittatura, ma si serve di immagini lasciate cadere qua e là, quasi come un ripensamento e nel frattempo imbastisce la storia del suo protagonista mostrando l’immaginario poetico di cui si ammanta, come fosse uno scudo contro i mali del suo tempo. L’ironia, nelle sue precedenti opere del tutto assente, è qui intessuta nelle immagini e alleggerisce non poco il peso della narrazione. Insinua anzi il dubbio che l’ispettore sia un personaggio creato da lui e che Neruda abbia avuto bisogno di un antagonista dal volto anonimo, per accettare il fatto di doversi mettere in salvo mentre i suoi compagni vengono imprigionati ogni giorno.
L’inseguimento sulle Ande è emblematico dell’elefantiaca struttura di potere che insegue l’afflato poetico oltre le barriere poste dagli uomini e che sarà ricordato solo se chi è inseguito riesce a sfuggirgli.
La regia è tra le più luminose del regista e Luis Gnecco è un grandissimo Neruda, poeta anche nella fuga e nel dolore, che non smette di amare la povera gente e, pur rischiando la vita, sceglie di fermarsi un attimo e cedere la sua giacca a una piccola mendicante.
Gael Garcia Bernal è l’omino piccolo piccolo che insegue il gigante e alla sua ombra si nutre, il tutto senza mai chiedersi se quello che fa è poi così lontano da quello che il poeta predica, dopo tutto riconoscersi attraverso gli altri e non usando il potere, può essere l’unica possibilità per sopravvivere al proprio tempo, in special modo se questo è uno di quei momenti di cui si scriverà nei libri di storia.
Voto: 6
(Anna Maria Pelella)