Elysium

Regia: Neill Blomkamp
Cast: Matt Damon, Jodie Foster, Sharlto Copley, Alice Braga, Wagner Moira, William Fichter, Talisa Soto, Diego Luna
Produzione: USA
Anno: 2013
Durata: 109 minuti

TRAMA

Nell’anno 2154 la terra è devastata dall’inquinamento e dalla sovrappopolazione, e chi si è potuto permettere il costo esorbitante del biglietto d’ingresso si è rifugiato sulla stazione spaziale “Elysium”. La stragrande maggioranza della popolazione sopravvive a stento in megalopoli sull’orlo del collasso, priva dei servizi essenziali e dell’assistenza sanitaria, fornendo forza-lavoro all’élite privilegiata. L’operaio di Los Angeles Max DeCosta assorbe una dose letale di radiazioni in seguito a un incidente sul lavoro, e la sua unica speranza di sopravvivenza consiste nell’approdare sulla stazione spaziale per curarsi. Il suo amico Spider, figura a metà tra un trafficante e un moderno Che Guevara, gli propone allora un patto: se Max lo aiuterà a rapire Carlyle, CEO della Armadyne Corporation, lui gli assicurerà un biglietto per Elysium.

RECENSIONE

Neill Blomkamp, dopo l’Apartheid non tanto alieno di “District 9” (2009), rimane fedele alla sua visione di una fantascienza che non sia meramente fracassona ed escapista, bensì attenta alle contraddizioni più evidenti della società contemporanea. Si richiama, insomma, non solo a pietre miliari come “Metropolis”, ma anche alla buona, vecchia fantascienza sociologica di una volta, in cui l’interpretazione proiettiva della realtà e la politicizzazione dei contenuti erano una “conditio sine qua non”. In questo modo Blomkamp dimostra una certa affinità d’intenzioni con gli unici altri registi degni di nota della fantascienza attuale, Duncan Jones e Andrew Niccol, il quale però ha la tendenza ad affossare idee interessanti attraverso un’inconcludenza assoluta (vedi “In Time” e “Gattaca”).
Con “Elysium”, Blomkamp elabora una riflessione su immigrazione e lotta di classe che di certo avrebbe riscosso il plauso della storica rivista di “fantascienza marxiana” “Un’ambigua utopia”, nonché del barbuto profeta di Treviri. Il regista ha dichiarato in merito al film: “No, questa non è fantascienza. Accade oggi, in questo momento”. E pensando a certi ballardiani complessi residenziali per ricchi sorti negli ultimi anni in Sudafrica e in Sudamerica, si è portati a dargli ragione. Il contrasto, infatti, non potrebbe essere più stridente. Da una parte ci troviamo in presenza di sterminate favelas terzomondiste, in cui polvere, ruggine e miseria la fanno da padroni, dall’altra abbiamo le ville in stile Beverly Hills di Elysium, con lussuose piscine e curatissimi prati all’inglese. Gli abitanti della stazione spaziale sono ben decisi a difendere i propri privilegi, adottando una legislazione restrittiva in materia di immigrazione e, se necessario, abbattendo astronavi cariche di clandestini come nei sogni bagnati di un leghista qualunque. In particolare il Segretario della Difesa Delacourt, una Sarah Palin con più classe, trova che l’amministrazione corrente abbia un orientamento un po’ troppo “liberal”, e progetta un colpo di stato con l’aiuto del mercenario Kruger, con la stessa nonchalance della CIA negli anni della Guerra Fredda. Inutile aggiungere che Max, Spider e un discreto numero di immigranti illegali rischieranno di mandare all’aria il loro piano.
Malgrado l’insistenza sul tema dell’assistenza sanitaria gratuita, che per i dinosauri repubblicani e gli zombi del Tea Party sarebbe nientemeno che “l’anticamera del socialismo”, faccia sospettare la volata a Obama, “Elysium” non esaurisce il suo potenziale entro i limiti del pamphlet politico, e non rinuncia a un grado elevato di spettacolarità. Le tematiche sollevate dal film sono il corpo portante su cui s’innesta l’esoscheletro dell’azione, così come l’esoscheletro d’acciaio è innestato sul corpo sofferente di Max per potenziarlo. “Elysium”, in prima istanza, è soprattutto un film d’azione fantascientifico con tutti i crismi, ambientato in un universo credibile, sporco e realistico, con la maniacale attenzione al dettaglio tipica del regista sudafricano. Rispetto alla sua opera prima la struttura è forse più convenzionale, dato che Max è il classico eroe messianico che si sacrifica in nome dell’uguaglianza sociale e della caduta delle barriere, ma la cosa sembra inevitabile, trattandosi di un film con un budget molto più consistente.
Matt Damon risponde alla perfezione all’archetipo dell’eroe destinato all’immolazione, ma è surclassato da uno scatenatissimo Sharlto Copley, già protagonista di “District 9”, che cesella un memorabile Kruger, inarrivabile per imprevedibilità e assurdità dell’umorismo. Ugualmente perfetta, ma non è una novità, Jodie Foster nel ruolo del Segretario della Difesa Delacourt, scaraventata nella famosa ma probabilmente inesistente “pattumiera della storia”, mentre il resto del cast, da Alice Braga (Frey) a Wagner Moira (Spider) è giudiziosamente multietnico.
Suggestive le scenografie di Philip Ivey, che ha scelto i sobborghi di Città del Messico per ricreare la Los Angeles del futuro, una fatiscente baraccopoli contaminata da relitti di archeologia industriale, in cui i droidi della Armadyne difendono lo status quo attraverso la brutalità. Per il design di Elysium, invece, Ivey si è ispirato al toroide di Stanford, progetto elaborato dall’omonima università nel 1975 in vista di una futura e mai realizzata colonizzazione del cosmo.
“Elysium” potrà forse essere tacciato di una certa ingenuità per le premesse un po’ semplicistiche, che tendono a offrire risposte utopistiche a problemi complessi, ma lo si perdona in nome delle buone intenzioni. E poi si tratta di Neill Blomkamp, mica di Peter Watkins.
Voto: 6,5
(Nicola Picchi)