Regia: Guillermo Del Toro
Cast: Charlie Hunnam, Idris Elba, Rinko Kikuchi, Charlie Day, Ron Perlman, Rob Kazinsky, Max Martini
Produzione: USA
Anno: 2013
Durata: 113 minuti
I Kaiju emergono da una breccia che si è aperta sul fondo dell’Oceano Pacifico, dichiarando guerra al genere umano. In risposta all’aggressione, le nazioni della terra collaborano tra di loro creando il Pacific Defense Corps e costruendo gli Jaegers, giganteschi robot guidati da due piloti collegati da un ponte neuronale. Progressivamente emergeranno dalla breccia creature sempre più grosse e potenti, a cui neanche gli Jaegers saranno in grado di tenere testa, e quando l’imponente muraglia costiera verrà polverizzata dalla furia dei Kaiju, rimarrà solo il tempo per un’estrema difesa, affidata agli ultimi quattro “meka” che sono ancora in grado di combattere.
Dopo la bocciatura da parte della Universal dell’annunciato adattamento da H.P. Lovecraft, stanco di produrre piagnucolosi mélò-fantastique da Kindergarten (The Orphanage, Non aver paura del buio, La Madre), Guillermo Del Toro torna finalmente dietro la macchina da presa. Abile notomizzatore e riordinatore dell’immaginario fantastico contemporaneo, il regista messicano rivolge questa volta la sua attenzione verso il Sol Levante, interlacciando con intelligenza due caposaldi della pop-culture nipponica. Il primo è naturalmente quello dei “kaiju eiga”, nato nel 1954 con il “Gojira” di Honda, che ha imperversato per oltre un ventennio in decine di film della Tōhō, nei quali malmostosi mostri giganti quali Rodan, Mosura, Mothra e Gamera, seminavano morte e distruzione nelle metropoli dell’arcipelago. Ben lontano dall’esaurirsi, il genere ha goduto negli ultimi anni di un rinnovato interesse, con la riesumazione dall’oblio cinematografico di Gojira e Gamera.
Il secondo punto fermo è quello del “robotto-anime”, nato nel 1972 con il “Mazinga Z” del geniale Nagai Go e proseguito negli anni con varianti e modifiche anche illustri (i due “Patlabor” di Oshii Mamoru), fino a “Neon Genesis Evangelion” (1995). Riconfigurazione e potenziamento del corpo umano mediante la tecnologia, il “meka” (tale il termine giapponese) rappresenta il non plus ultra dell’integrazione uomo-macchina, almeno fino al successivo avvento del cyborg, in cui però l’innesto tra carne e metallo è fortemente feticizzato in senso sessuale. E perché i dichiarati riferimenti all’immaginario nipponico non sfuggano neanche agli spettatori più distratti, Del Toro arruola come coprotagonista la Rinko Kikuchi di “Norwegian Wood” e “The Taste of Tea”, che i più ricorderanno per “Babel” di Inàrritu.
“Pacific Rim” è in questo senso una sintesi perfettamente riuscita, l’affettuoso e sincero omaggio di Del Toro ai “robotto-anime” e ai “Kaiju Eiga”, realizzato con evidente devozione, ironia e molta inventiva. Niente a che vedere, insomma, con l’estetica imperialista da spot pubblicitario dei “Transformers” di Michael Bay, che potremmo un po’ considerare la Leni Riefensthal dei “robottoni”.
La sceneggiatura di Travis Beacham (Scontro di Titani) e Del Toro ripropone una situazione classica dei “robotto anime”: il “meka” come ultimo baluardo della razza umana contro una minaccia aliena, che può provenire tanto dallo spazio quanto dalle viscere della terra. I piloti degli Jaegers, immersi al principio in un liquido amniotico che li interfaccia al meka-madre, entrano in uno stato di fusione mentale denominato “il Drift”, durante il quale condividono ricordi ed emozioni; per questa ragione hanno in genere un rapporto parentale fratello/sorella o genitore/figlio. Anche se il tema non appare sviluppato come potrebbe, dato che si preferisce dare la preferenza all’azione pura, l’idea permette però a Del Toro di cesellare un magnifico flashback sull’infanzia di Mako Mori, che avrebbe riscosso l’approvazione incondizionata dello stesso Honda. Di suo, il regista ci mette l’immutato entusiasmo che riversa nei suoi progetti e il suo gusto per l’humour paradossale, che in questo caso si concretizza nella rivalità tra Newton Geiszer e Herman Gottlieb, due scienziati che studiano la fisiologia delle creature, e nell’impagabile Hannibal Chau, interpretato dall’ “Hellboy” Ron Perlman, trafficante di organi di Kaiju a Hong Kong.
A parte queste considerazioni accessorie, ovviamente “Pacific Rim” è incentrato sugli scontri tra Kaiju e Jaegers, che occupano gran parte del minutaggio. Combattimenti che, a parte le obbligatorie distruzioni di città, si svolgono per la maggior parte in mare aperto e sotto una pioggia battente. Assumono dunque una grande importanza i notevolissimi effetti CGI della Industrial Light & Magic, così come il riuscito character-design delle creature, ognuna con una propria personalità definita, proprio come nei “kaiju eiga”. Nel cast, a parte Ron Perlman, s’impone invece per carisma il granitico comandante Pentecost di Idris Elba. In definitiva, una rivisitazione smaliziata fatta con lo spirito del “fan-boy”, che merita senz’altro una visione in attesa che Del Toro si dedichi a progetti più impegnativi.
Voto: 6,5
(Nicola Picchi)