Regia: Paul W.S. Anderson
Cast: Milla Jovovich, Michelle Rodriguez, Kevin Durand, Li Bingbing,
Sienna Guillory, Shawn Roberts, Aryana Engineer, Colin Salmon, Johann
Urb
Produzione: USA
Anno: 2012
Durata: 95 minuti
Al termine di “Resident Evil: Afterlife” avevamo lasciato Alice sul ponte dell’Arcadia, ed è esattamente lì che la ritroviamo, sotto il fuoco incrociato degli elicotteri da combattimento inviati sul posto dall’Umbrella Corporation. Il puntiglioso rispetto del carattere seriale della saga, con tanto di riepilogo introduttivo, non riesce però a nascondere il fatto che la struttura videoludica del franchise barcolla sotto i colpi dell’obsolescenza. Costruire “cinema” sul fragile esoscheletro della serie della Capcom, che oltretutto adotta una concezione del videogame ormai superata, fatta di livelli da attraversare e boss da sconfiggere, è impresa destinata allo stallo.
In
“Resident Evil: Retribution”, quinto e penultimo episodio, il problema è
ancora più appariscente che nei film precedenti, in cui almeno si
cercava una mediazione tra due universi che possono influenzarsi e avere
persino dei punti di tangenza, ma restano essenzialmente estranei l’uno
all’altro.
Questa volta Alice viene trasferita in un sito segreto dell’Umbrella,
che sorge sotto i ghiacci in una base militare dismessa dell’ex Unione
Sovietica. Aiutata dal supercattivo Albert Wesker, il quale ha bisogno
di lei per combattere le orde mutanti scatenate dal T-virus, Alice dovrà
fuggire dalla base ricongiungendosi con la squadra di soccorso, guidata
da Leon Kennedy. Per raggiungere la libertà, dovrà attraversare degli
scenari virtuali utilizzati dall’Umbrella per testare il comportamento
dei virus: la buona, vecchia Raccoon City, Tokyo e Mosca. Naturalmente
quasi in ogni livello dovrà sconfiggere un boss, dal colossale Majini
con l’ascia già visto in “Afterlife” (e in Resident Evil 5) a un Licker
sotto steroidi soprannominato Uber-Licker. A tenerle compagnia (si fa
per dire) ci saranno vecchie conoscenze che faranno la gioia dei fan del
videogioco, da Leon alla sensualissima Ada Wong, fino a Jill Valentine,
controllata dal famigerato ragno meccanico dell’Umbrella, e alla
rediviva Rain Ocampo, contagiata dal virus Las Plagas (da Resident Evil
4). E se vi sembra che questo sovraffollamento di personaggi rischi
l’effetto patchwork, non siete lontani dalla verità.
Anche se è ufficialmente accreditato lo stesso regista, il quale se non
altro dimostra un certo sprezzo del pericolo, con tali premesse si
intuisce che una sceneggiatura degna di questo nome non abbia alcuna
ragione di esistere. L’ovvia deduzione è confermata dalla visione del
film, in cui ci si limita a una corsa forsennata dal punto A al punto B,
cercando di schivare le trappole della Regina Rossa. Purtroppo i
dialoghi invece ci sono, e sembrano ambire al grado zero della
scrittura.
Paul W.S. Anderson sottopone l’insieme al suo trattamento in slow-motion
brevettato e stucchevole (vedi “I tre moschettieri”), immortalando con
la consueta adorazione le acrobatiche evoluzioni della sua musa e
compagna Milla Jovovich, la quale quando si tratta di far esplodere il
cervello a uno zombie non è seconda a nessuno. La sua filmografia è
completamente al servizio di Milla, questa volta abbigliata con una tuta
super fetish, come lui fosse un Joseph Von Sternberg in sedicesimo e lei
la sua Marlene. E Milla non si tira indietro, dando prova di una certa
versatilità nel passare da una pistola a un mitragliatore o sbaragliando
zombi motociclisti dell’ex Armata Rossa a bordo di una Rolls Royce,
senza sottrarsi neanche nei più letali corpo a corpo. Risulta allora
risibile il tentativo di umanizzare il personaggio di Alice, sia con un
prologo in cui si ricostruisce la sua vita prima dell’outbreak
dell’epidemia che con l’insorgere di un insopprimibile sentimento
materno suscitato dall’incontro con la figlia clonata. In questo cinema
che, al pari dei cloni di Alice appesi ai nastri trasportatori,
riproduce inesorabilmente se stesso, non resta che parlare
dell’eccellenza del comparto tecnico, dalle evocative scenografie di
Kevin Phipps che riportano ai tempi della Guerra Fredda (notevoli la
base russa e la ricostruzione della Piazza Rossa), agli effetti visivi e
al character-design delle creature (di Dennis Berardi), estremamente
fedeli alla loro controparte videoludica. Malgrado questo, può darsi che
“Resident Evil: Retribution” non dispiaccia agli estimatori della saga,
in attesa dell’imminente battaglia finale.
Voto: 5
(Nicola Picchi)