Titolo originale:
Savages
Regia: Oliver Stone
Cast: Blake Lively, John Travolta, Aaron Johnson, Salma Hayek,
Emile Hirsch, Benicio Del Toro, Taylor Kitsch, Joel David Moore, Mia
Maestro, Demiàn Bichir
Sceneggiatura: tratto dal romanzo Le Belve di Don Winslow
Nazione: Usa
Anno: 2012
Ben e Chon sono due spacciatori che conducono la loro attività a Laguna Beach. Quando attirano l’attenzione del cartello messicano e gli viene proposta una collaborazione, i due faranno l’errore di rifiutare. A questo punto la loro compagna, Ophelia, ne farà le spese. E la loro risposta non sarà delle più pacifiche.
Togliamoci subito il pensiero: Le Belve (Savages) è una delle peggiori
prove del famoso Don Winslow, un libro pensato chiaramente per diventare
una sceneggiatura, possibilmente passare per le mani di Rodriguez, o
meglio Tarantino, e diventare un filmetto d’azione di quelli seminali.
Il film, invece, è uno dei punti più bassi della carriera di un regista
che da tempo non riesce a ritrovare lo smalto. Difficile che da una
simile unione possa nascere un capolavoro.
Infatti Le Belve è un banalissimo filmetto estivo, in America esce a
luglio mentre in Italia solo e immotivatamente a ottobre, che sfrutta al
massimo i trucchetti per cui il cinema americano è ormai famoso da
sempre.
Il tutto ruota intorno un simpatico terzetto di personaggi improbabili:
Ben, un pacifista convinto che collabora alla costruzione di villaggi in
Africa e che, inspiegabilmente, si accompagna a Chon, un reduce da una
di quelle guerre sporche per cui l’America è tristemente famosa. I due
hanno un non meglio precisato legame sentimental/sessuale con Ophelia,
una ricca ragazza, bellissima e, forse un tantino fuori di testa. La
loro principale attività è la coltivazione e lo spaccio di marijuana
che, trattandosi di un film di Stone e prima ancora di un libro di
Winslow, non può che essere la migliore del pianeta. Il boss del
cartello messicano, una perfetta Salma Hayek, mette gli occhi sulla
merce e decide che nel futuro dei due spacciatori si profila
all’orizzonte una non desiderata collaborazione.
I due si oppongono all’idea e lei, cattivissima, fa rapire l’oggetto dei
loro desideri, la povera Ophelia, il cui unico crimine è quello di
andare a letto con due spacciatori e amare un po’ troppo lo shopping.
Ovvio che, trattandosi di un action pensato per lo schermo, la reazione
dei due al rapimento è di quelle iperboliche: non solo decidono di
contrattaccare, ma addirittura di scendere sul terreno del cartello
messicano e passare a rapinare e uccidere come se non ci fosse un
domani.
Lo sfondo è uno di quei paradisi americani, ormai visibili ai più solo
al cinema, Laguna Beach, e il surf è il passatempo dei due.
Tutto qua.
Anche volendo sorvolare sul fatto che i personaggi hanno lo spessore di
una velina e che l’intreccio improbabile è minato in più punti dalla
semplice conoscenza di rudimentali tattiche di guerriglia e dei limiti
oggettivi di un buon lavoro di pirateria informatica, il principale
difetto di quest’opera è la banalità complessiva della rappresentazione.
Spiagge assolate, corpi perfettamente scolpiti e enormi pipe da crack
sono gli elementi estetici più ricorrenti, il tutto è tenuto insieme
dalla buona volontà dello spettatore, che in verità si sarebbe aspettato
un uso massiccio dell’ironia, anche solo per decidere di concedere una
tregua al cervello e credere per un minuto solo alla possibilità che due
fotomodelli possano sul serio contrastare il cartello messicano della
droga in nome del legame sessuale che li unisce a una ricca decerebrata.
Oltretutto la cosa migliore del libro era senz’altro un finale cattivo e
senza speranza che, anche se un tantino esagerato, motivava un poco la
rappresentazione eccessiva, ma ovviamente nell’ottica di un cinema
buonista e prevedibile, si è ritenuto di sovrapporre l’unico motivo per
decidere di guardare una tale accozzaglia di banalità, con un finale del
tutto conciliatorio e stupidamente rassicurante.
Ma tant’è, ormai le sceneggiature solide, o anche soltanto interessanti
al punto da spingere a credere fosse solo per due ore a quel che si vede
sullo schermo, sono roba passata.
Come anche passati sono i momenti migliori di un regista che ha
realizzato alcune delle opere più interessanti di un cinema ormai
asfittico, completamente aggrovigliato su sé stesso e sempre uguale che
giunge da oltreoceano.
Il film si regge interamente su una strepitosa Salma Hayek e un
imbolsito, ma sempre efficace, John Travolta. Benicio Del Toro offre la
miglior carrellata di faccette della sua carriera e dei tre protagonisti
si dimentica in fretta anche il nome.
Voto: 5
(Anna Maria Pelella)